È censurabile la decisione del giudice di merito che, nella liquidazione del danno, non tiene conto delle sofferenze di carattere morale o soggettivo patite dalla vittima di incidente stradale e delle assai precarie condizioni di vita che lo accompagneranno per tutta la vita
I genitori di un minore avevano agito in giudizio al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti dal proprio figlio, vittima di incidente stradale. Da quanto accertato il ragazzo, alla guida del proprio ciclomotore, subito dopo essere uscito da una stazione di servizio e appena immessosi nella sede stradale, veniva violentemente investito dall’autovettura condotta dal convenuto che sopraggiungeva percorrendo la stessa strada in direzione opposta.
Si costituirono in giudizio il conducente del veicolo antagonista e la propria compagnia assicuratrice, i quali resistettero alla domanda eccependo l’esclusiva responsabilità del minore, per essersi immesso nel flusso della circolazione con manovra inattesa ed imprevedibile, seguendo una traiettoria perpendicolare all’asse stradale ed essendo peraltro, sprovvisto del casco di protezione.
All’esito del giudizio di primo grado, l’adito Tribunale, ritenuto il concorso di colpa del minore nella misura del 20% e stimata nel 100% la percentuale di invalidità permanente residuata a suo danno, condannò il convenuto e la compagnia assicuratrice (nei limiti del massimale assicurativo) a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dal danneggiato.
Appello e ricorso per cassazione
La Corte d’appello di Perugia ripartì diversamente le percentuali di colpa concorrente, attribuendola in maggior misura (60%) al minore e solo nella residua percentuale del 40% al convenuto; ed inoltre, aderendo alle conclusioni del CTU, determinò nella misura dell’85% la percentuale di invalidità permanente residuata a danno del ragazzo, riducendo così proporzionalmente il risarcimento ad esso spettante nei seguenti importi:
- 480.435 euro a titolo di danno non patrimoniale biologico da invalidità temporanea e permanente, sulla base delle tabelle milanesi (applicando l’aumento percentuale massimo del 25% ivi previsto per personalizzazione del danno);
- 117.529,00 euro per danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa specifica;
- 240.000 euro per danno patrimoniale rappresentato dalle spese di assistenza generica e specifica già sostenute e da sostenere in futuro;
- 102.000 euro in favore di ciascuno dei genitori.
La vicenda è così approdata in Cassazione: i giudici della Terza Sezione Civile (sentenza n. 2461/2020) hanno accolto il ricorso del danneggiato contro la decisione della corte d’appello di riduzione del risarcimento del danno.
Nella specie, il Supremo Collegio ha ritenuto insufficiente la liquidazione operata dal giudice di merito in ordine alle sofferenze morali patite dal minore.
La Corte d’appello nel liquidare il danno sofferto dalla vittima aveva fatto riferimento sempre e soltanto al danno biologico da invalidità permanente e temporanea, senza alcun espresso richiamo alle sofferenze morali “che non possono considerarsi comprese nella nozione di danno biologico”.
La decisione
Ai fini della liquidazione del suddetto danno, la corte d’appello aveva espressamente dichiarato di aver fatto applicazione della tabella elaborata dal Tribunale di Milano, aggiornata al 2014, la cui nota esplicativa, come noto, precisa che nel valore del punto base è calcolata anche la componente del danno morale; all’importo così calcolato sulla base della tabella, aveva poi applicato la “personalizzazione massima del 25%, anche questa determinata secondo i parametri delle tabelle milanesi”; “ciò però- hanno chiarito gli Ermellini -, non è sufficiente a riconoscere nella liquidazione operata una effettiva ed adeguata valutazione delle sofferenze morali, in assenza di alcun riferimento alla loro consistenza e gravità nel caso concreto”.
In altre parole, la sentenza impugnata era errata per la evidente omissione da ogni considerazione dei pregiudizi di carattere morale o soggettivo conseguenti alle gravissime lesioni subite dalla vittima e alle assai precarie condizioni di vita che lo avevano pregiudicato in modo permanente.
La redazione giuridica
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