Incidente in bici per una buca, colpa del minore poco prudente

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Bicicletta taglia la strada all'auto: è concorso di colpa

Il ragazzino cade in bicicletta a causa di una buca sul manto stradale. La Corte conferma che, pur sussistendo una disconnessione del fondo stradale, la condotta imprudente del minore interrompe il nesso causale, escludendo la responsabilità della Provincia per i danni subiti dall’incidente in bici (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 4 luglio 2024, n. 18365).

La vicenda

Il ragazzino cadeva dalla bicicletta a causa di una buca presente sul manto stradale lungo la SP n. 32 a Solofra. La buca si trovava in prossimità di un tombino ed era creata dall’irregolarità dell’asfalto, sceso in prossimità dello stesso, così determinando una inevitabile insidia, non segnalata e/o transennata. L’incidente in bici provocava “frattura composta della clavicola e glena a dx, contusioni gomito e polso sx ed escoriazioni multiple”.

Il Tribunale condanna la Provincia a pagare la somma di Euro 17.233,64, oltre alle spese del giudizio.

La Corte di Appello ribalta il giudizio di primo grado perché considera la strada luogo del sinistro in buone condizioni e impercettibile la irregolarità del manto stradale e la piena visibilità del tombino. Pertanto, qualora il danneggiato avesse tenuto una condotta diligente, avrebbe certamente evitato la lieve disconnessione e la conseguente caduta. Per contro, considerata l’eccessiva velocità tenuta dal mezzo, la condotta del danneggiato doveva ritenersi idonea ad interrompere il nesso causale tra la res in custodia e l’evento dannoso e, dunque, ad escludere la responsabilità della Provincia.

L’intervento della Cassazione

Inutile l’approdo in Cassazione perché le censure sono inammissibili. In sostanza viene, nel complesso, messo in discussione l’apprezzamento delle risultanze istruttorie e l’esame del fatto storico.

Ebbene, la S.C. ricorda che la violazione del principio di libera valutazione delle prove è ravvisabile solo quando il Giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all’opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime.

Invece, qualora si deduca che il Giudice abbia male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, comma 1, n. 5), cpc., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione.

I Giudici di appello hanno correttamente esaminato il fatto storico, costituito dalla presenza, sul luogo del sinistro, del dislivello stradale e del tombino, ma hanno ritenuto che la condotta del ragazzino danneggiato fosse stata idonea ad interrompere il nesso causale tra la res e l’evento dannoso.

Gli Ermellini evidenziano che le parti, inamissibilmente, censurano “l’apprezzamento” che la Corte territoriale ha compiuto, come reso evidente da quel passaggio del ricorso nel quale si afferma che dalla CTU, non meno che dalle dichiarazioni testimoniali, emergerebbe come la caduta del ragazzino sia avvenuta esclusivamente a causa del dislivello stradale, per cui l’unico fatto decisivo è l’esistenza e la causazione del sinistro da parte di tale dislivello.

L’incidente in bici e l’onere della prova

Ed ancora, i Giudici territoriali non hanno invertito l’onere della prova e quindi non vi è alcuna violazione dell’art. 2697 c.c.

La S.C., nel rigettare il ricorso, ricorda che la deduzione con il ricorso per Cassazione di errores in procedendo, in relazione ai quali la S.C. è anche Giudice del fatto, potendo accedere direttamente all’esame degli atti processuali del fascicolo di merito, non esclude che preliminarmente ad ogni altro esame sia quello concernente l’ammissibilità del motivo di censura, con la conseguenza che, solo quando ne sia stata positivamente accertata l’ammissibilità diventa possibile valutare la fondatezza del motivo medesimo e, dunque, esclusivamente nell’ambito di quest’ultima valutazione, la S.C. può e deve procedere direttamente all’esame ed all’interpretazione degli atti processuali.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, condannando le parti a rifondere alla Provincia di Avellino, le spese del giudizio di legittimità e l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.

Avv. Emanuela Foligno

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