Ernia discale e discopatie della colonna di derivazione professionale

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Ernia discale e discopatie della colonna del lavoratore

Ernia discale e discopatie della colonna di derivazione professionale (Tribunale Bergamo, Sez. Lavoro, Sentenza n. 518/2022 del 14/07/2022).

Ernia discale e discopatie della colonna derivanti dalle lavorazioni svolte.

La decisione qui a commento conclude per una elevata probabilità che tutte le lavorazioni svolte dal ricorrente abbiano avuto un ruolo deterministico nell’insorgere delle patologie sofferte (ernia discale e discopatie) nella misura permanente del 8%.

Il lavoratore agisce nei confronti dell’Inail per l’accertamento dell’origine professionale delle patologie sofferte (“discopatie della colonna, ernia discale e protusione discale lombosacrale”), ed invoca il riconoscimento di postumi permanenti nella misura del 10%.

Deduce di avere iniziato a svolgere la propria attività lavorativa come coltivatore diretto nel 1969 nell’azienda agricola di famiglia, occupandosi dell’allevamento di bovini e suini e della coltivazione di fondi dell’ampiezza di circa 10 ettari in zona pianeggiante, di aver eseguito la propria prestazione lavorativa per circa 10 -12 ore al giorno durante la stagione invernale e per circa 12 ore al giorno durante la stagione estiva, di aver sovrinteso alla esecuzione della propria prestazione lavorativa – consistente nell’accudimento del bestiame, nella mungitura (peraltro fino al 2003 effettuata solo con metodo manuale), nella coltivazione dei terreni – mediante lo svolgimento sia di attività manuali e con movimentazione di carichi pesanti, sia di attività eseguita con macchine trattrici con conseguente sovraccarico biomeccanico del tratto lombare del rachide.

L’inail, che già respingeva in via amministrativa la domanda, contesta la pretesa adducendo insussistenza di rischio lavorativo idoneo a provocare la patologia denunciata. Sostiene, inoltre, l’Istituto che le patologie sofferte dal ricorrente hanno eziogenesi multifattoriale, che non tutte risultano tabellate e che il ricorrente gode di trattamento pensionistico sin dal 2010.

Il Giudice del Lavoro ritiene il ricorso fondato.

Sulle lavorazioni svolte, viene dato atto che il ricorrente è stato esposto nel corso degli anni a sforzi e posture incongrue tali da determinare con elevata probabilità l’insorgere di protusioni discali L4 -L5.

Il ricorrente ha svolto l’attività di coltivatore diretto e di allevatore occupandosi sia di allevamento di bovini, sia della coltivazione del fieno per l’alimentazione degli stessi, eseguendo la propria prestazione lavorativa con attività prevalentemente manuali (quali la somministrazione di fieno ai bovini mediante forca, la somministrazione di granoturco e farine ai maiali mediante il traporto dei secchi di peso fino a 20 kg, la pulizia della stalla mediante forche, il trasporto manuale delle balle di fieno aventi peso non superiore a 30 kg, la mungitura) che comportano sia l’assunzione di posture incongrue (per lo svolgimento dell’attività di mungitura per due volte al giorno, o dell’attività di rigoverno delle stalle ), sia la movimentazione di carichi (ad esempio per il trasporto dei secchi di granoturco e farina per portare cibo ai maiali) , per movimentazione mediante forca delle balle di fieno e della paglia di risulta.

Ebbene, “Con elevata probabilità, tutte le lavorazioni svolte, hanno avuto ruolo deterministico nell’insorgere delle patologie sofferte dal ricorrente di ernia discale e discopatie.”

Il CTU ha confermato che il ricorrente soffre “discopatia del rachide lombosacrale a livello di L4 -L5 ” e in relazione al profilo eziogenetico ha rilevato ” il ricorrente svolge fin dall’infanzia, per oltre quarant’anni, l’attività di allevamento di bovini da latte e da carne nonché la produzione di cereali per la propria azienda coltivando fondi in zona pianeggiante. L’azienda agricola si estende per circa 12 ettari complessivi ed è dedita alla coltivazione di campi a fieno ed allevamento di bovini da latte e suini. Provvedeva alla mungitura manuale dei capi (due volte al dì) prima manuale e poi con macchina nonché al trasporto dei secchi, contenenti il latte circa 25 lt e svuotamento degli stessi nella cisterna. Si occupa dell’alimentazione dei capi di bestiame movimentando dei secchi, contenenti il trinciato due volte al dì. Per la coltivazione dei campi utilizza i trattori, di cui un del 1985 con ripercussioni delle vibrazioni sul rachide lombosacrale . L’attività lavorativa, per oltre 10 ore giornaliere, comporta movimenti ripetuti della braccia, della colonna vertebrale e delle ginocchia. L’insieme delle mansioni lavorative svolte (contadino, allevatore di bestiame) ha comportato l’assunzione di posture incongrue con movimenti ripetuti con uso di forza a carico della colonna vertebrale che è stata sottoposta, negli anni, ad un costante rischio da sovraccarico biomeccanico. In letteratura scientifica sono evidenziati significativi incrementi di rischio di patologie da sovraccarico biomeccanico in lavoratori che svolgono attività comportanti assunzioni di posture incongrue protratte e trasporto manuale di carichi “.

Sulla scorta di quanto accertato dal Consulente, che il Tribunale condivide, risulta pacifica la sussistenza del nesso di causa  tra le patologie accertate e l’attività lavorativa svolta.  

Il grado di menomazione permanente viene accertato nella misura del 8% e al ricorrente viene riconosciuto il diritto all’indennizzo previsto dall’art. 13 comma 2, D.Lgs. 38/2000.

Spese di lite e di CTU Medico-Legale in capo all’istituto convenuto.

Avv. Emanuela Foligno

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