Anche quando la vittima di un incidente stradale muore a distanza di tempo e per cause successive, come complicazioni mediche, il nesso causale con l’incidente non si interrompe automaticamente (Corte di Cassazione, IV penale, sentenza 14 giugno 2025, n. 22442)
La dinamica dell’incidente stradale
La sera del 28 novembre 2011, alle ore 20:20, l’imputato alla guida dell’autocarro Ford Transit 330, percorrendo il Comune di Misterbianco in direzione Catania, sulla corsia di sinistra ad una velocità di 78 km/h circa (superiore al limite di 50 km/h presente in loco), giunto in prossimità del numero civico 148, prima degli attraversamenti pedonali, si era accorto della presenza del ciclomotore Piaggio, che procedeva davanti a lui, entro la sua stessa corsia. Aveva, così, iniziato una estrema manovra di frenata lasciando sul manto stradale tracce di frenata lunghe 29,70 metri e nella fase finale aveva tamponato con violenza la parte posteriore del ciclomotore.
A seguito dell’urto, il motociclista era stato caricato sul cofano motore dell’autocarro Ford Transit e aveva urtato con il capo contro il parabrezza, venendo, infine, proiettato in avanti. L’uomo riportava gravi lesioni (grave trauma cranico e toracico con perdita di coscienza) ed era stato trasportato con ambulanza al pronto soccorso dell’ospedale di Catania ove, ricoverato in prognosi riservata, era deceduto il 20 febbraio 2012 a causa di insufficienza multi organo.
Nei confronti del camionista sono state individuati l’imprudenza, l’imperizia, la negligenza e la violazione delle norme sulla circolazione stradale, per aver tenuto una velocità superiore a quella prevista in loco e, comunque, non adeguata alle condizioni di tempo e di luogo (ore notturne in prossimità di attraversamento pedonale).
Sia il Tribunale di Catania ce la Corte di Appello condannano il camionista alla pena di anni 3 di reclusione.
L’intervento della Cassazione
L’imputato sostiene che esclusivo responsabile dell’incidente stradale sarebbe il motociclista che aveva tenuto una condotta di per sé sola idonea a cagionare l’evento e la Corte non avrebbe considerato che il conducente della moto invadeva la corsia di marcia occupata dal camion dell’imputato.
Sotto un altro profilo, la Corte nel disporre la rinnovazione dell’istruttoria, al fine di accertare le cause del decesso della vittima, avvenuto in ospedale a distanza di quasi due mesi dall’incidente, avrebbe conferito incarico peritale, non già, come la difesa aveva richiesto, a un collegio di clinici specializzati, bensì a un medico legale che non era stato in grado di rilevare le specifiche omissioni terapeutiche e diagnostiche che avevano condotto il paziente alla morte. La vittima era portatrice della sindrome di Tourette, ovvero di una sindrome neurologica che determina tic e movimenti involontari; che durante il ricovero, come accertato dal CTP, era stato attinto da un’infezione opportunistica ospedaliera, causa della sepsi mortale; che i medici non avevano effettuato tempestivamente la diagnosi di versamento di sangue nel torace.
Infine, sempre secondo la tesi dell’imputato, si sarebbe affermata la responsabilità sulla base di una mera possibilità, derivata da circostanze non accertate. Il ragionevole dubbio pretende un grado di conferma così elevato da confinare con la certezza, tale che il dato probatorio acquisito lasci fuori soltanto eventualità remote. Tale standard non può dirsi superato nei casi in cui, ad una tesi accusatoria si contrappone altra prospettazione, allo stesso modo plausibile.
La S.C. accoglie il ricorso limitatamente al trattamento sanzionatorio e rigetta nel resto.
Riguardo la dinamica dell’incidente stradale, la S.C. ribadisce che la ricostruzione di un sinistro è rimessa al Giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato della Cassazione se sorretti da adeguata motivazione.
