Revoca dell’indennità di accompagnamento dell’invalido civile e azione giudiziale, senza necessità di altra domanda amministrativa (Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 14561, depositata il 9 maggio 2022).

Revoca dell’indennità di accompagnamento e successivo iter necessario è la tematica affrontata dalle SS.UU. nella importante decisione qui a commento.

In caso di revoca dell’indennità di accompagnamento, non è indispensabile presentare una nuova domanda prima di agire giudizialmente, in sintesi, è quanto statuito dal Supremo Consesso.

Se viene revocata una prestazione assistenziale, ad esempio l’indennità di accompagnamento, per proporre l’azione giudiziaria non è necessario presentare una nuova domanda amministrativa.

La questione sottoposta alle Sezioni Unite riguardava la revoca dell’indennità di accompagnamento concessa ad un invalido, disposta dall’Inps a seguito di visita medica di revisione, che accertava come non fossero più sussistenti i requisiti sanitari necessari per l’attribuzione della prestazione assistenziale dell’accompagnamento.

L’interessato, ricorreva dinanzi al Giudice competente che,  in parziale accoglimento della domanda, riconosceva i presupposti a decorrere dal 4 ottobre 2010 e non, come invece chiesto, dalla data della revoca.

La Corte d’Appello di Napoli, rigettava il gravame, senza entrare nel merito, ritenendo in via preliminare che in caso di revoca della indennità di accompagnamento, la domanda giudiziaria di ripristino non desse luogo ad una impugnazione del provvedimento amministrativo di revoca, ma in realtà si sostanziasse nella richiesta di accertamento di un nuovo diritto alla prestazione differente, anche se identico nel contenuto, rispetto a quello estinto per revoca.

Contro questa decisione, viene proposto ricorso presso la Suprema Corte con due motivi.

La sezione lavoro ha ravvisato, considerata la giurisprudenza consolidata che prevedeva la necessità di una nuova domanda amministrativa anche per il caso di revoca della indennità di accompagnamento, degli elementi di valutazione idonei a sollecitare un approfondimento, rimettendo gli atti al Primo Presidente, evidenziando che la questione fosse riconducibile tra quelle di massima e particolare importanza, che ai sensi dell’art. 374, comma 2, c.p.c. possono essere assegnate alle Sezioni Unite.

I due motivi di cassazione riguardavano l’erroneità della decisione della Corte d’Appello a proposito della necessità di presentare una nuova domanda amministrativa prima di agire giudizialmente contro il provvedimento di revoca della indennità di accompagnamento, che secondo il ricorrente sarebbe contraria alla normativa in essere, che dispone che avverso il provvedimento di revoca è ammesso il ricorso al Giudice ordinario, visto anche che nessuna disposizione prescrive che l’invalido debba presentare una nuova domanda amministrativa successivamente alla revoca della indennità di accompagnamento, e che dunque correttamente il ricorrente aveva agito proponendo il ricorso in via giudiziaria.

Il ricorrente, inoltre, evidenziava che la ratio del legislatore è stata quella di intervenire per eliminare i ricorsi amministrativi, prima vigenti per le prestazioni assistenziali favorendo invece la possibilità di agire direttamente al Giudice, onde evitare -appunto- sdoppiamenti di procedure e allungamento dei tempi.

Difatti, le Sezioni Unite pronunziano il seguente principio di diritto :

«Nel caso di revoca di prestazione assistenziale, ai fini della proponibilità dell’azione giudiziaria l’assistito che intenda accertare la persistenza dei requisiti costitutivi del diritto alla prestazione di invalidità non è tenuto a presentare una nuova domanda amministrativa, ma può dire direttamente l’autorità giudiziaria competente».

Secondo le SS.UU., la sequenza a seguito della revoca della indennità di accompagnamento, nell’interpretazione datane fino ad oggi, è del tutto anomale in quanto  configura l’obbligatorietà dell’istanza amministrativa, cui farebbe seguito un non breve spatium deliberandi entro il quale l’ente gestore potrebbe provvedere, con la conseguenza della pendenza di un termine di decadenza decorrente dalla comunicazione del provvedimento emanato sulla nuova istanza dell’invalido.

Rammenta, inoltre, la Corte, che le prestazioni di invalidità si configurano come obbligazioni di durata, la cui esecuzione si protrae nel tempo ed è suscettibile di subire modificazioni per effetto di fatti sopravvenuti che modifichino i requisiti costitutivi del diritto.

Inoltre, il complesso sistema di verifica della persistenza dei requisiti per beneficiare della prestazione assistenziale già in godimento, e la previsione di rigorosi termini di decadenza per la proposizione dell’azione giudiziaria, mal si coordinano con la necessità di anteporre alla proposizione del ricorso al giudice una nuova domanda amministrativa.

La redazione giuridica

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