Responsabilità sanitaria esclusa se la causa del danno resta incerta

0
causa-del-danno-incerta

Nel corso dell’intervento si verifica un arresto cardiaco con perdita di coscienza e coma vegetativo, una complicanza iatrogena degli interventi chirurgici. Altra pronunzia della Corte di Cassazione conferma che se la causa del danno rimane incerta la domanda risarcitoria deve essere rigettata (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 5 giugno 2025, n. 15078).

Il caso

Chiamati in causa sono l’Azienda USL n. 2 di Lucca, il medico chirurgo e il medico anestesista, per ottenere il risarcimento dei gravi danni alla salute subiti dal paziente (deceduto in corso di causa) e dai suoi familiari a seguito di un intervento chirurgico effettuato presso l’urologia dell’Ospedale di Lucca.

In particolare, il paziente si sottopone a intervento chirurgico di resezione endoscopica trans-uretrale della prostata per iperplasia prostatica benigna, presso il Presidio Ospedaliero di Lucca il 24 febbraio 2011. Nel corso dell’intervento si verifica un arresto cardiaco a seguito di una bradicardizzazione, fino all’asistolia e desaturazione arteriosa, con perdita di conoscenza e coma vegetativo fino al decesso, intervenuto dopo oltre quattro anni, nel 2015.

Secondo il CTP il paziente “andava incontro ad un improvviso arresto cardiaco… i valori della emogasanalisi… escludono fin da quel momento l’ipotesi di un’embolia polmonare massiva non è stata evidenziata alcuna trombosi a carico del circolo venoso esplorato” “rimane quindi difficilmente identificabile la patogenesi dell’arresto cardiaco e conseguentemente non è possibile identificare l’eventuale rapporto con l’attività sanitaria prestata nel corso dell’intervento anche per la scarsa documentazione degli interventi posti in essere dall’anestesista nel corso dell’evidenziata insufficienza respiratoria onde ci troviamo di fronte ad un esito altamente invalidante che è cronologicamente successivo all’intervento chirurgico, ma con difficile attribuzione causale stante l’incertezza patogenetica dello stesso per insufficienti annotazioni nella cartella anestesiologica.

Le complicanze molto rare

Il CTU, così come i periti nominati in sede penale, ha accertato che la causa dell’arresto cardiaco era stata una “embolia gassosa venosa (EGV)”, cioè un evento avverso descritto nei seguenti termini: “l’EGV è usualmente una complicazione iatrogena di interventi chirurgici, che si verifica quando il gas atmosferico, ovvero quello generato da strumenti chirurgici, penetra nel sistema venoso del paziente. Sono necessarie due condizioni: (1) la presenza di una comunicazione tra la fonte del gas e i ‘vasi’; (2) un gradiente pressorio che favorisca il passaggio del gas nel circolo”.

Sempre secondo il CTU, “le complicanze trombo-emboliche della TURP sono molto rare, ma l’embolia gassosa è un’evenienza ancor più eccezionale”, onde “sulla base delle informazioni disponibili tramite l’esame della documentazione sanitaria in atti, non è possibile stabilire quale sia stato, nella fattispecie, il meccanismo che ha causato l’embolia”... “una volta realizzatosi l’evento avverso, entra in gioco la capacità dei sanitari di avvedersene tempestivamente e di porre in atto gli appropriati rimedi con pari tempestività… non vi è un solo possibile meccanismo di produzione del gas che fluisce nel circolo venoso, e gli stessi autori che hanno descritto i singoli casi talora propongono ipotesi alternative, per spiegare la complicanza osservata.

Non è possibile stabilire la causa dell’embolia

Per citarne alcune, si è posta l’attenzione sulla produzione di bolle di gas potenzialmente in grado di penetrare nei vasi sezionati da parte dell’elettrobisturi (specie se con elettrodi bipolari). Si è documentato l’errore nel montaggio del dispositivo del liquido per il lavaggio vescica le (vedi finestra), che ha determinato l’ingresso di gas in circolo. Ed anche si è rimarcata la possibilità che l’embolia sia il risultato dell’applicazione, mediante un dispositivo a gas, di un sigillante a base di fibrina per ridurre il sanguinamento locale.. In realtà, sulla base delle informazioni disponibili tramite l’esame della documentazione sanitaria in atti, non è possibile stabilire quale sia stato, nella fattispecie, il meccanismo che ha causato l’embolia”, concludendo che non è stato invece possibile stabilire il meccanismo che ha causato l’embolia e quindi se l’evento sia da attribuire a errore umano, ovvero a inevitabile accidente”.