L’esclusiva responsabilità dell’imputato nella dinamica dell’incidente stradale
La lettura della motivazione resa sfugge alle censure presentate dal ricorrente. La Corte ha dato atto che, sulla base delle conclusioni del perito e del Consulente Tecnico del P.M., è stato accertato che l’incidente stradale si era verificato per esclusiva responsabilità dell’imputato, il quale aveva tamponato da tergo il ciclomotore condotto dalla vittima.
Il perito – ha spiegato la Corte- si era confrontato con le differenti conclusioni del CT della difesa e le aveva superate sulla base di argomenti tecnici puntuali. In particolare il perito aveva ricondotto lo spostamento verso sinistra dell’asse posteriore del ciclomotore, richiamato dal Consulente della difesa a sostegno della sua ricostruzione, a imponderabili fattori deformanti intervenuti in fase di ricaduta del mezzo.
Aveva rilevato, al contrario, che deponevano per il posizionamento del mezzo lungo il medesimo asse di marcia dell’autovettura tamponante la deformazione plastica del fronte del furgone, l’impennata del ciclomotore attinto sul retro con la fuoriuscita della ruota e la fratturazione delle costole posteriori della vittima. Aveva calcolato la velocità sulla base di precisi dati tecnici e con considerazioni scientifiche congruenti aveva chiarito che la formula del lancio balistico utilizzata dal consulente di parte non si attagliava al caso di specie, tanto più che il dato obiettivo della traccia di frenata consentiva di risalire alla velocità di marcia del furgone.
Ebbene, occorre ricordare che la Corte di Cassazione è tenuta a valutare non l’esattezza di una tesi piuttosto che di un’altra, ma la correttezza metodologica dell’approccio del Giudice al sapere tecnico-scientifico, ossia la preliminare, indispensabile verifica critica in ordine all’affidabilità delle informazioni utilizzate ai fini della spiegazione del fatto. Nel caso in esame alla valutazione della Corte in ordine alla affidabilità e coerenza rispetto ai dati delle conclusioni del perito e del consulente tecnico del Pubblico Ministero, il ricorrente non contrappone una critica argomentata.
Infezione nosocomiale e interruzione del nesso causale
Sulla asserita interruzione del nesso causale per effetto del ricovero in ospedale, nel corso del quale la vittima aveva contratto un’infezione nosocomiale, secondo il ricorrente, non adeguatamente curata dai sanitari, la Corte di appello ha svolto un ragionamento del tutto corretto.
In primo luogo ha disposto perizia medico-legale per accertare le cause del decesso, dopodiché ha ritenuto che la morte del motociclista, avvenuta il 20 febbraio 2012, fosse da porsi in correlazione con il grave trauma toracico, conseguenza dell’incidente stradale avvenuto. Difatti i Giudici di appello hanno osservato che dal momento del ricovero in terapia intensiva le condizioni della vittima rimanevano molto gravi sino a giungere ad un primo arresto cardiocircolatorio il 24 gennaio 2012, dal quale riuscì a riprendersi, per poi peggiorare fino all’ulteriore e letale arresto cardiocircolatorio. L’infezione di natura nosocomiale contratta durante il ricovero poteva aver influito come concausa dell’insufficienza multiorgano, ma l’arresto cardiocircolatorio era da imputare all’ adinamia del miocardio, derivante dal grave trauma toracico riportato nell’Incidente mai risolto.
La Corte ha anche precisato che le affermazioni del Consulente, secondo cui “la morte era da imputarsi ad una errata gestione delle complicanze emorragiche e polmonari da parte dei sanitari, i quali avrebbero omesso di effettuare tempestivamente l’esplorazione toracica, eseguita solo il 19 gennaio 2012, erano apodittiche e non sorrette da riferimenti concreti. Il consulente non richiama alcun protocollo medico che, in relazioni alle specifiche condizioni cliniche del paziente, deponesse per la necessità immediata della toracotomia”.
