In tema di responsabilità medica, per fatto illecito imputabile a più persone, la questione della gravità delle rispettive colpe e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate può essere oggetto di esame da parte del giudice del merito, solo se uno dei condebitori abbia esercitato l’azione di regresso nei confronti degli altri

L’azione in giudizio per responsabilità medica

Una donna aveva citato in giudizio per responsabilità medica il ginecologo che l’aveva seguita durante la gravidanza conclusasi nel luglio del 2005 con la nascita della figlia affetta da encefalopatia da bilirubina o kernittero.

A detta della ricorrente la patologia della quale era risultata affetta la piccola era imputabile alla inadeguata assistenza prestatale dal convenuto (il quale, nonostante la positività dei test di Coombs indiretti dallo stesso prescritti – trattandosi di gestante con gruppo sanguigno RH negativo – aveva omesso di porre in essere gli accorgimenti diagnostici e terapeutici necessari ad evitare o contenere gli effetti della malattia emolitica neonatale). Di qui la domanda di risarcimento di tutti i danni (patrimoniali e non) subiti sia dalla neonata che dalla madre e dall’altra sorellina.

All’esito del giudizio di primo grado, il Tribunale dichiarava il danno neurologico subito dalla neonata eziologicamente attribuibile sia agli inadempimenti del ginecologo convenuto in giudizio, sia – in misura preponderante, quantificata nel 60% – a quelli dei sanitari che avevano curato l’assistenza neonatale.

La pronuncia della Corte d’Appello di L’Aquila

La Corte d’Appello di L’Aquila (sentenza n. 190/2020) ha confermato la sentenza del primo giudice rigettando, per converso, il ricorso del ginecologo convenuto a giudizio, il quale aveva richiesto la riforma della decisione impugnata nel senso di escludere ogni comportamento omissivo e colpevole ad esso addebitabile o, in via del tutto gradata, la riduzione della percentuale di attribuzione della sua responsabilità dal 40 al 10%. 

La corte territoriale ha ritenuto la doglianza del tutto priva di fondamento in quanto “in tema di fatto illecito imputabile a più persone, la questione della gravità delle rispettive colpe e dell’entità delle conseguenze che ne sono derivate può essere oggetto di esame da parte del giudice del merito, adito dal danneggiato, solo se uno dei condebitori abbia esercitato l’azione di regresso nei confronti degli altri o, in vista del regresso, abbia chiesto espressamente tale accertamento in funzione della ripartizione interna del peso del risarcimento con i corresponsabili, senza che tale domanda possa ricavarsi dalle eccezioni con cui il condebitore abbia escluso la sua responsabilità nel diverso rapporto con il danneggiato” (Cass. 15687/2001; 18497/2006; 32930/2018).

Graduazione delle colpe e azione di regresso

Ebbene, nel caso di specie, la diversa graduazione delle responsabilità perorata dall’appellante volta ad ottenere la riduzione della propria condanna (non anche ai fini dell’esercizio dell’eventuale diritto di regresso) non è stata ritenuta indicativa del suo interesse alla individuazione dell’ulteriore soggetto (o ulteriori soggetti) tenuto con lui a rispondere per concorso nella causazione del danno.

E’ noto che anche “in materia di responsabilità civile il nesso causale è regolato dai principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p. per i quali un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo, nonchè dal criterio della cosiddetta causalità adeguata, sulla base della quale, all’interno della serie causale, occorre dare rilievo solo a quegli eventi che non appaiono – ad una valutazione ex ante – del tutto inverosimili. Il rigore del principio dell’equivalenza delle cause, di cui all’art. 41 c.p., in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nella causalità efficiente, desumibile dal secondo comma della norma appena citata, in base al quale l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto”.

In definitiva, il ricorso è stato rigettato e confermata la pronuncia di primo grado.

La redazione giuridica

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