L’incompletezza della cartella clinica configura un valido nesso causale?

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Ribadito il principio secondo cui l’eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il Giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico ed il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 30 maggio 2025, n. 14609).

Diniego del risarcimento da parte dei giudici di merito

Entrambi i Giudici di merito respingono la domanda proposta contro l’Azienda ULSS 3 Serenissima (già ASL 12 Veneziana), al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti per il decesso del paziente asseritamente provocato dalla struttura sanitaria per gli esiti letali dell’intervento chirurgico al quale era stato sottoposto presso l’Ospedale di Mestre, per l’installazione di un defibrillatore biventricolare in luogo del preesistente pace-maker bicamerale

Valutazioni della Corte d’appello e consulenze tecniche

La Corte di appello ha osservato che:
a) il Tribunale, sulla scorta della CTU (del 23.12.2016) espletata da medico-legale e del supplemento di CTU (del 6.11.2019) espletato dal primo consulente d’ufficio con l’ausiliario cardiologo, aveva accertato che la morte del paziente “è stata provocata con alto grado di probabilità dallo scompenso cardiaco (determinato dalla necessaria e inevitabile rimozione del pace‒maker sistema precedentemente innestato che si era infettato) irrimediabilmente complicatosi a causa di una infezione polmonare…evento in alcun modo prevenibile ed evitabile e, dunque, riconducibile a una specifica condotta inadeguata dei medici della struttura”, là dove, invece, la parte appellante sosteneva “l’origine settica della causa di morte, ritenuta altamente probabile dai CTU che il tribunale ha escluso in assenza di qualunque riscontro contrario”.

Assenza di autopsia e limiti dell’indagine tecnica

b) l’indagine tecnica si è svolta senza l’imprescindibile elemento di giudizio rappresentato dall’autopsia, e questa situazione ha impedito all’ausiliare di formulare conclusioni certe.
c) la CTU del 23.12.2016 aveva individuato, in via del tutto teorica, come cause della morte “A) shock cardiogeno in soggetto da anni cardiopatico con disfunzione ventricolare sinistra, affetto da comorbilità concorrenti quali broncopatia cronica ostruttiva e insufficienza renale cronica, colto nella fase terminale, da episodio ischemico foriero di infarto del miocardio; oppure B) shock settico conseguente a infezione della tasca su cui era stato alloggiato nel luglio 2013 defibrillatore biventricolare, infezione sostenuta da pseudomonas aeruginosa e da stafilococco epidermidis”.

Esclusione della causa infettiva dal cardiologo

d) con il supplemento di CTU del 6.11.2019 il giudizio della prima consulenza viene corretto …, nel senso che il decesso sarebbe stato provocato esclusivamente dallo scompenso cardiaco innescato dall’infezione ai polmoni.
d.1) a tal riguardo l’ausiliario cardiologo “è stato netto nel sottolineare che dall’esame della documentazione sanitaria …quanto alla possibile complicanza infettiva del sito di inserzione dello stimolatore biventricolare, nel corso della visita cardiologica del 6 dicembre non viene descritta alcuna obiettività relativamente alla tasca cutanea, pregressa sede dell’elettrostimolatore, inducendo a ritenere che la ferita cutanea fosse ben cicatrizzata ed esente da fenomeni flogistici. Anche durante l’accesso al pronto soccorso non vengono rilevati elementi obiettivi tali da indurre a ritenere che lo scompenso cardiaco fosse sostenuto da un processo infettivo in atto a partenza dalla tasca cutanea infetta”.

Prevalenza della valutazione del cardiologo e conclusioni della Corte

e) la valutazione dello specialista cardiologo doveva “essere anteposta a quella del medico‒legale, secondo cui invece …la causa da ritenere più probabile che non nel determinismo del decesso è da ricondurre a polmonite bilaterale massiva, evento patologico da ricondurre a sepsi con sede di partenza da infezione della tasca sottocutanea su cui venne alloggiato, nel luglio 2013, defibrillatore biventricolare”.
f) non era dirimente, poi, quanto affermato dal cardiologo sul fatto che la sepsi o setticemia resta la più frequente causa di morte non cardiaca nei pazienti con scompenso e, nel 70% dei casi, la stessa è sostenuta da una infezione delle vie respiratorie, poiché si trattava “all’evidenza di una osservazione di carattere generale, fondata sulla letteratura scientifica citata nella relazione, mentre per quanto attiene al caso concreto l’ausiliario ribadisce che …la recidiva infettiva della tasca cutanea, per quanto possibile, è poco probabile in considerazione della storia clinica, dell’assenza di flogosi locale, dell’efficacia del trattamento chirurgico e antibiotico eseguito, dell’intervallo temporale fra gli eventi”.
g) in conclusione, la Corte interpreta la fattispecie nel senso che non vi sia evidenza sufficiente per individuare un trattamento colposo imputabile alla struttura sanitaria, sicché l’appello non viene accolto.

La questione sottoposta alla Cassazione

Si lamenta l’esclusione di responsabilità contrattuale dell’ospedale per assenza di colpa”, assumendo che non vi sia evidenza sufficiente per individuare un trattamento colposo imputabile alla struttura sanitaria, là dove la CTU aveva evidenziato la mancanza di certezze in merito alla causa di morte ed essendo l’imputabilità della causa che ha impedito l’adempimento tema di prova rimesso al debitore; erronea interpretazione della CTU e deduce alta probabilità della causa settica circa la complicanza che ha determinato l’exitus (indicata nel 70% dei casi di malati analoghi).

In buona sostanza la Corte di appello avrebbe onerato gli attori della prova pur nell’impossibilità di darla dal momento che essa non è stata contemplata per l’incompletezza della cartella clinica per mancata esecuzione di esami diagnostici che i due Consulenti richiamano come obbligatori, per la denunciata carenza dell’esame obiettivo da parte del curante e non solo per il mancato espletamento dell’autopsia.

Onere probatorio e incompletezza della cartella clinica

Le doglianze sono infondate e inammissibili. In materia di riparto dell’onere probatorio in tema di inadempimento di responsabilità sanitaria è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l’aggravamento della situazione patologica (o l’insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione.

L’eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il Giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l’esistenza di un valido nesso causale tra l’operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l’accertamento del relativo nesso eziologico ed il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno (tra le altre: Cass. n. 16737/2024).
La morte del paziente è stata originata dallo scompenso cardiaco poi irrimediabilmente complicatosi a causa di una infezione polmonare e, dunque, da un evento in alcun modo prevenibile ed evitabile e, dunque, riconducibile a una specifica condotta inadeguata dei medici della struttura; e ciò è quanto la Corte territoriale ribadisce in termini di assenza di evidenza sufficiente per individuare un trattamento colposo imputabile alla struttura sanitaria.

Ergo, l’accertamento dei Giudici di merito in ordine all’eziologia del decesso per evento non prevenibile e inevitabile e, dunque, di una causa non imputabile al “debitore” è corretto ed è allineato con il riparto degli oneri probatori delineato dall’art. 2697 c.c., avendo la Corte di appello accertato, in base al principio di acquisizione probatoria, la causa non imputabile al debitore ai fini del relativo esonero da responsabilità.
Anche le altre censure vengono ritenute inammissibili e in parte infondate: il ricorso viene rigettato.


Avv. Emanuela Foligno

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