L’insufficienza reddituale del figlio maggiorenne, ove non giustificata da ragioni individuali specifiche (motivi di salute, o altre contingenze personali o da oggettiva difficoltà di reperire una qualunque attività lavorativa), costituisce un indicatore forte di inerzia colpevole, tale da comportare la perdita del diritto al mantenimento

La vicenda

Il Tribunale di Firenze aveva pronunciato la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto tra i coniugi, prevedendo a carico dell’ex marito la somma mensile di 322,70 euro quale contributo per il mantenimento del figlio maggiorenne, nato nel 1985, laureato nel 2010 e divenuto avvocato regolarmente iscritto all’albo dal settembre 2017.

Con ricorso al medesimo tribunale il padre del ragazzo aveva chiesto la revoca del contributo per il suo mantenimento, quanto meno a far data dal ricorso introduttivo.

Il ragazzo si era costituito volontariamente in giudizio, evidenziando il suo impegno per rendersi autonomo, avendo egli partecipato, senza superarli, a numerosi concorsi pubblici anche dopo la sua iscrizione all’albo degli avvocati (magistratura; agente di polizia municipale; amministratore comunale); mentre nel frattempo era mantenuto dalla madre.

Ma per l’adito Tribunale toscano (Tribunale di Firenze, decreto n. 301/2020) le circostanze dedotte dal ricorrente erano da sole sufficienti a far venir meno i presupposti per il versamento del contributo di mantenimento da parte del genitore onerato, “dovendosi limitare tale onere ad un tempo necessario a consentire l’autosufficienza economica nel rispetto del contrapposto onere del figlio di adoperarsi per provvedere a se stesso, anche accettando occasioni di lavoro non definitive, ma solo idonee a consentirgli di perseguire le proprie aspirazioni professionali (soprattutto tenuto conto che il conseguimento della laurea risale a dieci anni or sono)”.

Il mantenimento del figlio maggiorenne

Del resto, – hanno aggiunto gli Ermellini – la Suprema Corte ha più volte ribadito che l’avanzare dell’età accompagnata da una persistente insufficienza reddituale ove non giustificata da ragioni individuali specifiche (motivi di salute, o altre contingenze personali o da oggettiva difficoltà di reperire una qualunque attività lavorativa) costituisce un indicatore forte di inerzia colpevole (Cass. Sezione Prima, n. 12952/2016; n. 5088/2018); nel caso in esame, dunque, il ripetuto mancato superamento di concorsi pubblici avrebbe dovuto indurre il ragazzo a ricevere una diversa tipologia di attività lavorativa almeno in via provvisoria (analogamente a quanto fanno moltissimi studenti universitari per pagarsi gli studi).

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