Attendibilità dei testimoni e sinistro stradale. La Corte di Appello di Catanzaro, in riforma della decisione del Tribunale di Paola, assolveva dai reati di lesioni colpose e dai reati di omesso arresto e di omessa assistenza del pedone investito per insussistenza dei fatti (Cassazione Penale, sez. IV, 20/01/2022, (ud. 20/01/2022, dep. 16/02/2022).

Attendibilità dei testimoni nel sinistro stradale inerente l’investimento del pedone conduce alla declaratoria di assoluzione per insussistenza dei fatti.

La Corte, nello specifico, escludeva la attendibilità dei testimoni che dichiaravano di avere assistito al fatto e di avere riconosciuto l’imputato alla guida di uno scooter, investire da tergo il pedone, in quanto la suddetta ricostruzione appariva incompatibile con la successione degli eventi avvenuti dopo il sinistro.

L’imputato,  avrebbe recuperato il mezzo da terra, lo avrebbe spostato in una strada laterale, si sarebbe spostato a piedi per recuperare un autoveicolo per poi tornare sul luogo del sinistro per caricare i pezzi della carrozzeria dello scooter rimasti per terra.

Argomentava il giudice distrettuale che le fasi successive al sinistro, riferite da altro testimone, apparivano inverosimili in quanto intervenute mentre il pedone si trovava ancora sul luogo del sinistro e inconciliabili con le dichiarazioni di quest’ultimo che aveva riferito di essere stato colpito da tergo da un utente della strada che si era allontanato immediatamente così da non poterlo identificare.

In buona sostanza, l’attendibilità dei testimoni non viene ritenuta sussistente.

La parte civile ricorre in Cassazione lamentando manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione per avere il giudice di appello riconosciuto la inconciliabilità della testimonianza con le dichiarazioni della persona offesa.

La Suprema Corte osserva che la Corte di Appello ha escluso l’attendibilità dei testimoni che hanno ricostruito le fasi post investimento in termini talmente articolati da non consentire di comprendere come la persona offesa, che pure ha dichiarato di essere stata soccorsa, non abbia avuto alcuna percezione o rappresentazione del mezzo che lo aveva investito e del soggetto che lo conduceva, tenuto conto delle operazioni che secondo teste sarebbero state svolte dall’imputato non solo per portare via la moto,  ma anche per recuperare i pezzi di carrozzeria che erano rimasti sull’asfalto.

Il tentativo del ricorrente di fornire una plausibile giustificazione di tale discrepanza non solo si sostanzia in una ricostruzione alternativa dei fatti che la Corte di Appello ha ritenuto insostenibile con adeguata motivazione, ma si scontra con quanto narrato dalla stessa persona offesa e cioè di essere tornato a casa a piedi e di non avere avuto alcuna contezza sul mezzo che lo aveva investito.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e dell’importo di euro tremila a favore della Cassa Ammende.

La redazione giuridica

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