Battito cardiaco fetale irregolare e morte endouterina (Cassazione civile, sez. III, 09/11/2022, n.32972).
Battito cardiaco fetale irregolare e morte endouterina per negligenza dei Sanitari.
Veniva citata dinanzi il Tribunale di Torino l’Azienda Sanitaria Locale per le condotte negligenti del personale sanitario in occasione della visita ginecologica cui era stata sottoposta la donna alla trentottesima settimana di gravidanza, a causa di un forte dolore al fianco destro.
Nel corso di tale visita non era stato possibile ottenere un tracciato cardiotocografico soddisfacente del nascituro e nonostante l’esame cardiografico avesse rivelato un battito cardiaco fetale irregolare, con plurime decelerazioni non collegate a contrazioni uterine, la partoriente era stata invitata a fare una passeggiata ed a tornare dopo un’ora, quando veniva sottoposta ad un nuovo monitoraggio che rivelava l’assenza di battito cardiaco del nascituro, di cui si constatava la morte endouterina per compressione del funicolo ombelicale, provocata da giri stretti attorno al collo e alla radice dell’arto superiore destro.
La donna procedeva con querela per omicidio colposo e il relativo procedimento penale, espletata CTU medico-legale che negava profili di responsabilità, terminava con decreto di archiviazione.
Detto ciò, il Tribunale di Torino rigettava la domanda deducendo: i) la decisione di non eseguire un parto cesareo d’urgenza o altri test ausiliari, dopo aver registrato l’irregolarità del battito fetale, ma di disporre l’esame CTG a distanza di un’ora non costituiva inadempimento della prestazione sanitaria, essendo conforme alle linee guida applicabili all’epoca dei fatti; ii) la ripetizione immediata dell’ecocardiogramma sarebbe stata inutile; iii) il microprelievo dello scalpo fetale sarebbe stato impraticabile; iv) non vi erano sintomi evidenti di sofferenza fetale che imponessero il parto d’urgenza, il quale, quand’anche eseguito, non avrebbe garantito la sopravvivenza del nascituro.
La decisione veniva impugnata in appello ove si lamentava che la decisione di prime cure si basasse su una CTU incompleta e carente, che avesse insufficientemente motivato sull’insussistenza dell’inadempimento, che avesse distribuito in maniera errata l’onere probatorio, che avesse omesso di richiedere chiarimenti al CTU, che non avesse disposto la compensazione delle spese del giudizio e che le avesse liquidate in applicazione di uno scaglione tariffario non corrispondente al valore della controversia
La Corte di Appello di Torino accoglieva il gravame solo in ordine alle spese di lite, confermando l’esclusione di responsabilità dell’Azienda sanitaria.
I coniugi ricorrono per la cassazione della decisione della Corte d’Appello.
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano che i Giudici di merito avrebbero omesso di valutare quattro fatti decisivi: i) le Linee Guida per il caso di sorveglianza fetale fuori dal travaglio di parto, applicabili al caso di specie; esisterebbero, infatti, linee guida diverse da quelle applicate dai CTU riferibili alla sorveglianza fetale ante partum, quando il verificarsi di decelerazioni del battito cardiaco è ancora più grave, dal momento che la riduzione transitoria della quota ossigenativa non è giustificata da uno stato di contrazione in corso; i CTU non avrebbero tenuto in considerazione le linee guida invocate dal CTP dei ricorrenti, limitandosi ad affermare che si trattava di linee guida elaborate e prodotte in tempi successivi rispetto ai fatti di causa, con evidente – secondo i ricorrenti – travisamento delle nozioni correnti della scienza medica, perché le linee guida intra partum di cui era stata chiesta l’applicazione per valutare la adeguatezza della decisione della ginecologa che aveva visitato la partoriente risalivano al 2007, quindi erano anteriori ai fatti di causa; la Corte territoriale avrebbe richiamato acriticamente le conclusioni del CTU; ii) l’algoritmo di gestione clinica dei CTG sia ante partum che intrapartum che, in presenza di un tracciato atipico impone di integrare la CTG con altre metodiche quali il CST /Contract Stress Test) oppure il Profilo biofisico; iii) la decelerazione tardiva del battito cardiaco indicativa, proprio secondo le linee guida indicate dal Collegoi, del rischio elevato di morte o danno neurologico e quindi della necessità di procedere con urgenza all’estrazione del feto; iv) l’indispensabilità dell’esame ecografico per la valutazione dello stato di benessere fetale.
Oggetto di censura del secondo motivo è la statuizione con cui la Corte d’Appello ha affermato che non erano state riservate “particolari critiche, se non ribadendo la mancata prosecuzione del monitoraggio cardiotocografico che, comunque, non avrebbe impedito l’evento fatale”, alla valutazione del CTU circa il fatto che se il tracciato CTG non fosse stato interrotto e avesse dimostrato altre decelerazioni variabili, anche prolungate, imponenti l’esecuzione di un taglio cesareo in urgenza, era più probabile che non che si verificasse la morte endouterina. I ricorrenti sostengono di avere, al contrario, contestato che l’evento morte fosse stato fulmineo; non solo, lamentano che la Corte territoriale non abbia spiegato perché solo il parto cesareo d’urgenza avrebbe potuto rappresentare un intervento salvifico, escludendo altre pratiche di più rapida esecuzione.
