Reversibilità della pensione del genitore deceduto per il figlio invalido civile (Tribunale Chieti, Sez. Lavoro, Sentenza n. 168/2022 del 12/05/2022).

Reversibilità della pensione del genitore al figlio inabile civile, anche se maggiorenne.

La ricorrente, presentava domanda, che rimaneva inevasa, diretta ad ottenere la reversibilità della pensione del padre deceduto, cita a giudizio l’Inps onde vedere accertato il proprio diritto a percepire detta previdenza, con condanna dell’Istituto al pagamento della relativa prestazione.

Si costituisce in giudizio l’Inps chiedendo il rigetto della domanda; il Tribunale, invece, ritiene la domanda fondata.

L’art. 13 della legge n. 218 del 1952, come modificato dall’art. 22 della legge n. 903/65, prevede che, in caso di morte del pensionato o dell’assicurato, spetti una pensione ai figli di qualunque età riconosciuti inabili al lavoro e a carico del genitore al momento della morte di questi.

Ai fini del riconoscimento della reversibilità della pensione è necessario che il figlio maggiorenne, alla data della morte del genitore, sia totalmente inabile al lavoro e viva a carico del genitore.

Al riguardo, la Corte di Cassazione ha affermato: ” l’accertamento del requisito della inabilità (di cui all’art. 8 della legge 12 giugno 1984 n. 222) richiesto ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di riversibilità ai figli superstiti del lavoratore o del pensionato, deve essere operato secondo un criterio concreto, ossia avendo riguardo al possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche nel caso del mancato raggiungimento di una riduzione del 100% della astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità dello stesso di svolgere attività idonee nel quadro dell’art. 36 Cost. e tali da procurare una fonte di guadagno non simbolico “.

Il CTU ha affermato che “la ricorrente è affetta da “disturbo psicotico NAS ” e che per tali patologie ella fosse “soggetto inabile a qualsiasi lavoro proficuo alla data della morte del padre”.

Sussiste, dunque, in capo alla ricorrente il requisito della inabilità ai sensi dell’art. 8, L.222/1984.

Per quanto concerne, invece, il requisito della c.d. vivenza a carico, il Tribunale rileva che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, tale requisito può dirsi sussistente allorché sia provato che il genitore defunto provvedeva in via continuativa o, quantomeno, prevalente al mantenimento del figlio inabile.

Sul punto, la Suprema Corte ha affermato che ” in tema di reversibilità della pensione in favore del figlio maggiorenne inabile (art. 13 legge n. 218 del 1953, come modificato dall’art. 22 legge n. 903 del 1965) e agli effetti del requisito della prevalenza del contributo economico continuativo del genitore nel mantenimento del figlio inabile, ragioni di certezza giuridica, di parità di trattamento, di tutela di valori costituzionalmente protetti (artt.3 e 38 Cost.) impongono criteri quantitativi certi che assicurino eguale trattamento ai superstiti inabili, quali si desumono dalla deliberazione dell’istituto previdenziale n. 478 del 2000 e al riferimento, ivi enunciato, ad indici stabiliti per legge nonché di considerare a carico i figli maggiorenni inabili che hanno un reddito non superiore a quello richiesto dalla legge per il diritto alla pensione di invalido civile totale”.

Ergo, secondo tale impostazione, il requisito della vivenza a carico sussiste anche nel caso in cui il figlio inabile maggiorenne goda di un reddito proprio, qualora questo non superi i limiti reddituali previsti per il godimento della pensione di inabilità, limiti che in capo alla ricorrente non risultano superati.

Per tali ragioni la domanda viene accolta e l’Inps è condannato al pagamento in favore della ricorrente della pensione di reversibilità spettante ai figli superstiti con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di decesso del pensionato, oltre interessi legali dalla medesima data al saldo.

Le spese di lite seguono la regola della soccombenza e vengono poste integralmente a carico dell’Istituto.

In conclusione, il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, accoglie la domanda e condanna l’Inps al pagamento in favore della ricorrente della pensione di reversibilità con decorrenza dal primo giorno del mese successivo a quello di decesso del padre pensionato.

Avv. Emanuela Foligno

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