Nesso causale e comportamento dei medici
Il perito, invece, al riguardo, aveva riferito a dibattimento: che il giorno stesso dell’incidente, dalla TAC addominale era emersa una minima falda di pneumotorace al campo medio di destra e, dunque, un versamento di lieve entità; che, successivamente, il 29 dicembre 2011, da una nova TAC dell’encefalo e del torace era emerso un aumento di quota di emotorace, sicché il paziente era stato sottoposto a fibro-broncoscopia e toilette bronchiale; che il 31 dicembre 2011, da un ulteriore esame in RX era emersa una dislocazione del mediastino e un quantitativo maggiore di liquido ematico all’interno della cavità toracica, sicché era stato posizionato il drenaggio; che, infine, constata il 12 gennaio 2012 la persistenza del versamento ematico nel polmone destro si era proceduto a embolizzazione delle arterie costali e il 19 gennaio 2012 alla toracotomia.
I Giudici di secondo grado, dunque, hanno rilevato che i sanitari hanno adeguatamente monitorato il versamento ematico gestendolo con interventi via via più incisivi e hanno, perciò, escluso la sopravvenienza di concause nella determinazione dell’evento morte.
La negligenza dei medici non interrompe il nesso causale
I giudici hanno adottato un percorso argomentativo in linea con il consolidato orientamento secondo cui la nozione di “causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento” si riferisce al caso di un processo causale del tutto autonomo e al caso di un processo non completamente avulso dall’antecedente, a condizione però che esso sia atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale.
Al riguardo si deve tenere presente che la negligenza o imperizia dei medici, anche se di elevata gravità, non elide di per sé il nesso causale tra la condotta lesiva e l’evento morte, in quanto l’intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura, mentre ai fini dell’esclusione del nesso di causalità occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l’evento letale.
Nei procedimenti aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria la nomina del collegio peritale e non di un solo perito è prevista
Nei procedimenti aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria la nomina del collegio peritale e non di un solo perito è prevista come obbligatoria dalla legge 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli Bianco). Nel caso qui in esame il Giudice di merito ha incaricato il solo medico-legale.
Ebbene, nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria, la nomina di un solo perito, anziché di un collegio, in violazione dell’art. 15, comma 1, legge 8 marzo 2017, n. 24, non è causa di nullità dell’elaborato peritale, in quanto non espressamente prevista.
L’imputato ha rilevato la mancata nomina di più periti, senza indicare quali profili tecnici avrebbero dovuto essere affrontati e risolti da specifiche professionalità, diverse da quelle del medico legale e, dunque, senza evidenziare in quali passaggi la motivazione della sentenza impugnata sarebbe viziata per aver aderito alle conclusioni del perito nominato.
Venendo ora alla asserita violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio, i Giudici di secondo grado hanno affermato che il canone dell’”oltre ogni ragionevole dubbio” enuncia sia una regola di giudizio che definisce lo standard probatorio necessario per pervenire alla condanna dell’imputato, sia un metodo legale di accertamento del fatto che obbliga il Giudice a sottoporre, nella valutazione delle prove, la tesi accusatoria alle confutazioni costituite dalle ricostruzioni antagoniste prospettate dalle difese, sicché la violazione di tali parametri rende la motivazione della sentenza manifestamente. Questo significa che la violazione della suddetta regola è rilevante in Cassazione solo se la sua violazione si traduce nell’illogicità manifesta e decisiva della motivazione della sentenza.
Nel caso concreto, dopo che la Corte ha dato conto del compiendo probatorio su cui si è fondata l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato con un percorso argomentativo ragionevole e coerente, il ricorrente ha denunciato la violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio in maniera generica.
Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche
Ad ultimo, la censura inerente al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione e dei benefici di legge, è, come detto, fondata in quanto la Corte di appello non ha fornito alcuna motivazione sul punto.
In conclusione, la Cassazione annulla la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Catania.
Avv. Emanuela Foligno
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