Irrilevante, un volta provato il nesso causale con la presenza di infiltrazioni, la determinazione dell’arco temporale entro cui erano stati effettuati i lavori

La responsabilità per i danni cagionati da cosa in custodia ex art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del verificarsi dell’evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia: una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l’onere di provare il caso fortuito, ossia l’esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale. Lo ha ribadito la Cassazione nell’ordinanza n. 14456/2020 nel pronunciarsi sul ricorso presentato da un Comune contro la sentenza con cui la Corte di appello, riformando il giudizio di primo grado, aveva condannato lo stesso Ente al pagamento di euro 9.211,72 oltre IVA in favore del proprietario di due fabbricati, a titolo di risarcimento dei danni causati da infiltrazioni d’acqua verificatesi in conseguenza dello svolgimento di alcuni lavori di manutenzione straordinaria sulla strada adiacente agli stessi.

Il Collegio territoriale, nell’accogliere il gravame, aveva ritenuto sussistente il nesso di causalità tra i lavori effettuati dal Comune sul tratto stradale che fiancheggiava i due fabbricati e le infiltrazioni di acqua piovana, così come emergeva dalla espletata c.t.u.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, l’Amministrazione deduceva, tra gli altri motivi che il giudice di gravame aveva riconosciuto la responsabilità per i danni subiti dalla controparte sulla base di una perizia avente ad oggetto lavori effettuati negli anni 1999-2003, quando, invece, la domanda attorea era limitata ai danni patiti a seguito dei lavori effettuati tra il 2006 e 2007 (mai provati).

Per i Giudici Ermellini, tuttavia, una volta che, sulla base dell’istruttoria emersa nel corso del giudizio, era stata accertata l’avvenuta esecuzione di una pluralità di lavori sulla strada, la presenza di infiltrazioni all’interno dei due immobili, nonché la sussistenza del nesso di causalità tra le stesse e l’omessa chiusura a regola d’arte delle fessure rimaste sul piano stradale, risultava essere ininfluente la determinazione dell’arco temporale entro cui erano stati effettuati i lavori. Da lì, quindi, il rigetto del ricorso in quanto manifestamente infondato.

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