Bypass gastrico e invalidità, nessuna colpa medica se l’intervento è corretto

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Entrambi i Giudici di merito respingono la domanda risarcitoria della donna e quella inerente la lesione del consenso informato e la Corte di Cassazione lo conferma (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 5 giugno 2025, n. 15066). L’intervento chirurgico di bypass gastrico, eseguito nel 2014, era l’opzione che aveva più probabilità di ottenere risultati positivi con riferimento alla patologia di cui soffriva la paziente ed è stato correttamente eseguito.

L’intervento di bypass gastrico e conseguenze sulla salute

L’attrice si rivolgeva alle cure del Dott. C., il quale l’avrebbe “convinta” a sottoporsi ad intervento di bypass gastrico, stante l’obesità di cui soffriva da tempo, eseguito in data 24/3/2014 presso il presidio ospedaliero del Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro dal Dott. G, con la collaborazione del Dott. C.

L’intervento, secondo la paziente, non avrebbe prodotto i risultati sperati, dal momento che non vi furono sensibili miglioramenti della condizione di obesità, mentre emersero, collegate con l’intervento, alcune problematiche connesse all’apparato gastrico che avrebbero determinato una condizione di invalidità permanente del 10%. Sostiene l’attrice, in sintesi, che l’esito infausto dell’intervento fosse addebitabile a colpa medica e che, oltretutto, fosse mancato il rilascio di informazioni dettagliate nella fase preoperatoria.

La chiamata in giudizio è stata svolta per vedere accertata la responsabilità sanitaria in relazione a un intervento bariatrico di bypass gastrico che avrebbe determinato danni patrimoniali e non patrimoniali.

Il Tribunale, acquisita la CTU e respinta la domanda di rinnovazione della medesima, rigetta la domanda.

La Corte di Appello di Milano conferma il rigetto della domanda risarcitoria e condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali del grado. Gli intimati Istituti Ospedalieri Bergamaschi, il Dott. G.A. e il Dott. C. hanno notificato controricorso per dedurre l’inammissibilità e/o infondatezza del ricorso.

L’intervento della Corte di Cassazione

La paziente lamenta che la Corte d’Appello avrebbe omesso di motivare le ragioni della mancata rinnovazione della CTU richiesta, limitandosi a riportare “interi passi” dell’elaborato, dai quali si ricaverebbe che l’indicazione all’intervento sarebbe stata giudicata positivamente da uno specialista psichiatra e poi avallata dal chirurgo “solo sulla base di un dato probabilistico, senza fornire alternativa, doverosa in questo caso, di una soluzione diversa da quella chirurgica.

Da ciò, secondo la tesi della paziente, deriverebbe la sussistenza di responsabilità medica per gli esiti dannosi dell’intervento collegato alla inidoneità della scelta fatta rispetto alle condizioni di salute.

È evidente che l’asserita danneggiata pretende che la Suprema Corte provveda a una rivalutazione dei fatti che hanno condotto il Giudice di merito a respingere l’istanza di rinnovazione della CTU, con dettagliata motivazione che fa riferimento alle conclusioni del perito psichiatra e del medico-legale che escludono il nesso causale della patologia riscontrata dopo l’intervento, nel senso che “nessuna patologia psichiatrica maggiore era stata riscontrata nella paziente prima dell’intervento, ma solo uno stato di ansia trattato al bisogno con benzioazepine. Quindi, in modo logico e congruente, il perito psichiatra ha giudicato che l’intervento chirurgico era indicato”.

Anche il perito chirurgo ha confermato tale giudizio, reputando, sulla base delle conoscenze scientifiche del 2014 e delle condizioni della paziente, “l’intervento chirurgico era l’opzione che aveva più probabilità di ottenere risultati positivi con riferimento alla patologia di cui soffriva la stessa”.

Ad ogni modo, la donna non riporta alla S.C. le contraddizioni in cui sarebbero caduti prima i CTU e poi il Giudice del merito nell’analizzare la vicenda sulla base dei fatti allegati e dei riscontri effettuati. Ergo, gli Ermellini ritengono la doglianza non ammissibile.

La mancata prova del nesso causale

La ricorrente lamenta, inoltre, la errata esclusione del nesso di causalità tra l’intervento chirurgico e le lamentate sequele dannose. Secondo la ricorrente la presenza di disturbi fisici e psichici insorti successivamente all’intervento ne proverebbe ipso facto la riferibilità all’atto chirurgico e il mancato assolvimento all’onere probatorio sulla riferibilità delle lamentate menomazioni ad un fatto non prevedibile o non evitabile. Anche questa doglianza non è ammissibile.

Più precisamente, la Corte d’Appello ha condiviso le valutazioni peritali che evidenziavano come:

  • 1) fosse ineccepibile l’indicazione alla cura bariatrica di tipo chirurgico: BMImaggiore40, addirittura con presenza di co-morbilità.
  • 2) fossero assenti, alla luce in particolare della precisa e competente valutazione psicologica, controindicazioni di tipo psichico.
  • 3) fossero noti i ripetuti periodi di trattamento dietetico, con risultati buoni ma solo tempoanei.
  • 4) la scelta del bypass gastrico rispondesse ad alcune caratteristiche della paziente, compresa la tendenza ad assumere dolci in maniera ripetuta e non controllabile e l’assenza della bulimia (test di valutazione “binge”, normale).

