Nella città di Bologna, dal 1989 al 2014, l’amianto ha mietuto 749 vittime. 403 di queste lavoravano alle Officine Grandi Riparazioni (OGR),  “colpevoli” di aver convissuto per troppo tempo con la fibra killer con cui si isolavano le carrozze delle Ferrovie dello Stato fino al 1992, anno di messa al bando dell’amianto. La vera entità del dramma è stata resa nota nell’istruttoria pubblica voluta finalmente dal Comune di Bologna nel dicembre scorso. Durante il periodo di riferimento, entravano nell’area di via Casarini almeno 100 tonnellate di amianto l’anno e fino al 1990 i treni, tra cui il famoso Pendolino, erano ancora imbottiti di amianto. Quello stesso amianto che i lavoratori per decenni hanno usato e maneggiato con disinvoltura fino a quando non hanno cominciato ad ammalarsi. E morire. I volti, le storie e la memoria di circa duecento lavoratori morti per asbestosi, cioè di amianto, sono stati raccolti all’interno degli stessi capannoni, creando un vero e proprio museo dedicato alle vittime del lavoro, voluto da Salvatore Fais, combattivo delegato sindacale e rappresentante per la sicurezza dei lavoratori, solo da qualche giorno in pensione. “Il museo alle vittime è stato aperto alla cittadinanza -racconta Fais- lo scorso 28 aprile, durante la giornata dedicata alle vittime dell’amianto, quando una catena umana ha circondato l’intero perimetro delle ex-OGR, gli oltre 120 mila metri quadrati nel quartiere Porto, oggi di proprietà Trenitalia e in dismissione. Ma non tutto l’amianto stato completamente bonificato, una parte è stata solo confinata” denuncia Fais. Oltre il danno, la beffa:  l’ INAIL non ha ancora riconosciuto l’esposizione professionale agli ex-lavoratori OGR , i quali, quindi, non possono usufruire dei benefici di legge per gli esposti all’asbesto, quel prepensionamento per la minor aspettativa di vita. Proprio le statistiche epidemiologiche, visto il periodo lungo di incubazione della malattia, stimano che il picco di mortalità per coloro che hanno maneggiato amianto tra gli anni ’80 e ’90 all’OGR ci sarà tra il 2015 e il 2020. Ecco perché Fais, lo scorso 28 luglio, si è incatenato, in un gesto estremo, all’esterno della sede bolognese dell’Istituto previdenziale, ottenendo almeno un impegno di mediazione da parte del Prefetto Sodano.

Sono molte le testimonianze a conferma della pericolosità degli ambienti di lavoro dell’OGR: Matteo Antonio, responsabile del reparto scoibentazione delle carrozze, in OGR per 32 anni racconta che “i reparti di lavorazione e riparazione delle carrozze erano tutti contigui e in un ambiente unico, la polvere d’amianto volava dappertutto, dalla falegnameria, alla tappezzeria agli elettricisti fino alla mensa”.  Matteo Antonio vince un concorso nel 1970 e con lui, nel giro di tre anni, furono assunti altri 1000 operai. L’officina in cui lavorava era specializzata nella riparazione degli elettrotreni e dei treni ad alta velocità. L’asbesto era ovunque: dalle guarnizioni all’isolamento di pareti e pavimenti.  Per coibentare completamente una carrozza venivano impiegati fino a 250 kg di amianto. Ma già alla fine degli anni ’70 si capì che qualcosa non andava: cominciarono a morire gli operai specializzati della Davidson e Rhodes di Genova, la ditta genovese incaricata di spruzzare le pareti dei treni con l’amianto. Quei pezzi che, secondo la testimonianza dell’operaio,  all’OGR spolveravano e tagliavano senza nessuna protezione, neppure una mascherina, nonostante già numerose leggi precedenti avevano cercato di arginare i danni da esposizione all’amianto, obbligando i datori di lavoro a fornire ai lavoratori “i necessari mezzi di protezione” per proteggersi dalle polveri. Così, mentre Antonio lavorava in officina già da tre anni a contatto con la fibra killer senza nessuna protezione e senza che il Servizio Sanitario interno delle FS obbligasse all’uso di protezioni e mascherine, lo Stato, con il Decreto Ministeriale del 18/4/1973, ribadiva che l’esposizione all’amianto poteva provocare il cancro. Ma noi non lo sapevamo, nessuno ci aveva detto niente – racconta l’ex ferroviere- internet non esisteva e per capire quello che stava succedendo abbiamo cominciato da soli a cercare  informazioni e andare a vedere cosa succedeva nelle altre aziende”.
Iniziò così un viaggio che portò gli operai delle OGR ad incontrare le maestranze della Italcantieri di Monfalcone, dove gli operai spruzzavano fino a 40 centimetri di spessore di amianto, contro i quattro dei colleghi bolognesi, e all’Italsider di Genova. Lì scoprirono che i lavoratori si erano fabbricati da soli tubi respiratori collegati a dei motorini elettroventilati per non respirare le fibre. Così cominciarono anche loro ad utilizzare delle protezioni minime. La coibentazione avveniva, comunque, a porte aperte. E dopo una battaglia cominciata nel 1979, ottennero nel 1984 una linea di smontaggio in completo isolamento e le docce di decontaminazione. Ma ormai era troppo tardi, perché proprio quell’anno, si cominciò a morire d’amianto.

