La pronuncia della Cassazione sulle responsabilità di un sinistro stradale causato da un avvallamento sull’asfalto presente su una via urbana

Con l’ordinanza n. 10004/2020 la Corte di Cassazione si è pronunciata sul ricorso del proprietario e del conducente di un autoveicolo  che avevano convenuto in giudizio il Comune chiedendo il risarcimento dei danni, fisici e materiali, riportati in un sinistro stradale. Nello specifico, secondo l’accusa, il conducente dell’automobile, percorrendo una via urbana, aveva perso il controllo dell’automobile a causa della presenza di un avvallamento sull’asfalto, finendo contro due alberi posti al margine sinistro della semicarreggiata e riportando gravissimi danni.

In primo grado il Tribunale, basandosi sulla consulenza tecnica di ufficio, aveva accolto la domanda, avendo accertato la responsabilità del custode ai sensi degli artt. 2051 e 2043 del codice civile.

In appello, tuttavia, la Corte territoriale aveva accolto il gravame e, in riforma della sentenza di primo grado, aveva rigettato la domanda degli attori, osservando che, “pacifica essendo la dinamica dell’incidente, dall’istruttoria era emerso che la vettura, prima di andare a schiantarsi contro gli alberi, aveva lasciato tracce di frenata della lunghezza di metri 31 con la ruota destra e metri 28,75 con la ruota sinistra e che non aveva gli pneumatici in condizioni di valida efficienza”. Inoltre, “dall’espletata c.t.u. risultava che la vettura marciava alla velocità di 68-78 Kmh, superiore a quella consentita nel tratto stradale in questione e che, se il conducente avesse rispettato il limite di velocità di 50 kmh, avendo a disposizione uno spazio di frenata di trenta metri, avrebbe potuto liberamente arrestare il veicolo in tempo utile, anche in caso di perdita del controllo riconducibile all’anomalia presente sulla strada”.

Nell’impugnare la decisione di secondo grado davanti alla Suprema Corte, i ricorrenti eccepivano che il Collegio di appello avrebbe errato nell’applicazione dei principi in tema di obbligo di custodia perché avrebbe analizzato il comportamento del conducente individuando la colpa dello stesso, senza nulla dire sull’effettiva prevedibilità o imprevedibilità di tale comportamento, elemento rilevante ai fini dell’individuazione del caso fortuito.

Gli attori eccepivano poi che la sentenza impugnata, interpretando in modo errato le conclusioni del c.t.u., non aveva considerato l’importanza decisiva, ai fini della determinazione del sinistro, della presenza di un avvallamento sull’asfalto, limitandosi ad esaminare la colpa del conducente e collegando alla medesima la responsabilità esclusiva dell’accaduto.

I Giudici Ermellini hanno però ritenuto privi di fondamenti i motivi del ricorso. In base alla giurisprudenza di legittimità – sottolineano dal Palazzaccio – in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione.

Di conseguenza,  “quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro”.

Nel caso in esame la Corte territoriale aveva compiuto una valutazione complessiva delle prove ritenendo che, se il conducente avesse rispettato il limite di velocità, avrebbe avuto la possibilità di arrestare la vettura in tempo utile, nonostante la presenza dell’avvallamento. In sostanza, l’eccesso di velocità del conducente è stato ritenuto come una causa successiva di per sé sola sufficiente a determinare l’evento; il che equivale a dire che l’eccesso di velocità ha interrotto il nesso di causalità tra l’avvallamento stradale e l’incidente.

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