In definitiva i Giudici di secondo grado hanno ritenuto che il percorso di valutazione interdisciplinare dello stato di obesità e dell’idoneità all’eventuale intervento chirurgico bariatrico fosse da ritenersi completo, rapido e ben eseguito, nel rispetto della necessità di acquisire tutte le informazioni necessarie, sottolineando o come lo studio con monitoraggio notturno cardio-respiratorio completo abbia permesso di evidenziare un’altra importante co-morbilità rappresentata dall’OSAS. Pertanto, i giudici hanno coerentemente e correttamente escluso la condotta dei sanitari indicata come causa del pregiudizio alla salute dedotto dalla paziente e insussistente qualsiasi nesso di causa fra tali disturbi e la condotta dei sanitari.

L’intervento chirurgico di bypass gastrico era l’opzione migliore

Sul punto, la Corte di appello ha precisato che “peraltro, alla medesima conclusione si giunge anche considerando i seguenti fatti:

  • – La sintomatologia lamentata dopo l’intervento è una conseguenza che può derivare dallo stesso.
  • – La donna nonostante avesse ricevuto precise indicazioni all’atto della dimissione ha interrotto immediatamente i prescritti controlli clinici e strumentali.
  • – Quindi la condotta imputabile alla paziente costituisce la causa da sola sufficiente per spiegare il sorgere ed il persistere dei disturbi lamentati costituenti una possibile conseguenza dell’intervento chirurgico e giustificare anche – come affermato dal perito psichiatra- e quindi causare il sorgere della patologia psichiatrica riscontrata dopo l’intervento stesso”.

La decisione della Corte di merito è, pertanto, coerente, correttamente motivata e resa nel pieno rispetto dei principi di diritto e delle norme regolatrici della responsabilità sanitaria, espressamente richiamate in sentenza (Cass. Sez. III n.18392 del 2017 e in senso conforme, ex multis, Cass. 20.11.2018 n. 29853 e da ultimo Cass. 26.11.2020 n. 26907).

L’errore metodologico di anteporre la questione della colpa medica a quella del nesso causale

Invece, la paziente è incorsa nell’errore metodologico di anteporre la questione della colpa medica a quella del nesso causale, il cui onere grava sulla parte deducente, nei fatti escluso dalla Corte di merito, non apportando argomenti idonei a supportare un diverso ragionamento da farsi in relazione ai fatti osservati.

Infine, sulla asserita omessa raccolta del consenso informato, la S.C. ne evidenzia la motivazione coerente e rispondente ai principi della materia, ovvero: il medico deve fornire informazioni dettagliate in merito alla natura, portata ed estensione dell’intervento, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, che ben possono essere contenute in un modulo prestampato, la cui idoneità, ai fini della completezza ed effettività del consenso, va, invece, esclusa ove il contenuto del modulo sia generico” (Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 31026 del 07/11/2023). Il consenso del paziente, oltre che informato ed esplicito, deve essere consapevole e completo, dovendo cioè riguardare tutti i rischi prevedibili, compreso quelli statisticamente meno probabili, con la sola esclusione di quelli assolutamente eccezionali o altamente improbabili; detto consenso, inoltre, deve coprire non solo l’intervento nel suo complesso, ma anche ogni singola fase di esso…”

Il consenso del paziente, oltre che informato ed esplicito, deve essere consapevole e completo

Nello specifico:

a) in punto omessa informativa sulla asserita inidoneità dell’intervento al raggiungimento dello scopo per la pregressa patologia psichica lamentata dalla paziente, i Giudici hanno richiamato la documentata indagine psichica pre operatoria e la rilevata assenza di una patologia psichiatrica, per essere la paziente risultata affetta unicamente da “uno stato di ansia trattato al bisogno con benzioazepine, cosicché l’intervento chirurgico era l’opzione che aveva più probabilità di ottenere risultati positivi con riferimento alla sofferta obesità;

b) in punto di inidoneità delle modalità di raccolta del consenso per le tempistiche di sottoscrizione dei moduli da parte della paziente, i Giudici, dopo aver evidenziato che “i moduli sottoscritti non erano meri moduli a stampa seriali, ma rispecchiavano una articolata attività valutativa ed informativa svolta prima dell’intervento durante la quale sono state prospettate alla paziente tutte le peculiarità dell’intervento a cui sarebbe stata sottoposta, comprese le possibili conseguenze negative come quelle verificatesi -indicate tecnicamente con il termine di “dumping syndrom”, hanno riportato il percorso informativo sviluppatosi antecedentemente all’Intervento, trascrivendo i passaggi dettagliati dai CTU dei moduli per l’informazione finalizzata al consenso, ed hanno valutato più che idonea l’informativa resa alla paziente.

Conclusivamente, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso.

Avv. Emanuela Foligno

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