Dopo la messa al bando dell’amianto nel 1992, l’OGR realizzò il protocollo sulla sicurezza, fatto da ENEA, da affiancare al piano decennale delle Ferrovie dello Stato per la bonifica del materiale rotabile. Nel frattempo si diede in appalto esterno la rimozione dell’amianto dalle carrozze. Vagoni che poi ritornavano a Bologna, ma che erano stati trattati male, sporchi e pieni di polvere d’amianto.

Tra le aziende appaltatrici, c’era l’Isochimica di Avellino, di cui abbiamo già avuto modo di parlare in articoli precedenti,  dove si lavorava senza nessun regola e precauzione per la salute dei lavoratori. La silenziosa strage tra gli ex-lavoratori è in atto anche lì. “Nonostante la messa al bando dell’amianto ci sono voluti gli scioperi per ottenere le visite di ARPA e AUSL all’interno delle OGR e l’intervento del Procuratore Guariniello per denunciare l’enorme quantità di vetture ancora da bonificare” ricorda Antonio. Intanto le rilevazioni fornivano dati agghiaccianti: oltre 800 fibre /litro a cui chiunque fosse nel perimetro delle officine, dagli operai agli impiegati, era esposto. Come la signora Iole, mancata lo scorso Natale per mesotelioma. “Iole era in servizio al bar della mensa, era andata in pensione proprio nel 1984. E si è ammalata per aver convissuto con noi operai e le nostre tute sporche di polvere”.

Ma chi sta pagando per tutto questo? Oltre ai risarcimenti corrisposti da FS/Trenitalia nelle cause civili, dal punto di vista penale c’è stata una sola condanna  per omicidio colposo aggravato passata in giudicato perché l’imputato è, nel frattempo, deceduto. Un’altra sentenza, di assoluzione in primo grado,  nel marzo di quest’anno, è stata ribaltata dalla Corte d’Appello. E questa è l’unica  timida vittoria.  Timida se si pensa che l’imputato, unico sopravvissuto, allora responsabile del Materiale Trazione, farà ricorso in Cassazione e ha 92 anni.

“Si tratta di un precedente importante anche per altri processi che si stanno facendo e si faranno in tutta l’Emilia Romagna, come quello per il Petrolchimico di Ravenna-  afferma il sindacalista della CGIL bolognese, Andrea Caselli – che dà forza a chi sta soffrendo, a tutti coloro che affollano gli sportelli che, come Associazione Familiari e Vittime dell’Amianto, abbiamo aperto a Reggio Emilia e Bologna. Oltre che nelle Officine Grandi Riparazioni, Casaralta, Breda Menarini Bus di Bologna e l’Eternit di Rubiera, il cemento-amianto è stato usato dappertutto: dalle tubature dell’acqua, all’edilizia fino al petrolchimico.”  Ma la mappatura regionale è ancora ferma al 2004 e sono ancora tantissimi gli edifici pubblici e privati coperti di amianto. Se non verrà bonificato presto,  l’amianto continuerà silenziosamente ad uccidere.

Ritieni di essere vittima di esposizione all’amianto? Chiama Responsabile Civile per una consulenza gratuita con i nostri esperti al numero 06/69320026 o scrivi alla redazione: redazione@responsabilecivile.it

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1 commento

  1. Ho lavorato dal 1970 al 1987 presso ANSALDO TRASPORTI di Napoli
    L’inail mi ha riconosciuto per questi anni il 50% in piu’ di contributi INPS ed un invalidità per “PLACCHE PLEURICHE”del 6% e liquidato con circa 3.000,00 €.
    Chiedo se per il mio caso e’ sopravvenuta qualche legge nuova visto che attualmente ,non avendo completato gli anni contributivi per andare in pensione ,vivo con un assegno sociale di 460,00 euro mensili ?
    GRAZIE

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