Rottura degli impianti protesici (Tribunale Varese, RG n. 2051/2022, Ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 14/4/2023).

Responsabilità dell’Odontoiatra invocata per la rottura degli impianti protesici.

Il paziente si rivolgeva al reparto di ondontostomatologia presso l’ambulatorio dell’azienda ospedaliera ospedale di circolo di Varese per ricevere le cure resesi necessarie a causa della mancanza di alcuni denti posteriori in entrambe le arcate della bocca.

L’ATP accertava la malpractice essendo la installazione delle protesi risultata non risolutiva ed essendosi verificata la rottura degli impianti protesici suddetti.

I CTU hanno concluso l’indagine accertando profili di responsabilità per errata scelta operativa/inadeguatezza degli interventi svolti, ciò che ha determinato la rottura degli impianti e i conseguenti danni lamentati dal paziente; in particolare si legge nella CTU:

“…Le attuali condizioni di salute del periziando, già meglio descritte in sede di esame obiettivo, si riferiscono ad una atrofia ossea dell’emiarcata superiore di dx, dove sono presenti n. 2 apici implantari ricoperti da mucosa in posizione circa 14 e 15 ed inoltre è stata evidenziato un processo infettivo di tipo perimplantare anche a carico degli impianti dell’emiarcata inferiore di dx e soprattutto quelli in posizione 35 e 36, nonché la perdita dell’impianto in posizione 25. La compromissione dell’integrità psico -fisica del danneggiato al momento del primo contatto è riferibile ad un’edentulia dell’emiarcata superiore di dx e di quella inferiore di sx, causata dalla perdita di elementi dentari da molti anni e con conseguente atrofia ossea parziale”.

Le prestazioni svolte dall’Odontoiatra sono consistite nell’inserimento di n. 2 impianti all’emiarcata superiore di dx in posizione 14 e 15, previo rialzo del seno mascellare in previsione di un impianto che non è stato poi posizionato avvenuta nel 2013, nonché l’inserimento di n. 3 impianti e relativa sovrastruttura protesica in posizione 34, 35, 36, apposta nel marzo 2014. Seguivano visite di controllo e nel giugno 2014 è stato separato il manufatto preesistente tra 25 e 26, estratto l’elemento 24, sostituito da impianto e posizionato ulteriore impianto e relativa corona protesica in sede 25.

Nel settembre del 2018 si verificava frattura dei pilastri implantari a livello del collo di connessione a carico degli elementi 14 e 15, da qui l’interruzione dei rapporti professionali con la struttura.

I CTU hanno evidenziato “Per quanto riguarda la fase realizzativa vi è stata una frattura tardiva dei due pilastri implantari dell’emiarcata superiore dx in posizione 14 e 15, nonché la perdita dell’impianto in posizione 25, circostanze presumibilmente riconducibile ad errato carico masticatorio, anche in considerazione del fatto che il manufatto fosse di n. 3 elementi a fronte della presenza di n. 2 impianti contigui e pertanto con estremità distale libera che sottoposta a carico ne ha presumibilmente provocato la frattura e, per lo stesso motivo, vi è stata la perdita dell’impianto in posizione 25”.

Pacifica, pertanto, la errata scelta operativa (errato carico masticatorio) e la necessità di nuovi interventi a cui dovrà sottoporsi il paziente.

Il danno biologico stimato dai Consulenti, inerente la prevedibile perdita di osso al momento della rimozione degli impianti, è nella misura dell’1-2% che tuttavia potrà essere completamente emendato attraverso gli interventi rigenerativi previsti.

La rottura degli impianti protesici realizzati comporterà la necessità di future cure odontoiatriche per il ripristino della emiarcata superiore di dx e di sn in posizione 25 con rimozione dei due impianti, rigenerazione ossea zonale, successivo inserimento di n. 3 impianti ed apposizione di n. 3 corone protesiche, dapprima provvisorie e poi definitive; costi che vengono quantificati in complessivi €. 12.260=.

L’ATS viene condannata al pagamento della somma di €. 13.021,85, oltre alle spese di CTU della fase di ATP, e alle spese di lite.

Avv. Emanuela Foligno

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