Picchiato a scuola: il giudice contesta la ctu e condanna il Ministero

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picchiato a scuola

Il titolo di responsabilità del MIUR è duplice: contrattuale per quanto concerne l’obbligo di sorveglianza del personale nei confronti degli alunni, extracontrattuale per violazione del neminem laedere (Tribunale di Reggio Calabria, sentenza n. 1087 del 20 novembre 2020)

Con atto di citazione i genitori di un ragazzino di terza media citano a giudizio il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca per chiederne la condanna al risarcimento dei danni subiti dal figlio, picchiato a scuola da un suo compagno di classe, che dapprima, nell’ottobre 2013, lo minacciava con un coltello puntato all’addome e il mese seguente, con la complicità di un altro compagno di classe, approfittando dell’assenza del personale scolastico sia docente che non docente, nel corso dell’intervallo lo avvicinava nei bagni e lo percuoteva violentemente con calci e pugni fino a procurargli un trauma contusivo alla regione temporo- mascellare sinistra, con presenza di edema ed escoriazioni giudicate guaribili in 8 giorni.

Contestano, inoltre, i genitori del ragazzino che, nonostante gli evidenti segni di percosse sul volto, una volta in classe il minore non veniva soccorso dall’insegnante presente in aula.

A seguito dell’evento il ragazzo, oltre alle lesioni fisiche temporanee, riportava un danno consistente nel cronico disturbo post-traumatico da stress.

Hanno infine esposto gli attori che, a seguito dell’accaduto, il ragazzino ha riportato – oltre alle lesioni fisiche temporanee – un danno biologico consistente nel cronico disturbo post-traumatico da stress da cui è tuttora afflitto, oltre al danno morale, legato alle sofferenze interiori causate dall’illecito.

Si costituisce in giudizio il MIUR contestando la domanda risarcitoria e la responsabilità e facendo richiesta di chiamata in causa della Compagnia assicuratrice.

La causa viene istruita documentalmente e attraverso prove testimoniali, oltre a CTU Medico-legale sul ragazzino.

Preliminarmente il Tribunale evidenzia che il titolo della responsabilità del MIUR, nel caso di alunni che subiscano danni durante il tempo in cui dovrebbero essere sorvegliati dal personale della scuola, come nel caso del ragazzo picchiato a scuola, può essere duplice.

Si discorre di titolo contrattuale se la domanda è fondata sull’inadempimento dell’obbligo, specificamente assunto dall’autore del danno, di vigilare, ovvero di tenere una determinata condotta o di non tenerla.

Si discorre, invece, di titolo extracontrattuale se la domanda è fondata sulla violazione del generale dovere di non recare danno ad altri.

Pacifico, quindi, che l’evento riguardi una responsabilità contrattuale, poiché l’istituto scolastico ha il preciso obbligo di vigilare sulla sicurezza e l’incolumità dell’allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni e, quindi, di predisporre gli accorgimenti necessari affinchè non venga arrecato danno agli alunni, il Tribunale ritiene la domanda fondata.

Muovendosi in ambito contrattuale, il relativo regime probatorio risponde alle regole dell’art. 1218 c.c. che vede in capo all’amministrazione scolastica l’onere di dimostrare che l’evento dannoso si è verificato per causa non imputabile né alla scuola, né all’insegnate.

A fronte dell’accertato violento pestaggio subito dal ragazzino, il MIUR eccepisce che la mancata predisposizione di un’attività di sorveglianza degli alunni all’interno dei bagni era connessa all’esigenza di garantire il diritto alla privacy nei locali in questione.

Tuttavia, tale circostanza non è rilevante.in quanto la vittima veniva avvicinata minacciosamente dapprima nei corridoi e successivamente sospinta nei bagni, come confermato dalle numerose testimonianze.

Oltretutto, dalle prove orali è emerso che il pestaggio della vittima avveniva nell’antibagno, locale ove non vi è bisogno di tutelare esigenze di riservatezza.

Venendo al conseguente risarcimento del danno il Tribunale pone in risalto le testimonianze dei compagni di classe che hanno evidenziato un significativo cambiamento della personalità e dei comportamenti della vittima dopo l’aggressione.

Genitori e familiari, invece, hanno evidenziato flessioni peggiorative del ragazzo sul sonno e sull’appetito.

Difatti la CTU ha evidenziato il grave sovrappeso della vittima (110 Kg), i disturbi di natura alimentare, ansia incontrollata, facile irascibilità, frequenti cefalee, iperidrosi alle mani e claustrofobia.

