Beni in custodia e concorso di colpa della vittima nella causazione del danno

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La vicenda tratta di un sinistro stradale mortale asseritamente causato da mancata manutenzione del tratto stradale e la Corte interviene sul concorso di colpa della vittima nella causazione dell’evento (Corte di Cassazione, III civile, 6 settembre 2024, n. 24035 relatore Cons. Rossetti).

I fatti

I congiunti della vittima del sinistro stradale attribuiscono alla Provincia la responsabilità dell’evento per omessa manutenzione della strada provinciale.

Il Tribunale (sent. 907/2019) accoglie la domanda dei congiunti attribuendo, tuttavia, un concorso di colpa della vittima dell’80%. I giudici di primo grado rigettano invece le domande di manleva formulate dalla Provincia nei confronti del manutentore della strada.

Successivamente, la Corte di appello accoglie parzialmente il gravame dei danneggiati, riducendo il concorso di colpa della vittima e ritenendo:

  • che, “in mancanza di elementi certi” su quale fosse la causa prevalente del sinistro, il concorso di colpa della vittima andasse stimato nella minor misura del 50%.
  • che la misura del danno non patrimoniale liquidata dal Tribunale fosse sottostimata rispetto alla reale entità del pregiudizio, e la incrementò.

Il ricorso in Cassazione

La Provincia impugna la decisione e si rivolge alla Corte di Cassazione che rigetta.

Sostiene la Provincia che la Corte d’appello, laddove ha ravvisato una concausa del sinistro nell’avvallamento presente sul manto stradale, avrebbe:

  • ricavato un fatto noto da una presunzione, violando il divieto di praesumptio de praesumpto.
  • erroneamente ritenuto che una velocità più moderata non avrebbe evitato il sinistro.
  • immotivatamente trascurato alcuni passaggi della relazione di consulenza tecnica d’ufficio.
  • fondato la propria decisione su presunzioni non gravi e non concordanti.

La censura è inammissibile nella parte in cui sollecita alla Cassazione un controllo sul modo in cui il Giudice di merito ha valutato le prove e ricostruito i fatti: controllo ovviamente non consentito.

Stabilire quale sia stata la causa d’un sinistro stradale; se la vittima vi abbia concorso in tutto od in parte; quale ruolo abbia giocato la velocità di marcia tenuta dalla vittima nell’eziogenesi del sinistro, sono accertamenti di puro fatto, riservati al Giudice di merito.

La critica al ragionamento presuntivo svolto dal Giudice di merito non è sindacabile in sede di legittimità quando “si concreta o in un’attività diretta ad evidenziare soltanto che le circostanze fattuali in relazione alle quali il ragionamento presuntivo è stato enunciato dal giudice di merito avrebbero dovuto essere ricostruite in altro modo (…), o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica semplicemente diversa da quella che si dice applicata dal giudice di merito” (in tal senso viene richiamata Cass. S.U., 1785/18).

I casi in cui la valutazione degli indizi compiuta dal Giudice di merito è incensurabile in sede di legittimità

Ricapitolando, la valutazione degli indizi compiuta dal Giudice di merito è incensurabile in sede di legittimità:

  • a) quando sia l’unica possibile.
  • b) quando sia solo una tra le tante possibili e plausibili, ma il ragionamento presuntivo sia stato svolto con metodo corretto.
  • c) quando, pur avendo il giudice di merito fatto ricorso ad una praesumptio hominis adottando un metodo non corretto, il ricorrente si limiti a sostenere che gli indizi si sarebbero dovuti valutare in altro modo, senza censurare correttamente il ragionamento inferenziale svolto dai Giudici.

Quello che lamenta la Provincia riguarda il risultato della valutazione indiziaria, ma non il metodo che, comunque, è stato corretto perché la Corte territoriale ha valutato gli indizi a disposizione mettendo in relazione gli uni con gli altri ed ha tratto da essi inferenze probabilistiche non illogiche e non improbabili.

La mancanza di prova del fatto

La Corte d’appello non ha ricavato la prova di fatti ignorati desumendola da fatti presunti, ma si è limitata a rilevare la mancanza di prova del fatto costitutivo dell’eccezione sollevata dalla Provincia, osservando come “da nessun elemento è dato trarre la conclusione che la perdita di controllo del mezzo non sarebbe avvenuta a velocità di marcia pari o inferiore a 50 km/h”.

Comunque sia, la sentenza non ha affermato che la caduta non si sarebbe verificata se la velocità di marcia fosse stata pari o inferiore a 50 km/h e meno che mai una simile inesistente affermazione è stata appoggiata sulla certezza che fu l’avvallamento dell’asfalto a determinare la caduta.

Le censure della Provincia non si confrontano neppure col consolidato principio secondo cui “l’uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c., una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli od ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti”.

Conclusivamente, la Cassazione rigetta il ricorso.

Avv. Emanuela Foligno

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