La decisione tratta della rilevanza causale della esposizione a materie nocive nella determinazione della patologia oncologica del lavoratore. Il datore di lavoro viene condannato a risarcire oltre trecentomila euro e la Corte di Cassazione conferma la decisione di secondo grado (Cassazione civile sez. lav., 24/10/2024, n.27571).
La vicenda giudiziaria
La vittima aveva lavorato dal 1973 al 1985 presso lo stabilimento siderurgico di Taranto, con mansioni che avevano comportato esposizione a sostanze nocive sul luogo di lavoro.
Gli eredi hanno chiesto il risarcimento danni per l’accertata responsabilità della datrice di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., nell’insorgenza della patologia tumorale che aveva cagionato il decesso del dante causa.
I Giudici di merito hanno liquidato l’importo di 310.090,17 euro complessivi iure hereditatis, a titolo di danno non patrimoniale differenziale cagionato al de cuius.
La Corte d’Appello di Lecce (sez. dist. di Taranto) ha confermato il primo grado di condanna del datore di lavoro al pagamento del risarcimento dei danni in favore degli eredi del lavoratore deceduto per carcinoma polmonare.
La Corte pugliese ha dato atto della avvenuta dimostrazione della causazione della malattia in conseguenza dell’esposizione a sostanze nocive sul luogo di lavoro, per avere l’INAIL riconosciuto natura professionale alla malattia erogando una rendita. Anche la CTU aveva accertato che la malattia tumorale al polmone era riconducibile a livello di concausa all’esposizione ad amianto presente in dosi elevate nello stabilimento dove egli aveva lavorato in assenza di adeguate misure di protezione, in base al principio dell’equivalenza delle condizioni, mentre il datore di lavoro non aveva dimostrato di aver adottato tutte le cautele atte a evitare l’evento e che l’evento si fosse verificato per altra causa.
L’intervento della Cassazione
Dinanzi la Corte di Cassazione il datore di lavoro censura l’omessa applicazione del cd. metodo controfattuale in relazione all’accertamento della rilevanza causale dell’esposizione all’amianto nella determinazione della patologia oncologica del de cuius. Sostiene, in sintesi, che avendo la CTU concluso che l’esposizione ad amianto ha costituito, unitamente al fumo di sigaretta ed in misura di 2/3, concausa efficiente e determinante la patologia del de cuius, a fronte di tali risultanze dell’elaborato peritale la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare e accertare l’idoneità dell’abitudine al tabagismo del de cuius a degradare l’esposizione all’amianto a mero antecedente occasionale dell’insorgere della patologia e del decesso e, quindi, l’idoneità di tale ulteriore fattore a produrre da solo l’evento dannoso e a interrompere il rapporto di causalità con l’esposizione all’amianto.
Quanto sostenuto dalla società datrice non è conforme alla giurisprudenza che, in materia di infortuni sul lavoro e malattie professionali, applica la regola contenuta nell’art. 41 c.p., per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, salvo che il nesso eziologico sia interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l’evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni.
La malattia ad eziologia multifattoriale
Quando si discorre di malattia ad eziologia multifattoriale, il nesso di causalità relativo all’origine professionale della malattia non può essere oggetto di semplici presunzioni tratte da ipotesi tecniche teoricamente possibili, ma necessita di una concreta e specifica dimostrazione che può essere data anche in termini di probabilità sulla base della particolarità della fattispecie; è, tuttavia, necessario acquisire il dato della cd. probabilità qualificata, da verificarsi attraverso ulteriori elementi, come ad esempio i dati epidemiologici, idonei a tradurre la conclusione probabilistica in certezza giudiziale (in tal senso la S.C. richiama n. 13814/2017, n. 9634/2004).
I Giudici di appello hanno accertato, sulla base della CTU la esistenza del nesso causale tra esposizione del lavoratore ad amianto sul luogo di lavoro nel periodo considerato e la patologia oncologica contratta. Hanno ha quindi riconosciuto rilevanza concausale al tabagismo, ma non tale da interrompere il nesso (con)causale dell’esposizione sul luogo di lavoro a sostanze nocive con la patologia tumorale a origine multifattoriale. Il ragionamento è corretto e non vi è stata alcuna violazione del metodo controfattuale.
Avv. Emanuela Foligno