Una lesione provocata da braccio meccanico posto su un autocarro è danno da circolazione stradale?  La sentenza della Cassazione (3 dicembre 2015, n. 24622) ribadisce il principio affermato dalle Sezioni Unite della stessa Cassazione con  sentenza n. 8620 del 29 aprile 2015

Nell’ampio concetto di circolazione stradale di cui all’art. 2054 c.c. è compresa anche la posizione di arresto del veicolo, sia in relazione all’ingombro da esso determinato sugli spazi dedicati alla circolazione, sia alle operazioni eseguite in funzione della partenza o connesse alla fermata, sia ancora con riguardo a tutte le operazioni che il singolo veicolo è destinato a compiere e per il quale può circolare sulle strade. Ne consegue che per l’operatività della garanzia per la r.c.a. è necessario che il veicolo, nel suo trovarsi sulla strada di uso pubblico o sull’area a questa equiparata, mantenga le caratteristiche che lo rendano tale in termini concettuali e, quindi, in relazione alle sue funzionalità, risultando invece indifferente l’uso che in concreto se ne faccia, sempreché esso rientri nelle caratteristiche del veicolo.

Con una recente sentenza la Cassazione (3 dicembre 2015, n. 24622) ha ribadito – e non poteva essere altrimenti – il principio affermato dalle Sezioni Unite della stessa Cassazione con  la sentenza n. 8620 del 29 aprile 2015.

Con tale sentenza le Sezioni Unite si erano finalmente pronunciate sulla questione relativa al fatto se il danno provocato da veicoli particolari, in quanto idonei non solo a circolare (ed in tal senso soggetti alla normativa di cui all’art, 2054 c.c. sulla responsabilità derivante dalla circolazione dei veicoli ed alla connessa normativa sull’assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile automobilistica) ma caratterizzati anche dalla presenza di strumenti non finalizzati alla circolazione e comunque rientranti nella destinazione funzionale del veicolo, potesse considerarsi un danno da circolazione, ai fini della applicabilità delle due normative appena richiamate: art. 2054 c.c. e legge sull’assicurazione obbligatoria rca.

Si tratta, ad esempio, di autocarri o automezzi in genere sui quali si trovano collocati autogru, bracci elevatori o quant’altro, vale a dire strumenti che, atti ad operare nella fase di arresto del veicolo, sono astrattamente idonei a provocare danni a cose o a persone.

Ebbene, in tale eventualità, il danno può essere considerato rientrante nella circolazione, visto che anche la sosta, per giurisprudenza ormai consolidata, rappresenta una fase (statica) della circolazione?

E’ evidente che la risposta positiva a tale quesito consente al danneggiato di giovarsi della tutela privilegiata accordata sia dall’art. 2054 c.c. (che addossa al conducente, e poi estende al proprietario, l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno) e, soprattutto, dalla normativa sull’assicurazione obbligatoria (attualmente contenute negli art. 122 e seguenti del Codice delle assicurazioni), in quanto tale ultima disciplina consente al danneggiato dalla circolazione di agire con azione diretta nei confronti dell’assicurazione de responsabile e attribuisce al danneggiato ulteriori tutele che non è questa la sede per approfondire (ad esempio, la non opponibilità al danneggiato delle eccezioni derivanti dal contratto stipulato tra il proprietario del veicolo danneggiante e l’impresa di assicurazioni).

Le Sezioni Unite hanno avvertito l’esigenza di chiarire l’aspetto del rapporto tra danno da circolazione e danno provocato nel corso dell’attività operativo/funzionale del veicolo, pur se in quel momento in sosta, e quindi in circolazione.

Si registravano infatti sul punto due impostazioni: secondo la prima, il presupposto della sottopozione all’obbligo assicurativo (e quindi al regime della rca, oltre che dell’art. 2054 c.c.), sulla base del fatto che non vi è ormai differenza tra circolazione dinamica e statica, ritiene che il presupposto dell’operatività dell’obbligo assicurativo consista nel trovarsi il mezzo su strada di uso pubblico o su area a questa equiparata, in una condizione che sia riconducibile ad una fase della circolazione (sosta compresa), non avendo alcun ruolo quale presupposto applicativo ulteriore l’uso particolare del veicolo secondo le sue specifiche potenzialità; una seconda impostazione, diversamente, ritiene che siano rilevanti le particolari funzioni esplicate dal veicolo al momento dell’evento dannoso, in quanto suscettibili di costituire causa autonoma, idonea ad interrompere il nesso causale con la circolazione (ed in questo senso, in verità, si era espressa anche di recente la Cassazione, con la sentenza 5 marzo 2013, n. 5398).

Ebbene, le Sezioni Unite risolvono il problema interpretativo affermando che l’imposizione – contenuta ora nell’art. 122 del codice delle assicurazioni – di assicurare per la r.c. di cui all’art. 2054 c.c. ogni veicolo posto in circolazione sulle aree espressamente indicate dalla legge, metta in relazione l’obbligo assicurativo al fatto che il veicolo sia stato posto in circolazione su strade di uso pubblico o su aree a queste equiparate, senza però prevedere come presupposto per tale obbligo, e conseguentemente per l’operatività della garanzia, il fatto che il veicolo venga utilizzato in un modo piuttosto che in un altro.

