L’automobilista che si allontana dal luogo del sinistro stradale dopo avere fornito le generalità non deve essere sottoposto a revisione della patente
L’automobilista coinvolto nel sinistro non può essere sottoposto a revisione della patente solo perché si accorda con il responsabile dell’incidente per allontanarsi dopo aver fornito le sue generalità, tale è il decisum del TAR Veneto (Sez. I, sentenza n. 188 del 25 febbraio 2020). La vicenda che vede coinvolto l’automobilista trae origine da un sinistro stradale, che non coinvolgeva direttamente l’uomo.
L’uomo, dopo essersi fermato a prestare soccorso all’altro conducente, identificandosi, chiarendosi e accordandosi con una terza persona intervenuta sul luogo per chiamare immediatamente i soccorsi e le forze di polizia, si allontanava.
Le Forze dell’Ordine elevavano sanzione nei suoi confronti per omissione di soccorso.
Contro il conseguente provvedimento di revisione della patente con esame di idoneità medica e tecnica l’interessato proponeva ricorso al Collegio che veniva accolto.
Il provvedimento cautelare adottato dalla motorizzazione ai sensi dell’art. 128 c.d.s. si limitava a richiamare il sinistro e l’allontanamento dell’autista dal luogo dell’evento.
Il Giudice Amministrativo evidenzia che nel provvedimento di revisione della patente non vengono indicate “quali siano le ragioni che hanno portato l’Amministrazione a ravvisare, nel comportamento tenuto dal ricorrente, un fatto idoneo a giustificare la revisione della patente di guida, non consentendo in tal modo di comprendere su quali elementi si sia fondato tale giudizio”.
In pratica, considera il Tribunale, se in linea di principio anche una sola infrazione al Codice della Strada debitamente documentata può mettere in discussione l’idoneità tecnica alla guida del conducente, nel caso sottoposto all’esame non sono stati forniti elementi idonei a supportare adeguatamente questo dubbio.
L’obbligo di motivazione degli atti impositivi assume una speciale rilevanza in ragione della delicatezza della funzione assolta dalla motivazione soprattutto in relazione alle norme che hanno imposto la motivazione degli atti amministrativi.
Le norme in materia di procedimento amministrativo, oltre alla riaffermazione di princìpi già rinvenibili nella Costituzione, quali quelli di imparzialità, buon andamento e trasparenza dei pubblici poteri, hanno imposto l’adeguamento delle organizzazioni amministrative dello Stato a criteri di funzionalità rispetto ai compiti assegnati.
L’obbligo di esporre tale ragione è sancito a livello costituzionale (art.111, primo comma, Cost.) per tutti i provvedimenti giurisdizionali.
Tuttavia analoga disposizione non è rinvenibile nella Carta fondamentale in relazione ai provvedimenti amministrativi; per questi ultimi l’origine dell’istituto è di natura giurisprudenziale.
Pertanto, ciò che qualifica l’atto amministrativo non è il perseguimento di un qualsiasi fine pubblico, bensì la realizzazione, soltanto, di quella finalità specifica che la singola norma d’interesse individua ed affida, in maniera puntuale, alla cura dei pubblici poteri.
Lo strumento per poter verificare, caso per caso, se una certa attività amministrativa sia, oppure no, viziata da questa particolare ipotesi di “sviamento del potere”, è la motivazione dell’atto, poiché soltanto attraverso l’indagine sui motivi per i quali un certo atto è stato emanato, è possibile verificare la corrispondenza fra lo scopo in concreto perseguito ed il fine astratto previsto dalla norma.
Il Provvedimento irrogato all’automobilista è privo di motivazione e pertanto viene annullato dal Tribunale.
Avv. Emanuela Foligno
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