Cecità assoluta e indennità speciale: la beneficiaria viene condannata per il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche (Cass. pen., sez. VI, dep. 27 maggio 2022, n. 20932).
Cecità assoluta e percepimento della indennità speciale da parte della interessata, ma la condizione visiva migliora e non lo riferisce.
La Corte di Appello di L’Aquila ha confermato la condanna ex art. 316-ter c.p., perché, dopo essere stata dichiarata affetta da cecità assoluta ai fini pensionistici, con esonero da ulteriori visite di revisione sulla permanenza dello stato invalidante, la beneficiaria conseguiva -omettendo di comunicare il miglioramento della sua condizione visiva – il trattamento pensionistico e l’indennità speciale (per complessivi Euro 164.894,00 dal 18 marzo 2004 al dicembre 2016) previsti per la categoria di invalidi a cui non più apparteneva.
La Corte di Appello ha considerato, valutando quanto esposto dal Consulente tecnico del Pubblico Ministero e dal Consulente tecnico della difesa, le ragioni per le quali gli esami ai quali la donna è stata sottoposta erano influenzabili dalle sue decisioni circa le risposte da fornire agli stimoli dai quali veniva sollecita, così da rendere dubitabile la sua cecità assoluta, come definita dal L. n. 138 del 3 aprile 2001 art. 2 (i totalmente privi di vista in entrambi gli occhi o chi ha la mera percezione dell’ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore oppure coloro dal residuo perimetrico binoculare inferiore al 3 per cento).
Inoltre, ha valutato i dati dai quali è desumibile una condizione di non cecità assoluta della ricorrente: da tre dei sette filmati acquisiti dai Giudici di merito risulta che il 7 marzo 2016 al mercato in due occasioni osservò, a una distanza di circa 15 centimetri, dei lenzuoli contenuti in confezioni trasparenti e ne acquistò uno; il 6 giugno 2016 selezionò dei prodotti in un supermercato prendendoli dal manico; il 15 settembre 2016, al mercato, scelse valutandone la lunghezza, degli indumenti; entrò da sola in banca, compiere una operazione allo sportello, ritirarne la ricevuta e buttarla con precisione in un cestino.
Il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche è differente rispetto a quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni. Nel primo, infatti, manca «l’elemento dell’induzione in errore mediante artifizi e raggiri».
La vicenda approda in Cassazione ove la ricorrente lamenta vizio di motivazione riguardo l’elemento soggettivo del reato, che sarebbe stato ravvisato nonostante non risulti essersi sottoposta ai trattamenti medici per migliorare la sua situazione.
Con il secondo motivo deduce la violazione dell’art 316-ter c.p. in riferimento alla qualificazione giuridica della condotta che, se intesa come manipolazione dell’esame del campo visivo, secondo lei avrebbe dovuto piuttosto condurre a ipotizzare il reato di truffa ex art. 640-bis c.p.
La doglianza è inammissibile.
Il primo motivo non si confronta con la motivazione della pronuncia, nella quale è stato argomentato che nel corso dell’esame del campo visivo, veniva consapevolmente omesso di comunicare alcune informazioni importanti ai fini dell’esame stesso, che invece avrebbero reso possibile rilevare il miglioramento della cecità assoluta.
Inoltre, la Corte d’Appello ha osservato che non si può ritenere che lo stato di ipovisione e non di cecità assoluta della donna possa essere derivato da un suo miglioramento, considerando la natura degenerativa della malattia.
Gli Ermellini evidenziano che il reato di indebita percezione di erogazioni pubbliche è differente rispetto a quello di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni. Inoltre, la condotta di mero mendacio, che è stata attuata mediante l’omissione delle informazioni dovute, integra il reato di indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato ex art. 316-ter, ma non quello di truffa aggravata ex art. 640-bis c.p.
Per questi motivi, la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la donna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Avv. Emanuela Foligno
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