La sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ha efficacia di giudicato anche nei giudizi che riguardano i dipendenti della P.A

La vicenda

Dopo la sentenza penale di patteggiamento per i reati di turbativa d’asta e corruzione, pronunciata dal Tribunale di Pescara, a carico di un dipendente comunale, istruttore del settore lavori pubblici, l’ente locale decideva di licenziarlo.

Quest’ultimo ricorreva dinanzi al Tribunale di Pescara impugnando il provvedimento di recesso. Il pubblico impiegato contestava l’efficacia di giudicato della sentenza di patteggiamento, nonché la proporzionalità della sanzione espulsiva giacché la contrattazione collettiva prevedeva l’ipotesi di recesso nei soli casi di “sentenza passata in giudicato per gravi delitti commessi in servizio”.

Ma l’istanza non veniva accolta neppure in appello.

Nella specie, la corte territoriale aveva fatto applicazione di quell’orientamento giurisprudenziale secondo cui la sentenza di patteggiamento ha valore di giudicato sull’accertamento del fatto, sulla sua illiceità penale e sull’avvenuta commissione da parte dell’imputato e, in ogni caso, nell’usare l’espressione “sentenza di condanna”, la contrattazione collettiva avrebbe potuto essere intesa come tale da riguardare anche la sentenza di patteggiamento.

Il ricorso per Cassazione

La vicenda è finita in Cassazione e decisa dai giudici della Sezione Lavoro (sentenza n. 20721/2019) i quali hanno confermato il principio di diritto richiamato dalla corte d’appello e hanno altresì aggiunto che “Il riferimento generico della norma ad una “sentenza di condanna” ed il fatto che l’art. 445 c.p.p., comma 1 bis, stabilisca che “salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna”, rende testualmente ineludibile il riconoscimento del predetto effetto di giudicato” .

“A fronte di tale chiaro orientamento normativo non vi è ragione di trasporre, sul piano disciplinare, distinguo e varianti fondate sulle caratteristiche intrinseche della sentenza di c.d. patteggiamento, che sono proprie dell’ambito penale inteso in senso stretto”.

Infatti, nulla esclude che, a fini diversi da quelli penali in senso stretto, sia dato rilievo di giudicato all’applicazione della pena su richiesta.

Infine è stato ribadito, quanto già espresso dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 18701 del 31 ottobre 2012 – e poi confermato da ulteriori arresti giurisprudenziali (Cass. 20 luglio 2016, n. 14949 e Cass. 2 marzo 2017, n. 5313) –  secondo cui “a norma degli artt. 445 e 653 c.p.p., come modificati dalla L. 27 marzo 2001, n. 97, la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti ha efficacia di giudicato – nei giudizi disciplinari che si svolgono davanti alle pubbliche autorità, e quindi anche in quelli che riguardano i dipendenti della P.A. – quanto all’accertamento del fatto, alla sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso”, ed altresì che “allorquando la contrattazione collettiva fa riferimento, per la graduazione delle sanzioni disciplinari a carico del pubblico dipendente, alla sussistenza, per i medesimi fatti, di sentenza di condanna penale, quest’ultima, in ragione del disposto dell’art. 653 c.p.p., come modificato dalla L. 27 marzo 2001, n. 97, deve presumersi riguardare anche il caso di sentenza di applicazione della pena su richiesta ai sensi dell’art. 444 c.p.p.”.

La redazione giuridica

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