La Cassazione ha confermato il concorso di colpa della vittima di un incidente stradale, nella misura del 30%, perché al momento dell’impatto non indossava le cinture di sicurezza 

La vicenda

I familiari della vittima di un sinistro stradale avevano citato in giudizio, dinanzi al Tribunale di Vicenza, rispettivamente conducente, proprietario ed assicuratore del mezzo antagonista, per sentirli condannare in solido, al risarcimento di tutti i danni subiti a causa dell’incidente.

La vittima era una donna, terza trasportata a bordo di un furgone e, deceduta a seguito dell’impatto. L’incidente era stato provocato dal veicolo del convenuto che, non rispettando il semaforo che portava luce rossa, aveva occupato l’incrocio andando ad urtare contro il furgone.

In primo grado il Tribunale accolse la domanda degli attori, pur riconoscendo un concorso di colpa in capo alla loro congiunta, nella misura del 30 per cento, per non avere allacciato le cinture di sicurezza. Stesso esito in appello, ove la decisione impugnata, trovava conferma.

La pronuncia della Cassazione

Sulla vicenda si sono, infine, pronunciati anche i giudici della Quarta Sezione Civile della Cassazione (sentenza n. 21747/2019) che hanno condiviso l’accertamento operato dai giudici di merito in ordine al riconosciuto concorso di colpa.

Preliminarmente è stato ribadito che “in materia di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, la ricostruzione delle modalità del fatto generatore del danno, la valutazione della condotta dei singoli soggetti che vi sono coinvolti, l’accertamento e la graduazione della colpa, l’esistenza o l’esclusione del rapporto di causalità tra i comportamenti dei singoli soggetti e l’evento dannoso, integrano altrettanti giudizi di merito, come tali sottratti al sindacato di legittimità se il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico” (sentenze 23 febbraio 2006, n. 4009, 25 gennaio 2012, n. 1028 e 30 giugno 2015, n. 13421, nonché l’ordinanza 22 settembre 2017, n. 22205).

Nel caso di specie, la Corte d’appello di Venezia, con motivazione adeguata e priva di vizi logici, aveva illustrato con chiarezza le ragioni per le quali aveva ritenuto di confermare la decisione del giudice di primo grado, riconoscendo un concorso di colpa, nella misura del 30 per cento, a carico della vittima; era pervenuta a tale conclusione considerando il fatto che quest’ultima non avesse allacciate le cinture di sicurezza nel momento dello scontro fatale.

A fronte di una simile ricostruzione, il ricorso formulato dai familiari della vittima era risultato – a giudizio degli Ermellini – inammissibile, in quanto volto ad ottenere un nuovo e non consentito esame del merito.

La redazione giuridica

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