Prescrizione quinquennale per il danno riflesso da responsabilità medica, nuovamente all’attenzione della Suprema Corte (Cass. civ., sez. III,  6 maggio 2022, n. 14471).

Prescrizione quinquennale per il danno riflesso al familiare del paziente che subisce un peggioramento post-intervento, costringendo i familiari a cure assidue e continuative.

Nuovamente la Suprema Corte viene investita della problematica inerente il termine prescrizionale per i familiari delle vittime di malasanità che intendono rivendicare i danni nei confronti della Struttura Sanitaria.

In sintesi, è di cinque anni il termine per agire in giudizio contro la Struttura sanitaria e chiedere un ristoro economico per il disagio subito a causa dei problemi di salute riportati dalla familiare.

La vicenda trae origine dall’azione giudiziaria intrapresa da una donna nei confronti della Struttura Sanitaria ove la madre veniva operata. La donna giustifica l’azione deducendo il significativo peggioramento delle condizioni di salute della madre derivanti dal trattamento sanitario, e il conseguente bisogno di cure costanti nei periodi residuali non coperti dalla badante.

La paziente veniva posta sotto le cure della Struttura per la frattura del femore, ma nonostante l’intervento chirurgico le sue condizioni andavano via, via, peggiorando. Di talchè veniva azionato giudizio di cognizione ai fini della declaratoria di responsabilità sanitaria nei confronti della Struttura e, sia il Tribunale che la Corte d’Appello, statuiscono l’errato trattamento sanitario.

Circa due anni dopo, ad agire in giudizio è, appunto, la figlia della paziente che invoca il risarcimento dei danni da lei patiti per la prestata assistenza alla madre nelle ore non coperte dalla badante, a causa dell’aggravamento della invalidità della madre derivante dall’azione imperita della Struttura.

Tribunale e Giudici di Appello, respingono la domanda. Nello specifico, la Corte d’Appello sottolinea che il diritto dei congiunti ad essere risarciti in via riflessa dalla struttura sanitaria, a causa dell’esito infausto subito dalla persona danneggiata principale, è soggetto al termine di prescrizione quinquennale, in quanto i congiunti non possono giovarsi del termine più lungo derivante dall’inquadramento contrattuale della responsabilità sanitaria.

La vicenda approda in Cassazione.

La ricorrente sostiene che il decorrere della prescrizione dell’azione risarcitoria sarebbe da collocare nel luglio 2011 – data di pubblicazione della sentenza di appello nel giudizio promosso dalla paziente nei confronti della casa di cura – e, anzi, nella data di passaggio in giudicato di tale sentenza (da far risalire all’ottobre 2012), giacché prima di tale momento la ricorrente non avrebbe potuto agire nei confronti della struttura perché non era ancora stata accertata in via definitiva la responsabilità.

Deduce anche che il contratto di spedalità ha effetti protettivi anche nei confronti di terzi e, quindi, anche nei confronti dei familiari del paziente che siano tenuti all’assistenza.

Gli Ermellini, invece, sostengono che a fronte di una pretesa risarcitoria fondata sull’aggravamento dell’invalidità della madre – aggravamento collocato nel settembre del 2006 – che viene indicata come conseguenza ai postumi residuati dall’intervento chirurgico (risalente a data anteriore al 2001), la figlia aveva la possibilità di far valere la sua pretesa risarcitoria anche prima del passaggio in giudicato della sentenza di appello pronunciata fra la madre e la struttura ospedaliera.

In sostanza, «l’accoglimento della pretesa non era condizionato alla preventiva affermazione definitiva della responsabilità della struttura sanitaria», e comunque, «già dal settembre del 2006 la figlia disponeva di tutti gli elementi necessari per esercitare il proprio diritto al risarcimento, essendosi determinata la situazione irreversibile di pregiudizio che si assumeva conseguente ai postumi residuati alla madre dall’intervento».

Ad ogni modo, viene confermato che i congiunti del paziente danneggiato non possono fruire del termine prescrizionale decennale, bensì del termine di prescrizione quinquennale.

Avv. Emanuela Foligno

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