Per la Cassazione le omissioni nella cartella clinica sono rilevanti solo  se determinano l’impossibilità di accertare il nesso eziologico

La vicenda approda in Cassazione (Sez. III, sentenza n. 14261/2020 – Relatore Gorgoni) dalla Corte di Appello di Ancona su impulso dei figli di una donna deceduta a causa di errore medico, che lamentavano principalmente la difettosa tenuta della cartella clinica.

La Corte territoriale, facendo leva sulla CTU espletata in primo grado, riteneva non provato, neppure attraverso il criterio del più probabile che non, il nesso di derivazione causale tra la morte della donna e le omissioni attribuite ai sanitari, riformava la sentenza di prime cure, condannava gli appellanti al pagamento delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio e gli appellanti e gli originari intervenuti al pagamento delle spese di CTU ed alla restituzione di quanto ricevuto in esecuzione della sentenza di prime cure.

In particolare, la Corte territoriale prendeva atto che la donna deceduta, ultraottantenne con sintomi di dolore addominale, veniva sottoposta nel periodo 1994-1995 a ripetuti ricoveri, a numerosi esami diagnostici e ad un intervento di emicolectomia che evidenziava una neoplasia, e che la espletata CTU non aveva attribuito la causa della morte né alla neoplasia né all’intervento chirurgico, non aveva accertato se la neoplasia fosse diagnosticabile in occasione di uno dei ripetuti ricoveri ospedalieri né se una tempestiva diagnosi avrebbe garantito la sopravvivenza della donna o una più lunga aspettativa di vita.

La Corte d’Appello, per tali ragioni, respingeva la domanda risarcitoria per mancanza di prova del nesso di causalità  tra la condotta omissiva contestata e il danno lamentato, senza tener conto, tuttavia, della lacunosità della cartella clinica e dell’assenza del diario clinico.

Secondo i ricorrenti, tali incompletezze della cartella clinica avrebbero dovuto costituire un indizio da cui dedurre presuntivamente non solo la prova del nesso causale a carico del Sanitario, ma anche il riconoscimento della sua responsabilità, dovendo “in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibili alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato” ricorrersi alle presunzioni.

Gli Ermellini, invece, ritengono tale motivo infondato, dando atto che – sebbene il CTU non sia stato in grado di individuare la causa del decesso della paziente e che, in risposta al quesito specificamente postogli dal Giudice sulla causa della morte ha attribuito tale incertezza “sia all’assenza di riscontro diagnostico che ne potesse definire con certezza i momenti patogenetici sia per l’assenza nella cartella clinica di un diario cui potersi riferire circa le ipotesi diagnostiche avanzate dai professionisti ed il percorso che li aveva portati ad un intervento chirurgico” – non è stato errato collocare sui ricorrenti tale incertezza eziologica.

Innanzi tutto, premettono gli Ermellini, nell’ambito della responsabilità contrattuale spetta a chi si assume danneggiato fornire la prova del nesso di causa fra l’inadempimento ed il pregiudizio alla salute, giacché se così non fosse dalla fattispecie costitutiva del diritto verrebbe espunto l’elemento della causalità materiale, con la conseguenza che “se la causa dell’evento di danno, in termini di aggravamento della situazione patologica o di insorgenza di nuove patologie, resta ignota, in applicazione delle regole del riparto dell’onus probandi, le conseguenze sfavorevoli ai fini del giudizio ricadono sul creditore della prestazione professionale”.

E che la difettosa tenuta della cartella clinica è rilevante, e quindi idonea a far ritenere provato il nesso di causalità materiale, solo quando proprio l’incompletezza della cartella clinica abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico e il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno.

Nel caso in esame la condotta dei Sanitari non è stata ritenuta dalla CTU espletata astrattamente idonea a cagionare l’evento di danno, per cui risulta indifferente che l’incompletezza della cartella fosse tale da impedire la ricostruzione fattuale sul piano concreto.

Per tali ragioni il ricorso viene rigettato e le parti ricorrenti condannate al pagamento delle spese processuali e al versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Avv. Emanuela Foligno

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