La vittima, inoltre, ha riferito al CTU di non essere andato all’Istituto Alberghiero di Soverato (ove era già iscritto) perchè lì avrebbe ritrovato il ragazzo che lo aveva aggredito.

Il Tribunale, all’esito delle prove testimoniali, reputa che il CTU, pur avendo ricostruito in modo dettagliato il pregiudizio dinamico-relazionale patito dalla vittima, abbia errato nella diagnosi e nella conseguente quantificazione del danno biologico, stimato nella esigua misura di due punti percentuali.

“Alla luce dei sintomi pure accuratamente registrati dal CTU, risulta pertanto inadeguata la sua valutazione nella misura in cui, basandosi soltanto sulla mancanza di una storia psichiatrica ha diagnosticato un disturbo somatoforme indifferenziato lieve o disturbo dell’adattamento cronico lieve, stimando il danno permanente in misura pari al 2%.”

Pertanto, valorizzando, quale peritus peritorum, gli elementi tecnico-valutativi offerti dal CTU, il Giudice reputa che la diagnosi più appropriata per qualificare e quantificare i pregiudizi psichici conseguenti al pestaggio e agli atti di bullismo, sia quella indicata dal CTP della parte attrice, e cioè quella di un cronico disturbo post-traumatico da stress, da quantificarsi in misura pari all’11% alla stregua del valore base previsto dal DSM-5 per tale patologia.

Viene considerata “apodittica” la conclusione del CTU secondo cui “gli eventi traumatici denunciati per intensità e numero, non avrebbero “la carica patematica necessaria per lo sviluppo di un sì grave disturbo”, nonchè quella secondo cui la mancanza di “un iter terapeutico eseguito nel tempo”, in uno alla mancata assunzione di psico-farmaci, “conferma l’ipotesi di un danno di lieve entità in soggetto che, con ogni evidenza, ha subito due aggressioni le quali, pur non avendo provocato alcun danno fisico, in età adolescenziale possono risultare significative”.

Il danno viene liquidato utilizzando le Tabelle milanesi addivenendosi all’importo di euro 30.291,00 a titolo di danno biologico permanente e all’importo di euro 686,00.

Inoltre, relativamente al danno morale, il Tribunale reputa che la percentuale di invalidità permanente riconducibile al danno psichico subito dalla vittima sia idoneo ad assorbire unicamente i cosiddetti aspetti dinamico-relazionali del pregiudizio subito, cioè le compromissioni alla sua vita sociale, relazionale e professionale.

Mentre, per quanto riguarda i pregiudizi estranei alla valutazione Medico-legale e inerenti la sofferenza interiore, da intendersi quale paura, rabbia, reiterazione dei singoli episodi illeciti connotati da crudeltà e codardia, il Tribunale reputa equo procedere alla liquidazione del danno morale in misura pari all’incirca alla metà del danno biologico accertato, dovendosi pertanto liquidare alla parte attrice, per tale titolo, la somma di euro 15.000.

In conclusione, il Tribunale di Reggio Calabria, condanna il Ministero al risarcimento del danno biologico e morale patito dal ragazzino che liquida nell’importo complessivo di euro 45.977, oltre alle spese di lite e di CTU.

La decisione qui a commento lascia perplessi in punto di liquidazione del danno morale.

Pacifico che il danno morale sia posta risarcitoria differente e distinta dal danno biologico e che, altrettanto pacificamente, la sua liquidazione debba essere motivata dal Giudice, vi sono, a parere di chi scrive, 2 aspetti critici.

Il primo riguarda l’utilizzo delle Tabelle milanesi che già ricomprendono, come noto, il danno morale. Liquidando il danno biologico nella misura dell’11% utilizzando dette Tabelle è stata già liquidata la “componente morale”.

Quindi l’ulteriore importo di euro 15.000,00 si appaleserebbe duplicatorio. O comunque, più correttamente, il Tribunale doveva scorporare dall’importo di euro 30.291,00 la componente morale.

Il secondo aspetto critico riguarda la motivazione con cui il Tribunale ha liquidato a latere l’ulteriore importo a titolo di danno morale. Tale motivazione pare disancorata dalle caratteristiche del danno morale strettamente intese e, invece, più assimilabile al criterio della “personalizzazione” del danno.

Avv. Emanuela Foligno

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