Disturbo psicopatologico da PAS nel giudizio civile

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disturbo psicopatologico da pas

La riforma prevede che il CTU eventualmente nominato dovrà attenersi ai protocolli e alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica senza effettuare valutazioni su caratteristiche e profili di personalità agli stessi estranei

Negli ultimi anni si è discusso molto della sindrome di Alienazione Parentale, soprattutto in seno ai giudizi di separazione dei coniugi. La riforma del processo civile prevede l’inserimento di un rito unico per la famiglia e impone ai CTU di attenersi ai soli protocolli e metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica qualora venga chiesto l’accertamento del disturbo psicopatologico da PAS.

La PAS, dunque, per effetto della Legge delega per la riforma del processo civile, rimarrebbe fuori dalle aule giudiziarie.

Come detto, di tale “patologia” si è discusso molto negli ultimi anni e la suddetta sindrome è stata richiamata e riconosciuta, direttamente o indirettamente, in svariati procedimenti civili riguardanti l’affidamento dei figli minori.

A teorizzare il disturbo psicopatologico da PAS è stato, come noto, lo Psichiatra Richard Gardner, che l’ha definita “come un’ipotetica e controversa dinamica psicologica disfunzionale che si attiverebbe sui figli minori coinvolti in contesti di separazione e divorzio conflittuale dei genitori, non adeguatamente mediate”.

Si tratta, in altri termini, di condizionamenti psicologici messi in atto da un genitore nei confronti dei figli, allo scopo, diretto o indiretto, di allontanare il figlio dall’altro genitore, stimolando nei confronti di quest’ultimo atteggiamenti di astio e disprezzo ingiustificati.

La Comunità Scientifica è divisa sul riconoscimento della PAS, e ciò non solo nel nostro Paese.

Viene messo in discussione che si possa parlare di una vera e propria sindrome, e proprio per tale ragione la PAS non è riconosciuta ufficialmente come disturbo psicopatologico.

Sarebbe, in buona sostanza, una esternazione comportamentale del minore di natura non patologica.

Anzi, la stessa non risulta neppure inserita in alcuna delle classificazioni in uso, come ha evidenziato il Ministro della Salute Roberto Speranza rispondendo nel 2020 a un’interrogazione parlamentare sulla PAS.

Nonostante l’assenza di evidenze scientifiche della sindrome in parola, vi è stato un uso/abuso delle domande giudiziarie volte alla declaratoria di affidamento dei figli minori.

Al riguardo è intervenuta anche la Suprema Corte che ha stigmatizzato il riconoscimento della PAS in relazione alla una vicenda di un bambino, allontanato dalla madre e collocato in casa famiglia a seguito delle denunce di violenza a carico del padre.

Tale autorevole intervento, pur non menzionando espressamente la PAS, evidenzia come il provvedimento impugnato non abbia indicato alcun fatto, circostanza o comportamento tenuto dalla madre e pregiudizievole al figlio, evocando solo concetti evanescenti, come “l’eccessivo invischiamento”, “il rapporto fusionale”, rispetto ai quali “è impossibile difendersi non avendo essi base oggettiva o scientifica, essendo il risultato di una valutazione meramente soggettiva”.

Nella riforma del processo civile, una delle maggiori novità è l’introduzione di un rito unificato denominato “Procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie” che riguarderà tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie di competenza del Tribunale ordinario, del Tribunale per i minorenni e del Giudice Tutelare.

Esclusi dal “nuovo rito” saranno i procedimenti volti alla dichiarazione di adottabilità, quelli di adozione di minori di età, nonché quelli attribuiti alla competenza delle sezioni istituite dal D.L. 13/2017.

La ratio è quella di allineare alcune differenze di trattamento a livello processuale tra situazioni analoghe, oltre che a riordinare e semplificare la disciplina attualmente esistente in un’ottica di efficienza e speditezza.

Il legislatore, quindi, ha inteso conferire un’attenzione particolare a vicende delicate, quali le situazioni in cui siano presenti allegazioni di violenza domestica o di genere, nonché quelle riguardanti i minori e il loro ascolto, con l’obiettivo di assicurare un’adeguata tutela.

La riforma prevede, ad esempio, che qualora il figlio minore rifiuti di incontrare uno o entrambi i genitori, il Giudice, personalmente, sentito il minore e assunta ogni informazione ritenuta necessaria, debba accertare con urgenza le cause del rifiuto e assumere i provvedimenti nel superiore interesse del minore, tenendo conto, nella determinazione dell’affidamento dei figli e degli incontri con i figli, di eventuali episodi di violenza.

Ed ancora, la riforma prevede che il CTU eventualmente nominato dovrà attenersi ai protocolli e alle metodologie riconosciuti dalla comunità scientifica senza effettuare valutazioni su caratteristiche e profili di personalità agli stessi estranei.

Avv. Emanuela Foligno

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