Amputazione dell’avampiede come conseguenza del sinistro stradale (Cassazione civile, sez. VI,  dep. 18/07/2022, n.22481).

Amputazione dell’avampiede sinistro come conseguenza del sinistro stradale e richiesta di oltre cinquecentomila euro di risarcimento.

Il danneggiato citava dinanzi il Tribunale di Roma il responsabile del sinistro stradale e l’assicurazione  chiedendo il risarcimento del danno, cagionato da sinistro stradale, nella misura di Euro 515.792,13 (già detratto l’importo di Euro 145.000,00 corrisposto dall’assicuratore).

Il Tribunale, ritenuta la responsabilità della parte convenuta e quantificata nella misura del 33% l’invalidità permanente del danneggiato, accoglieva la domanda condannando i convenuti in solido al pagamento di Euro 217.311,23 (già detratto l’importo di Euro 145.000),  oltre Euro 30.000,00 a titolo di lucro cessante per la perdita dell’incarico di istruttore di paracadutismo e Euro 120.000,00 per l’incarico conferito della direzione di un cantiere.

Avverso detta sentenza proponeva appello l’Assicurazione e appello incidentale il danneggiato. La Corte d’appello di Roma, in parziale accoglimento di entrambi gli appelli, condannava l’assicurazione al pagamento dell’ulteriore importo di Euro 5.381,24, a titolo di personalizzazione del danno biologico, con compensazione delle spese “in considerazione del risultato raggiunto”.

Osservava il Giudice d’Appello, per quanto qui rileva, che il caso presentava circostanze di fatto, specifiche e peculiari, ulteriori rispetto a quelle comuni: l’amputazione dell’avampiede sinistro, tre interventi chirurgici ulteriori, con conseguenti particolari sofferenze in termini di riflessi soggettivi dell’amputazione dell’avampiede patita, tanto più che per effetto dell’amputazione era stata persa per sempre la possibilità di praticare il paracadutismo come istruttore, circostanza che non era una conseguenza ordinaria di un’amputazione, e ne era derivato anche il maggior affaticamento nell’esercizio dell’attività professionale di ingegnere. Aggiungeva, che il primo Giudice applicando le Tabelle del Tribunale di Roma, in base all’età al momento del sinistro (36 anni) e alla misura dei postumi invalidanti (33%), aveva liquidato l’importo di Euro 120.912,12 e che con la liquidazione di Euro 80.000,00 a titolo di personalizzazione il Tribunale era andato oltre l’oscillazione prevista dalle tabelle del Tribunale di Roma, la quale era fra il minimo del 15% (pari a Euro 18.154,65) ed il massimo del 45% (pari ad Euro 54.464,56).

Conseguentemente, la liquidazione del danno biologico con la personalizzazione non poteva essere superiore a Euro 175.497,89 (121.033,33 + 54.464,56), laddove invece con la sentenza era stato riconosciuto l’importo di Euro 200.912,12 (120.912,12 + 80.000,00). Tuttavia,  dovendo trovare applicazione le tabelle del Tribunale di Milano, in base alle quali spettava l’importo di Euro 182.560,50, con previsione di percentuale massima per la personalizzazione pari al 26% (ossia 47.465,73), la percentuale più congrua al danno subito era pari al 13%, per cui spettava l’importo complessivo di Euro 206.293,36, di cui Euro 182.560,50 quale danno biologico e Euro 23.732,86 pari al 13% quale percentuale di personalizzazione, per una differenza di Euro 5.381,24 rispetto all’importo liquidato dal Tribunale.

L’assicurazione propone ricorso per cassazione e osserva che l’importo di Euro 80.000,00 era stato riconosciuto dal Tribunale di Roma a titolo di danno non patrimoniale nelle diverse componenti del danno morale e della personalizzazione, senza superare la percentuale massima tabellare attinente al danno morale, ma sommando alla stessa la liquidazione della personalizzazione, la quale può arrivare fino al 30% del danno biologico ai sensi del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 138, comma 3. Aggiunge che la Corte d’appello, liquidando la mera percentuale di cui alle tabelle milanesi (peraltro al 50% del valore massimo), ha riconosciuto solo il danno morale e non anche la personalizzazione del danno biologico (pag. 23 del ricorso), voci entrambe spettanti quali autonome componenti del danno non patrimoniale. Osserva ancora che vi era giudicato interno con riferimento alla applicazione delle percentuale massima.

La censura è inammissibile.

Secondo l’assicurazione il Giudice di merito avrebbe riconosciuto il danno morale, omettendo di provvedere alla liquidazione della personalizzazione. In realtà il Tribunale aveva considerato l’importo di Euro 80.000,00 quale “personalizzazione” del danno biologico sotto il profilo dei “riflessi soggettivi” di tale danno accertati mediante indagine medico legale. La Corte d’appello ha applicato rispetto all’importo di Euro 182.560,50 per danno biologico la percentuale di aumento pari al 13% corrispondente alla “personalizzazione del danno stesso”. Non vi è stato quindi riconoscimento da parte del giudice di appello di un’autonoma voce per danno morale, diversamente da quanto ipotizzato nel ricorso, ma soltanto applicazione della personalizzazione.

Inoltre, la censura dell’assicurazione, che muove dal presupposto di un riconoscimento del danno morale, e del mancato riconoscimento della personalizzazione, si basa su una ratio decidendi non evincibile dalla motivazione della sentenza, per cui difetta di decisività.

Esclusa, infine, l’esistenza di un giudicato interno. L’impugnazione avente ad oggetto la personalizzazione del danno esclude la ricorrenza di un giudicato interno con riferimento alla percentuale di personalizzazione applicata.

Il ricorso viene respinto.

Avv. Emanuela Foligno

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