Corretta la decisione dei Giudici del merito secondo i quali una condotta diligente della danneggiata avrebbe evitato la caduta

Aveva convenuto, dinanzi al Giudice di Pace di Avellino, una società immobiliare per ottenerne la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti quando, nell’area di parcheggio antistante un centro Commerciale, era caduta battendo violentemente il ginocchio a causa di un tombino in ferro, sconnesso, non visibile e neppure segnalato.

In sede di merito la domanda veniva rigettata. Il giudice di prime cure individuava l’attrice quale unica responsabile dei danni occorsi ponendo a suo carico l’obbligo di prestare massima attenzione, pur esistendo una oggettiva situazione di dissesto dell’area. La donna eccepiva che la sua eventuale disattenzione non poteva assurgere ad evento idoneo ad esonerare il custode da responsabilità, mancando i caratteri dell’imprevedibilità e dell’eccezionalità; contestava poi che la società convenuta non fosse stata considerata responsabile, anche se non aveva assolto l’onere di dimostrare di avere osservato tutte le regole cautelari che si imponevano alla gestione del parcheggio; affermava che il tombino non era visibile né prevedibile, essendo aderente alle strisce delimitanti i posti auto, e che dalle foto esaminate dal giudice di prime cure non emergevano la dimensione e la tipologia del tombino, ma solo un leggero avvallamento non prevedibile né visibile.

Nonostante tali argomentazioni il Tribunale, ritenuta invocabile la responsabilità ex art. 2051 cod.civ., valutava corretto che il giudice di primo grado avesse ritenuto fornita la prova liberatoria del caso fortuito, confermando la pronuncia.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente deduceva che il Tribunale avesse omesso l’accertamento circa la prevedibilità e diligenza della condotta del custode, limitandosi a ritenere che la causa della caduta fosse la disattenzione della vittima, la quale, se avesse usato l’ordinaria diligenza si sarebbe avveduta, di giorno, in una situazione illuminata, del piccolo avvallamento. In sostanza, il Tribunale avrebbe preso in considerazione la condotta della vittima (negligenza), ma non anche quella del custode (imprevedibilità).

La Cassazione, nell’ordinanza n. 18100/2020 ha premesso che, secondo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, il caso fortuito – che ben può essere costituito dal comportamento della vittima, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno – è integrato, quale fattore estraneo alla sequenza originaria, avente idoneità causale assorbente e tale da interrompere il nesso con quella precedente, “tutto ciò che non è prevedibile oggettivamente, ovvero tutto ciò che rappresenta un’eccezione alla normale sequenza causale (imprevedibilità quindi intesa come obiettiva inverosimiglianza dell’evento); può essere inoltre integrato “dalla stessa condotta del danneggiato quando essa si sovrapponga alla cosa al punto da farla recedere a mera ‘occasione’ della vicenda produttiva di danno, assumendo efficacia causale autonoma e sufficiente per la determinazione dell’evento lesivo, così da escludere qualunque rilevanza alla situazione preesistente”.

Gli Ermellini hanno poi ricordato che “il riconoscimento della natura oggettiva del criterio di imputazione della responsabilità da cose in custodia si fonda sul dovere di precauzione imposto al titolare della signoria sulla cosa custodita, in funzione di prevenzione dei danni che da essa possono derivare; tuttavia, l’imposizione di un dovere di cautela in capo a chi entri in contatto con la cosa risponde a un principio di solidarietà (ex art. 2 Cost.), che comporta la necessità di adottare condotte idonee a limitare entro limiti di ragionevolezza gli aggravi per i terzi, in nome della reciprocità degli obblighi derivanti dalla convivenza civile, di tal modo che, quando il comportamento del danneggiato sia apprezzabile come ragionevolmente incauto, l’indagine eziologica sottende un bilanciamento fra i detti doveri di precauzione e cautela”. Infine, “quando manchi l’intrinseca pericolosità della cosa e le esatte condizioni di essa siano percepibili in quanto tali, ove la situazione comunque ingeneratasi sia superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, va allora escluso che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e va considerato ritenuto integrato il caso fortuito”.

Per la Cassazione il Giudice a quo aveva fatto buon governo dei principi esposti, ritenendo accertata la mancanza di un nesso di causalità tra la presenza del tombino e dell’avvallamento e la caduta, posto che la situazione dei luoghi e l’orario diurno erano prova del fatto che l’uso dell’ordinaria diligenza avrebbe evitato la caduta.

Avv. Claudia Poscia

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