Ebbene, il Tribunale rigetta la domanda risarcitoria precisando che “neppure è stato possibile concludere (il riferimento è alla CTU) se la carenza protratta di ossigeno fosse dovuta a “ritardo nella messa in atto dei pur appropriati rimedi o per sfavorevoli peculiarità della fattispecie clinica anche riguardo alla tempestività delle misure rianimatorie il Consulente ha ritenuto impossibile quantificare il grado di probabilità di verificazione dell’evento dannoso riguardo alle – pur accertate – incongruenze cronologiche tra la narrazione riportata nella cartella anestesiologica, il grafico della stessa cartella e i responsi dell’emogasanalisi, precisando che si doveva “inoltre ritenere superata dall’esame delle testimonianze il dubbio sulla tempestività delle manovre rianimatorie e sulle pretese incongruenze della cartella clinica, dovendosi viceversa, in ragione della predetta “eccezionalità”, ritenere comunque l’esistenza di un fattore imprevedibile, appunto eccezionale, idoneo ad escludere il nesso causale”.

La Corte d’appello di Firenze ha confermato la decisione di primo grado.

L’intervento della Cassazione

Viene lamentata una motivazione meramente apparente su un punto decisivo della controversia e la errata distribuzione degli oneri probatori.

La Corte toscana, basandosi sulla CTU, ha stabilito la impossibilità di accertare le cause dell’embolia gassosa venosa, che ha costituito la causa del coma del paziente e poi del suo decesso. Questo è un accertamento di fatto che sfugge al controllo della Suprema Corte.

Ed ancora, in punto di diritto la Corte di Firenze ha escluso via sia stata inversione dell’onere della prova del nesso di causa tra condotta medica ed evento dannoso. Sotto questo importante profilo la decisione è conforme al consolidato indirizzo secondo il quale “nei giudizi di risarcimento del danno da responsabilità medica, è onere del paziente dimostrare l’esistenza del nesso causale, provando che la condotta del sanitario è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, causa del danno, sicché, ove la stessa sia rimasta assolutamente incerta, la domanda deve essere rigettata”.

Incerta la causa dell’evento dannoso

Calandoci nel caso concreto, è rimasta del tutto incerta la causa del danno (l’embolia gassosa venosa, che certamente ha costituito la causa del coma del paziente e poi del suo decesso), pertanto la domanda degli attori è stata correttamente rigettata.

Lo stesso CTU, del resto, ha dato atto che l’embolia gassosa venosa è un evento del tutto eccezionale ed imprevedibile, in relazione all’operazione chirurgica (di resezione prostatica) cui era stato sottoposto il paziente e che le sue cause non necessariamente sono riconducibili ad errori nella prestazione sanitaria: anche in tale ottica è confermata la conclusione per cui l’incertezza sulla causa dell’embolia non consente di affermare che essa fu dovuta ad errore nella condotta degli operatori sanitari e, di conseguenza, la decisività del difetto di prova sul nesso di causa tra condotta dei sanitari ed evento dannoso.

Le incongruenze della cartella clinica

Orbene, passando alle incongruenze della cartella clinica riscontrate dal CTU, la Cassazione sottolinea che non vi è dubbio che l’onere della prova del corretto adempimento dell’obbligazione in questione spettava alla struttura sanitaria. La Corte toscana ha ritenuto tale onere correttamente adempiuto in quanto: a) il CTU aveva accertato che il dovuto intervento di rianimazione per fronteggiare l’evento eccezionale avverso era stato del tutto idoneo ed adeguato, in sé – come oggettiva tipologia di manovre eseguite – solo rilevando che, per alcune incongruenze sul piano cronologico delle emergenze della cartella clinica, non era possibile stabilire con certezza se esso aveva avuto luogo tempestivamente, con la necessaria immediatezza; b) l’immediatezza dell’intervento era stata comprovata dalle deposizioni testimoniali assunte nel giudizio di primo grado e già valorizzate dal tribunale.

Detto in altri termini, secondo la Corte d’appello, nonostante le incongruenze, meramente cronologiche della cartella clinica, era stata comunque raggiunta la prova che l’intervento di rianimazione del paziente, una volta insorta (per cause rimaste sconosciute) l’embolia gassosa venosa, era stato, oltre che adeguato, anche immediato e tempestivo, onde era da escludere ogni responsabilità dei sanitari per i conseguenti danni subiti dal paziente.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui