In base a un’analisi pubblicata sulla rivista The Lancet Public Health, la sanità italiana si colloca al nono posto a livello globale. Al vertice della classifica l’Islanda

La sanità italiana è nona al mondo per qualità. Il nostro Paese si colloca dopo Islanda, Norvegia, Olanda, Lussemburgo, Australia, Finlandia, Svizzera e Svezia.  È la ‘certificazione’ che arriva dalla prima analisi a livello nazionale ‘Global Burden of Disease (GBD) Study’, pubblicata sulla rivista The Lancet Public Health e coordinata dall’IRCCS Materno-Infantile Burlo Garofolo di Trieste.

“Un quadro globalmente positivo – afferma all’ANSA Lorenzo Monasta, primo autore del lavoro – pur con alcune criticità”. Tra queste ultime, l’invecchiamento rapido della popolazione,  spiegato – secondo l’esperto – “col fatto che in Italia abbiamo uno dei tassi di fertilità più bassi al mondo (1,3%) e contemporaneamente una tra le più alte speranze di vita (che ci colloca all’8/0 posto nel mondo per aspettativa di vita alla nascita, 85,3 anni per le donne, 80,8 per gli uomini nel 2017)”.

Questo scenario starebbe cambiando il panorama epidemiologico delle malattie, aumentando il carico delle patologie croniche tipiche dell’invecchiamento, dai problemi di vista e udito all’Alzheimer e altre demenze.

Al proposito, gli anni di vita con disabilità legati ad Alzheimer e altre demenze sono aumentati del 78% dal 1990 al 2017 e i decessi per Alzheimer più che raddoppiati (+118%).

“L’altro aspetto significativo – aggiunge Monasta – è che dal 1990 ad oggi è aumentata gradualmente la spesa privata del cittadino per la salute, di pari passo a una riduzione del finanziamento pubblico alla salute, riduzione che, quindi, non è frutto di una aumentata efficienza del servizio sanitario”.

In particolare, rileva ancora l’autore dell’analisi, dal 2010 al 2015 il finanziamento statale in rapporto al PIL è sceso dal 7% al 6,7%, mentre nello stesso arco di tempo la spesa privata per la salute è aumentata dall’1,8% al 2%. Inoltre, dal 1995 la spesa complessiva per la salute in rapporto al PIL è aumentata dell’1,15%, aumento assorbito, però, non dal finanziamento pubblico, ma da quello privato. 

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