Stalking, per la configurazione del reato è sufficiente lo stato di ansia

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La Cassazione (Cass. Civ., sezione terza, 2478/2025) ribadisce e dà continuità a un principio fondamentale in materia di atti persecutori e stalking: ansia e timore per la propria incolumità sono sufficienti per configurare il reato.

Ancora una volta vengono ribaditi i principi fondamentali in tema di atti persecutori, la Suprema Corte ripercorre i confini della condotta necessaria per integrare il reato di stalking, disciplinato dall’art. 612-bis del Codice Penale. La sentenza si presenta interessante per comprendere quali comportamenti possano essere considerati penalmente rilevanti e come la “percezione” della vittima giochi un ruolo centrale.

Il reato di stalking

Una doverosa precisazione: secondo la norma disciplinante la materia, commette il reato di atti persecutori chiunque, con condotte reiterate, cagiona nella vittima uno stato di ansia o paura, o le procura un fon dato timore per la propria incolumità o per quella di una persona a lei vicina.

La norma, in sostanza, richiede che le azioni del colpevole siano idonee a provocare uno stato di grave disagio psicologico o a costringere la vittima a modificare le proprie abitudini di vittima.

Ebbene, la Cassazione ribadisce che, per la configurazione del reato, non è necessario che le condotte persecutorie sfocino in minacce o aggressioni fisiche dirette. È sufficiente che gli atti persecutori siano tali da incutere nella vittima uno stato di ansia e timore per la propria incolumità personale.

La soggettiva percezione di pericolo da parte della vittima è elemento centrale

Questo significa che la soggettiva percezione di pericolo da parte della vittima, se giustificata dalle circostanze, è un elemento centrale per la configurazione del reato.

Nel caso che stiamo esaminando, l’imputato aveva posto in essere comportamenti ripetuti e intrusivi, come appostamenti nei pressi dell’abitazione della vittima, telefonate continue e messaggi minacciosi. La vittima aveva dichiarato di vivere in uno stato di costante ansia e paura, tanto da evitare di uscire di casa da sola.

La Corte di Cassazione, confermando le decisioni dei Giudici di merito, ha riconosciuto che tali condotte rappresentavano un grave turbamento per la serenità e la sicurezza della vittima, integrando pienamente gli elementi del reato di atti persecutori.

Avv. Emanuela Foligno

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