Sottovalutato aumento del marker tumorale CA 15-3

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Aumento del marker CA 15-3 sottovalutato dai Sanitari

Aumento del marker tumorale CA 15-3 sottovalutato ed errato e inadeguato trattamento diagnostico e terapeutico è ciò che la paziente lamenta in danno dell’Istituto (Tribunale Milano, sez. I, 09/02/2022, n.1100).

Aumento del marker tumorale CA 15-3 sottovalutato dai Sanitari e i congiunti della paziente chiamano a giudizio l’Istituto e il Medico onde vederne accertata la responsabilità per il decesso della donna.

Viene dedotto erroneo ed inadeguato trattamento diagnostico e terapeutico del carcinoma mammario che aveva colpito la paziente nel 2008. All’esito di visita senologica e degli accertamenti clinici disposti la donna era stata sottoposta ad intervento di “quadrantectomia radioguidata retroareolare e supero esterna mammella destra con biopsia linfonodo sentinella ascellare destro e rimodellamento plastico”.

Gli esiti dell’esame istologico del 5.2.2009, avevano posto la diagnosi di carcinoma duttale microinvasivo scarsamente differenziato e gli oncologici avevano quindi redatto programma terapeutico non prevedente alcun trattamento precauzionale sistemico, ma solo la radioterapia complementare.

Nel mese di luglio 2012, a seguito di un aumento del marker tumorale CA 15-3 cinque volte superiore alla norma, si era sottoposta a visita ambulatoriale, sempre presso l’Istituto, e ad indagini strumentali che rilevavano la presenza di numerose lesioni metastatiche a livello polmonare, epatico e scheletrico. La donna veniva sottoposta a sette cicli di chemioterapia tra agosto 2012 e marzo 2013, a radioterapia a livello encefalico nel settembre 2012, ad ulteriori trattamenti chemioterapici da marzo ad agosto 2013 e di nuovo da gennaio a marzo 2014 fino ad un ricovero a maggio 2014 ed al decesso nel mese di giugno 2014.

Secondo gli attori, tale iter clinico ed il successivo decesso, erano dovuti ad una condotta colposa dei convenuti. In particolare era stato riscontrato dai CTP un erroneo inquadramento della malattia in sede di referto istopatologico, che, diversamente da quanto stabilito in tale referto, era un carcinoma duttale infiltrante ad altra aggressività biologica e che avrebbe quindi richiesto un trattamento terapeutico diverso, costituito da chemioterapia e terapia biologica, in aggiunta alla radioterapia, la cui esecuzione avrebbe comportato circa il 97% delle percentuali di sopravvivenza.

Inoltre, sempre secondo gli attori, l’Istituto avrebbe sottovalutato l’aumento del marker CA 15-3, aumento costante, che già nel febbraio 2012 aveva raggiunto il limite massimo previsto dai protocolli medici, così permettendo al tumore di diffondersi per ulteriori sei mesi.

Per contro, l’Istituto contesta ogni responsabilità e deduce che era onere degli attori provare il nesso causale tra condotta del Medico ed il danno patito e dimostrare l’erroneità del referto istologico, e che, in presenza di un referto diverso, la paziente sarebbe stata sottoposta ad un piano terapeutico diverso, oltre che l’efficacia di tali diverse terapie.

Dalla relazione peritale emerge che:

a) la paziente, all’epoca dei fatti di anni 43, nel gennaio 2009 è stata sottoposta presso l’Istituto Europeo Oncologico ad intervento di quadrantectomia retroareolare e supero esterna destra per carcinoma duttile mammario;

b) in base alla valutazione istopatologica eseguita, la malattia fu interpretata come carcinoma duttale microinvasivo, scarsamente differenziato, con prevalente componente di neoplasia intraepitiale dei dotti di tipo comedo. Il linfonodo sentinella è risultato esente da metastasi, stadio pT1 mic (is, pNO (0/1), G3 con caratteristiche biologiche ER 0%, Pgr 0%, HER 2 3+, attività proliferativa elevata (Ki 67% 60%);

c) in base a queste caratteristiche tumorali non è stata prescritta alcuna terapia adiuvante sistemica, ma è stata prescritta ed eseguita radioterapia sulla mammella destra per 60 giorni;

d) dopo un intervallo di 42 mesi dalla chirurgia, è comparsa recidiva diffusa ed all’esito delle indagini cliniche si è riscontrato che la malattia era presente sia a livello linfonodale superficiale e profondo sovra e sotto diaframmatica, sia a livello polmonare bilaterale, a livello epatico e a livello scheletrico;

e) data l’evoluzione inattesa, fu eseguita una rivalutazione dei preparati istologici presso l’Istituto Tumori di Milano in data 18.9.2014, che evidenziava la presenza di carcinoma duttale infiltrante con diametro di 8 mm;

f) nel corso delle operazioni peritali, è stata fatta eseguire una revisione istopatologica dei preparati riferiti a quadrantectomie mammarie ed alla biopsia del linfonodo sentinella della paziente, dopo il recupero dei campioni rimossi chirurgicamente in data 5.2.2009;

g) la diagnosi istopatologica dei vetrini ha certificato la presenza di un focolaio di carcinoma invasivo, misurabile sui preparati in esame con un diametro massimo di 4 mm;

h) sono stati inoltre esaminati dall’anatomopatologo anche i preparati istologici oggetto della revisione, con esito di conferma del diametro di lesione indicato nel referto, pari a 8 mm;

i) si è quindi ritenuto corretto quanto attestato nel referto dell’Istituto Nazionale Tumori e, conseguentemente, la sussistenza di una refertazione dell’anatomopatologo effettuata presso le strutture dell’Istituto convenuto che ha portato alla non corretta diagnosi di micro carcinoma, anziché di carcinoma duttale infiltrante;

j) qualora la diagnosi di carcinoma duttale infiltrante fosse stata correttamente posta nel 2009, la paziente avrebbe potuto essere valutata per un diverso percorso terapeutico volto a ridurre il rischio di ricaduta della malattia.

Sulla scorta delle risultanze della CTU risulta raggiunta la prova degli elementi costituitivi dell’illecito contrattuale ed extra contrattuale ascritto ai convenuti.

Come si evince dalla relazione peritale, l’erroneità della lettura dell’esame istologico, già emersa in sede di revisione dell’esame istologico, è stata confermata nel corso dell’esame dei reperti da parte dell’ Anatomopatologo di cui si sono avvalsi i CTU, che ha riguardato sia i campioni ed i vetrini originariamente allestiti,  sia quelli di cui agli approfondimenti eseguiti presso l’Istituto Nazionale Tumori.

L’approccio terapeutico, invece, è esente da censure tenuto conto del fatto che l’aumento del marker CA 15-3 era minimo (38,4 U/I), a fronte di un valore massimo di 38 – mentre invece negli esami del luglio 2012 il valore era pari al quintuplo del valore massimo – e considerato che in concomitanza alle analisi, erano state eseguite anche indagini come la mammografia, eco mammaria, eco addome, eco transvaginale che risultavano nella norma.

Il Giudice condivide gli esiti della CTU e condanna i convenuti al risarcimento dei danni.

Avv. Emanuela Foligno

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