Ne deriva, secondo il ragionamento delle sezioni unite, fortemente ispirato alla natura pericolosa dell’attività di circolazione dei veicoli per il semplice fatto della interazione tra veicolo e circolazione, che il danno è da ritenersi derivante dalla circolazione, con quanto ne consegue in termini di applicabilità dell’art. 2054 c.c. e di operatività della normativa sulla rca obbligatoria, quando è provocato da tutte le attività cui il veicolo è destinato e per cui lo stesso circola sulle strade più volte menzionate, sempre che l’uso produttivo di danno rientri in quello che secondo le sue caratteristiche il veicolo stesso può avere.

Volendo semplificare, se un autocarro è omologato per la collocazione su di sé di un braccio meccanico per lo spostamento di materiali, nel caso in cui tale braccio provochi un danno questo sarò da considerare un danno da circolazione, con conseguente possibilità, per il danneggiato, di beneficiarsi della normativa di cui all’art. 2054 c.c. e di quella sull’assicurazione obbligatoria per la r.c. derivante dalla circolazione dei veicoli.

Il principio autorevolmente affermato la scorsa primavera dalle Sezioni Unite della Cassazione è ora ribadito dalla recente decisione, sempre della Cassazione in commento, la quale era ovviamente a ciò ovviamente vincolata.

Nonostante la riconferma del principio riportato all’inizio di queste brevi note, la sentenza della Cassazione dello scorso dicembre è in quanto – proprio facendo leva sull’impostazione delle sezioni unite – ha svolto ulteriori riflessioni al fine di confutare le argomentazioni dell’assicurazione che aveva proposto ricorso e che intendevano valorizzare il fatto che la nozione di circolazione dovrebbe aver riguardo al movimento orizzontale dell’intero veicolo e che, quindi, per potervi essere circolazione e danno da circolazione dovrebbe verificarsi  lo spostamento dell’intero veicolo.

Un tale spostamento, in senso orizzontale, dell’intero veicolo (come quello che ogni veicolo comune ottiene grazie alla propulsione del motore) non sarebbe avvenuto nella fattispecie in questione in quanto, come si verifica di sovente, il danno era stato provocato da una struttura (braccio meccanico), che costituiva comunque parte del veicolo assicurato il quale, seppure fermo, era in movimento con una sua parte funzionale.

Rispetto a tale prospettazione la Corte precisa che il danno è stato comunque causato dal movimento del veicolo e rientra perciò nel concetto di circolazione, in quanto non è giuridicamente possibile distinguere tra movimento dell’intera massa e movimento di una sola parte del veicolo.

Una tale impossibilità di distinguere tra le due situazioni deriva, secondo la Cassazione sia dalla lettera della legge, nella quale tale distinzione non si rinviene, sia dallo scopo della legge sull’assicurazione obbligatoria per la rca, che è quello di tutelare le vittime ed impone pertanto un’interpretazione coerente con tale finalità.

Per giunta, ed ancora con specifico riguardo alla prospettazione della ricorrente impresa assicuratrice, relativa alla asserita necessità di una interazione funzionale tra circolazione movimento dell’intero veicolo, la Cassazione afferma come essa, oltre a non possedere alcun addentellato normativo, condurrebbe anche ad un’interpretazione non consentita dall’ordinamento costituzionale e da quello comunitario.

Quanto al rispetto dei principi costituzionali, rappresenta infatti impostazione consolidata quella per cui la disciplina dell’assicurazione della rca è finalizzata alla maggior tutela possibile per le vittime della strada, come risulta fin dalla notissima sentenza della Consulta n. 77 del 1983, che aveva affermato come la disciplina sull’assicurazione obbligatoria della rca, “ponendo in massimo rilievo la tutela del terzo danneggiato per eventi causati dalla circolazione dei veicolo, persegue il raggiungimento delle maggiori garanzie patrimoniali in suo favore”.

Per quanto poi riguarda i principi di diritto europeo, il riferimento effettuato dalla recente pronuncia della Cassazione è quello – ugualmente ispirato al raggiungimento del più elevato livello di tutela per le vittime della strada – contenuto nel II, XII e XIV Considerando della direttiva 2009/103/CE, e poi ripetutamente ribadito nella interpretazione offerta dalla Corte di giustizia dell’Unione europea.

Una interpretazione diversa, e più restrittiva, come quella proposta dall’assicurazione ricorrente, non sarebbe assolutamente coerente con i principi, costituzionali e comunitari, sinteticamente riassunti.

In estrema sintesi, quindi, la finalità sociale di tutela dei danneggiati è di estensione tale da far rientrare nel danno da circolazione – con conseguente applicabilità del regime probatorio agevolato di cui all’art. 2054 c.c. ed operatività dell’assicurazione obbligatoria per la r.c.a. – anche quello prodotto dall’uso concreto del veicolo, posto in circolazione anche statica (sosta), alla sola condizione che quell’uso produttivo di danno rientri tra le caratteristiche funzionali per le quali il veicolo è omologato (e quindi danno prodotto da autogru montata su veicolo o autocarro, da braccio meccanico, da braccio elevatore, e finanche da scarico merci).

Avv. Leonardo Bugiolacchi

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