Il diritto di godimento della casa coniugale non incide sulla determinazione del conguaglio dovuto all’altro coniuge in sede di divisione (Cass. civ., Sez. Unite, dep.. 9 giugno 2022, n. 18641).
Il diritto di godimento della casa coniugale e sulla incidenza, o meno, dello stesso sul conguaglio in sede di divorzio.
Le Sezioni Unite chiariscono che “Il provvedimento di assegnazione della casa familiare non incide sul valore di mercato del cespite allorché l’immobile, in sede di divisione, venga attribuito in proprietà al coniuge affidatario della prole, atteso che la finalità perseguita con l’attribuzione di tale diritto atipico di godimento è esclusivamente la tutela dei figli minori o, comunque, non autosufficienti, rispetto alla conservazione del loro habitat familiare.”
Il coniuge legalmente separato cita a giudizio dinanzi al Tribunale di Roma, la moglie affinché fosse disposto lo scioglimento della comunione legale esistente sull’ immobile, costituente casa coniugale, con annessa cantina.
La donna, affidataria delle due figlie minorenni, si costituiva in giudizio opponendosi, in via principale, al suddetto scioglimento e, subordinatamente, chiedeva si procedesse alla divisione del compendio immobiliare, previo accertamento del suo valore, che tenesse conto dell’assegnazione della casa coniugale in suo favore, in quanto affidataria della prole.
Il Tribunale di Roma, con sentenza parziale rigettava l’opposizione avverso la domanda di divisione, rimettendo la causa sul ruolo al fine della sua prosecuzione in merito alla domanda di scioglimento della comunione.
Espletata la CTU estimativa, il Tribunale, con sentenza, disponeva lo scioglimento della comunione legale tra i coniugi e attribuiva alla donna la proprietà esclusiva del compendio immobiliare, determinando il conguaglio dovuto dalla signora in favore dell’ex marito.
La donna impugnava la pronuncia dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, chiedendone la riforma in relazione alla rideterminazione del conguaglio da versare all’ex coniuge. La Corte rigettava il gravame, riconfermando l’attendibilità delle valutazioni compiute dal CTU nel giudizio di primo grado.
Avverso la sentenza la donna propone ricorso per Cassazione, affidato ad un solo motivo.
Ravvisandosi un contrasto giurisprudenziale sulla questione se, in sede di divisione fra ex coniugi della casa familiare oggetto di assegnazione in favore di uno dei due, occorra tenere conto o meno dell’incidenza negativa del diritto di godimento sul valore del bene, la Corte provvedeva a rimettere gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
La ricorrente sosteneva, in particolare, che l’assegnazione della casa familiare ad uno dei coniugi separati, che non sia di sua esclusiva proprietà, si traduce in un diritto di godimento che instaura un vincolo che comporta, oggettivamente, una decurtazione del valore della proprietà di cui sia titolare l’altro coniuge, il quale da quel vincolo resta avvinto fino a quando il provvedimento non venga eventualmente modificato.
Pertanto, secondo la ricorrente, nel giudizio di divisione, ai fini della determinazione del valore reale dell’immobile, deve tenersi conto di tale diritto di godimento assegnato, a prescindere dal fatto che il bene venga attribuito in piena proprietà all’uno o all’altro dei coniugi legalmente separati o venduto a terzi.
L’assegnazione della casa familiare è normalmente funzionale alla tutela dell’interesse prioritario dei figli alla continuità della vita familiare, al fine di preservarne l’habitat dai possibili esiti negativi conseguenti alla crisi coniugale, rappresentando la casa il luogo degli affetti, degli interessi e delle abitudini in cui si esprime la vita familiare e continua a svolgersi la prosecuzione delle relazioni domestiche.
Come osserva la Suprema Corte, il provvedimento di assegnazione della casa familiare, destinato prioritariamente al coniuge affidatario dei figli o con essi residente, è volto a creare un vincolo di destinazione sui generis, collegato all’interesse superiore dei figli e si atteggia, secondo l’opinione maggiormente seguita, a diritto di godimento del cespite, venendo a caducarsi nel caso di allontanamento del coniuge assegnatario, ossia allo scemare delle ragioni di protezione della prole per raggiunta indipendenza dei figli, ovvero, infine, nel caso in cui l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.
Quando la divisione ha per oggetto un bene immobile sul quale insiste il diritto di assegnazione della casa coniugale, i possibili esiti delle operazioni divisionali sono quelli tipici di una qualsiasi comunione. Se il bene è divisibile, il giudice è tenuto a formare due porzioni di valore corrispondente alle quote dei condividenti, altrimenti procederà secondo le modalità di cui all’art. 720 c.c., con l’attribuzione unitaria (ovvero in favore, in via esclusiva, di uno dei condividenti che lo richieda) o con la vendita agli incanti.
In sede di valutazione economica del bene “casa familiare” ai fini della divisione, il diritto di godimento di esso conseguente al procedimento di assegnazione non potrà avere alcuna incidenza sulla determinazione del conguaglio dovuto all’altro coniuge, in quanto lo stesso si atteggia come un atipico diritto personale di godimento (e non un diritto reale) che viene a caducarsi con l’assegnazione della casa familiare in proprietà esclusiva al coniuge affidatario dei figli, divenendo, in tal caso, la sua persistenza priva di una base logico-giuridica giustificativa, anche in virtù dell’applicazione del principio generale secondo cui nemini res sua servit.
Qualora si operasse la decurtazione del valore, in considerazione del riconosciuto diritto di godimento della casa familiare, il coniuge non assegnatario verrebbe ingiustamente penalizzato con la corresponsione di una somma che non sarebbe rispondente alla metà (nell’ipotesi di antecedente comproprietà al 50%) dell’effettivo valore venale del bene.
La Suprema Corte, a Sezioni Unite, rigetta il ricorso e dispone l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità.
Avv. Emanuela Foligno
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