Il rapporto contrattuale tra il paziente e la struttura sanitaria o il medico non produce, di regola, effetti protettivi nei confronti di terzi soggetti (Corte Suprema di Cassazione – Sezione Terza Civile – Sentenza n. 2232 del 22 gennaio 2024).
Il presente commento, brevemente, vuole ribadire un concetto fondamentale in tema di “effetti” protettivi nei confronti di terzi soggetti del contratto di spedalità che intercorre tra paziente e struttura (o medico). Il caso clinico verrà approfondito non appena la decisione verrà pubblicata.
Tutti ricorderanno come si sia parlato abbondantemente dell’unico effetto protettivo riconosciuto al padre del neonato (e non solo alla madre, contraente del contratto di spedalità), in caso di “malformazioni” o “nascita indesiderata”.
Ebbene, ciò che colpisce è innanzitutto il “bisogno”, che la Cassazione ritiene ancora in auge, di discorrere di effetti protettivi del contratto di spedalità nei confronti di terzi soggetti.
Ora, in tema di responsabilità sanitaria, il rapporto contrattuale tra il paziente e la struttura sanitaria (o il medico) non produce, di regola, effetti protettivi in favore dei terzi, perché, fatta eccezione per il circoscritto campo delle prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione, come sopra detto, il principio generale è quello disciplinato dall’art. 1372, comma 2, c.c.. Con la conseguenza che l’autonoma pretesa risarcitoria vantata dai congiunti del paziente per i danni ad essi derivati dall’inadempimento dell’obbligazione sanitaria, rilevante nei loro confronti come illecito aquiliano, si colloca nell’ambito della responsabilità extracontrattuale (ciò già da Cass. n. 14258 del 2020).
L’effetto protettivo nei confronti dei familiari del paziente ricoverato
A parere di chi scrive, a prescindere dal dettame codicistico, l’effetto protettivo che scaturisce nei confronti dei familiari, o congiunti, del paziente ricoverato, dovrebbe sempre essere riconosciuto attraverso le regole contrattuali (ergo prescrizione decennale e oneri probatori differenti).
Ogni terzo soggetto coinvolto nella vita privata del paziente (chiaramente il ragionamento è limitato a parenti, famiglia nucleare, e/o conviventi more uxorio) soffre indicibili pene quando costui viene ricoverato, figuriamoci poi se vittima di malpractice medica.
Tuttavia, l’indirizzo “extracontrattuale” si è sedimentato nella Corte di Cassazione, che ha riconosciuto l’effetto protettivo del terzo, per la peculiarità della fattispecie, esclusivamente per il contratto stipulato dalla gestante con la struttura sanitaria, rispetto al quale sono interessi protetti dal contratto non solo quelli della parte contrattuale, ma anche quelli del nascituro e del padre (a partire rispettivamente da Cass. n. 11503 del 1993 e n. 6735 del 2002, e poi anche Cass. n. 10741 del 2009), nel periodo storico in cui si è animatamente discusso di “diritto a nascere sani”.
Proprio quel lavorio giurisprudenziale porta, oggi, ad escludere che possa essere riconosciuta una figura generale di contratto con effetti protettivi del terzo.
Avv. Emanuela Foligno