Anaao: 8 marzo sia occasione per fare il punto sugli ostacoli della vita in corsia, sui problemi che frenano il decollo professionale delle donne medico
L’8 marzo 2020 vede la festa delle donne coincidere con uno stress test senza precedenti per il SSN e per l’intero Paese, l’emergenza Coronavirus. Un momento in cui, ancora una volta, le donne medico sono in prima fila, nei laboratori di ricerca, nelle corsie, nelle sale di terapia intensiva, con grande dedizione e professionalità.
A sottolinearlo è l’Anaao Assomed che, tuttavia, evidenzia come a fronte del fatto che il numero delle donne medico nella sanità italiana aumenti di anno in anno, specie nelle fasce di età al di sotto dei 55 anni, non è ancora avvenuto il sorpasso nelle carriere. Anche nelle discipline in cui è più elevata la quota di donne tra i medici, la loro presenza nelle posizioni apicali è molto bassa (Pediatria 10%, psichiatria 25%, Ginecologia e ostetricia 17%).
Secondo l’Associazione dei medici e dirigenti del Ssn l’8 marzo deve diventare, quindi, al di là delle celebrazioni, l’occasione per fare il punto sugli ostacoli della vita in corsia, sui problemi che frenano il decollo professionale, sulla necessità di valorizzare la differenza femminile al di là delle pari opportunità.
Il punto più alto della crisi del Ssn, solo nei drammatici momenti odierni riscoperto come bene comune, coincide – sottolinea il Sindacato – con la più grande ondata di mano d’opera sanitaria femminile, che sceglie la professione di cura come prima e più congeniale opzione, proprio mentre gli uomini la abbandonano forse perché meno prestigiosa di un tempo, anche economicamente.
Toccherà gioco forza alle donne rimediare ai vuoti delle corsie e mettere in atto il necessario recupero, non facile né scontato, di autorevolezza della professione. E perseguire ed attuare un cambiamento che richiederà tempo e programmi, per affermare una specificità di sguardi e valori all’altezza delle trasformazioni necessarie.
È tempo che una visione di genere – afferma l’Anaao – venga trasferita nei contratti di lavoro, nei modelli organizzativi, nella prassi delle aziende sanitarie, se vogliamo evitare che la crescita delle donne in sanità sia derubricata, e relegata, a semplice fenomeno di costume.
In questo contesto, anche le organizzazioni professionali e sindacali, sono chiamate a ripensare politiche, servizi, obiettivi, organizzazione per trasformare la crescita di iscrizioni in crescita di partecipazione e protagonismo sindacale. Per realizzare modelli di cura attraversati dal pensiero e dall’espressione della differenza, capace di accompagnare la scelta di essere “medica” o biologa come valore capace di trasformare anche la sanità.
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