Ebbene, la Corte territoriale ha ragionato muovendo da due premesse: che la sofferenza fetale sia stata pressoché fulminea e che l’unico intervento salvifico praticabile fosse il parto cesareo d’urgenza, non dando rilevanza al battito cardiaco fetale irregolare registrato nel corso della visita.
La Corte di merito ha così motivato: la trombosi è intervenuta in meno di 10 minuti, la ripetizione anziché il rinvio dell’esame CTG, in assenza di un algoritmo di gestione clinica che permettesse la standardizzazione e la semplificazione del processo di interpretazione del tracciato, avrebbe potuto evidenziare una decelerazione del battito che avrebbe consigliato l’esecuzione di un cesareo di emergenza, il quale, però, richiedendo almeno 30 minuti per essere praticato, non avrebbe scongiurato la morte fetale; in alternativa alla ripetizione del tracciato CGT vi era la tecnica del microprelievo dello scalpo fetale che con maggiore tempestività avrebbe potuto identificare il feto acidosico, detta tecnica era, però, in concreto impraticabile perché il collo uterino era chiuso e il sacco amniotico era integro; di nessuna utilità sarebbe stata la ripetizione dell’ecografia, in assenza di evidenze scientifiche che ne dimostrassero l’impiego per interpretare il tracciato CTG.
Non vi è nessun vizio di motivazione.
La censura mossa alla sentenza è argomentata ponendo a confronto la motivazione con le censure mosse alla CTU dal Consulente di parte. Il vizio motivazionale che giustifica la cassazione di un provvedimento giudiziale, però, è solo quello che emerge dal tessuto motivazionale della sentenza in sé e per sé considerato, senza che allo scopo di farlo emergere si possa attribuire rilievo ad elementi estrinseci rispetto alla sentenza.
Oltretutto, la sentenza impugnata ha affermato di aderire alle risultanze della CTU anche in considerazione delle adeguate risposte in essa contenute alla specifica questione della categoria della CGT e delle linee guida, alle obiezioni del Consulente di parte degli odierni ricorrenti, senza che le osservazioni critiche alla stessa mosse con l’atto di appello siano tali da determinare l’inattendibilità del risposto peritale.
Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la prova del nesso causale, nonostante la prova del comportamento omissivo dei medici costituente inadempimento concausa della sofferenza da ipossia sia stata adeguatamente allegata. L’incertezza circa l’esito di un eventuale intervento in astratto salvifico, ovverosia l’incertezza eziologica, avrebbe dovuto andare a favore dei danneggiati e non della parte obbligata ad eseguite gli accertamenti mancati.
Anche questa censura non è fondata. La Corte territoriale ha escluso la responsabilità dell’Azienda Sanitaria facendo corretta applicazione del giudizio controfattuale.
Quando viene in considerazione una responsabilità per omissione deve ipotizzarsi un decorso causale alternativo – quello che sul piano del fatto non si era verificato – messo in moto dalla condotta omessa, così da verificare quali conseguenze sarebbero discese dall’azione che l’autore dell’omissione era “tenuto” a porre in essere. Se, nonostante l’adozione della condotta dovuta ma omessa, l’effetto coincidesse comunque con l’evento che si assume lesivo o dannoso, ne risulterebbe smentita la rilevanza dell’omissione come condizione necessaria di tale accadimento, che risulterebbe, dunque, non imputabile in termini oggettivi all’autore dell’omissione perché evidentemente trovante la propria genesi in altre cause. Se, invece, il ragionamento controfattuale portasse a ritenere che l’adozione della condotta dovuta e omessa avrebbe impedito l’occorrere dell’evento lesivo o dannoso oppure ne avrebbe contenuto la portata, minimizzato o posticipato in misura non irrisoria gli effetti, il giudice non potrebbe che ricavarne la conclusione che l’omissione sia stata la condizione necessaria dell’evento.
La Suprema Corte rammenta che il giudizio controfattuale deve essere effettuato sulla scorta del criterio del più probabile che non, conformandosi a uno standard di certezza probabilistica, che, in materia civile, non può essere ancorato alla determinazione quantitativa -statistica delle frequenze di classi di eventi, ma va verificato riconducendone il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma (e, nel contempo, di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana).
La Corte di Appello, ai fini del riconoscimento del nesso di causalità tra l’omissione ascritta ai sanitari convenuti e il decesso, ha ritenuto che gli elementi acquisiti, pur senza raggiungere lo standard probatorio della certezza, nella prospettiva del criterio civilistico della preponderanza dell’evidenza, ossia della maggiore probabilità, inducessero a ritenere che l’evento lesivo si sarebbe egualmente prodotto (arg. da Cass.14/03/2022, n. 8114).
Il ricorso viene rigettato.
Avv. Emanuela Foligno
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