Distinzione degli elementi peculiari della condotta di maltrattamenti rispetto alle liti familiari (Cass. pen., sez VI, dep. 18 settembre 2023, n. 37978).

Per distinguere i maltrattamenti rispetto alle liti familiari, si deve tener conto della condizione di ordinaria gerarchia in cui si iscrivono tali condotte, atteso che, se le parti si trovano in posizione paritaria e si confrontano, seppure con veemenza, su un piano di riconoscimento e accettazione reciproca non ci saranno gli elementi essenziali del reato di cui all’art. 572 c.p.

L’imputato, veniva condannato in primo grado per il reato di maltrattamenti nei confronti dell’ex convivente; successivamente veniva assolto in appello in quanto le condotte non lasciavano emergere una situazione di «sistematica sopraffazione», ma soltanto un «altalenante rapporto» di coppia, in cui si inseriva stabilmente la gelosia della persona offesa.

La donna, parte civile costituita, proponeva ricorso ai soli effetti civili, deducendo violazione di legge con riguardo alle norme in tema di valutazione della prova, valorizzando la posizione dell’imputato sulla scorta di un giudizio negativo del comportamento contestualmente tenuto dalla persona offesa. Inoltre, censura l’esclusione del reato contestato sulla scorta di una sofferenza patita dalla persona offesa in ragione di un rapporto molto turbato, causato dalla sua gelosia. Ritiene la ricorrente che le reazioni della stessa parte, ai fini di difesa personale, rispetto alle condotte di maltrattamenti, non escludono il reato, a meno che non travalichino i limiti di proporzione e adeguatezza.

La Suprema Corte rammenta la giurisprudenza costante nelle ipotesi di totale ribaltamento dell’esito della sentenza di primo grado. Il Giudice di secondo grado, ove intenda emettere un giudizio diametralmente opposto al primo, deve darne motivazione puntuale, adeguata e razionale, spiegando le ragioni che l’abbiano spinto a discostarsi dalle ricostruzioni del primo grado, e chiarendo i passaggi logici che diano maggiore capacità persuasiva alla propria pronuncia rispetto alla prima.

In tal senso è necessario confutare le emergenze poste dal Tribunale a fondamento della propria decisione.

Nel caso specifico, ciò che viene cassato è il ragionamento della Corte di merito per cui, pur avendo ritenuto le dichiarazioni della persona offesa certamente credibili e riscontrate e supportate da altro teste,  ha invece valorizzato unicamente le dichiarazioni rese dal padre e dalla sorella dell’imputato che non avevano mai assistito ad episodi particolari, senza dare, tuttavia, una lettura critica e completa di tale impianto probatorio.

La fattispecie di maltrattamenti, tutela il bene giuridico dell’integrità fisica e morale, della dignità umana e dell’autodeterminazione della persona (Cass. Sez. 6, 15.09.2022). Contrariamente a quanto sostenuto in appello, ovverosia “per la configurabilità della fattispecie di maltrattamenti è necessaria la sistematicità della sopraffazione”, in sentenza si legge che il reato, invece, è consumato quando, anche in un limitato contesto temporale e nonostante periodi pacifici, siano compiuti atti finalizzati a determinare, nella vittima sofferenze fisiche o morali.

Può discorrersi di condotta maltrattante, quando i comportamenti, reiterati, e operanti nell’ambito di una relazione affettiva, siano volti a ledere la dignità della persona offesa, ad annientarne pensieri ed azioni indipendenti, a limitarne la sfera di libertà ed autodeterminazione.

Affinché si possa distinguere l’ipotesi di maltrattamenti dalle semplici liti familiari deve sussistere una asimmetria tra le parti che si sostanzia, ad esempio, in una relazione sbilanciata in favore di uno dei due soggetti in ragione dell’identità sessuale; di un divario di potere fondato su questioni culturali o sociali; di un approfittamento derivante da una specifica condizione soggettiva della vittima; della soccombenza ripetuta dello stesso soggetto.

Ciò chiarito, la Suprema Corte afferma che “la violenza avviene sempre e solo su un piano inclinato a favore dell’autore…mentre la conflittualità di coppia si sviluppa su un piano paritario”.

Avv. Emanuela Foligno

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