Accolto il ricorso dell’INAIL nell’ambito del contenzioso con un lavoratore che chiedeva una rendita per inabilità permanente in seguito a vari infortuni sul lavoro

“In tema di infortuni sul lavoro e malattie professionali, ove alcuni infortuni o malattie si siano verificati prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 38 del 2000 ed altri si siano verificati successivamente, ai sensi dell’art. 13, n. 6 prima parte, di detto decreto, i postumi relativi non si cumulano ai fini della liquidazione di un’unica prestazione previdenziale, restando del tutto autonomi e separati i due regimi di tutela precedente e successivo alle nuove disposizioni; la conseguenza di tale affermazione è che il regime del D.P.R. n. 1124 del 1965 continua a coesistere con quello successivo e a governare gli eventi di sua competenza fino allo scadere dei relativi termini revisionali”. Lo ha chiarito la Suprema Corte con l’ordinanza n.12435/2020 pronunciandosi sul contenzioso tra l’INAIL e un lavoratore che, in conseguenza di un infortunio sul lavoro chiedeva la costituzione di una rendita per inabilità permanente pari al 22%.

Il Tribunale aveva rigettato la richiesta evidenziando come dall’infortunio fosse derivata solamente l’inabilità temporanea per 89 giorni. La Corte di appello, aveva parzialmente modificato la pronuncia di primo grado precisando, dopo aver rinnovato la consulenza tecnica medico legale, che dall’infortunio era derivata una sindrome post-concussionale da trauma cranico minore prevista dalle tabelle di cui al DM 12 luglio 2000, con danno biologico che può oscillare sino al 4%. Pertanto, considerando che il c.t.u. aveva quantificato tale danno nel 3% ed applicando la formula a scalare in considerazione della rendita già fruita per precedente inabilità all’11%, il Collegio distrettuale aveva condannato l’INAIL ad erogare la rendita pari al 14% (di cui 11% per la precedente e 2,67% per la successiva);

Nel ricorrere per cassazione l’INAIL eccepiva che il Giudice di secondo grado avesse operato una unificazione non consentita di postumi ricadenti sotto diversi regimi normativi.

In particolare, la Corte territoriale aveva applicato la formula a scalare su termini non omogenei, costituti dalla rendita all’11% liquidata ai sensi del d.P.R. n. 1124 del 1965 e dal danno biologico derivato dall’ultimo infortunio stimato in applicazione dell’art. 13 d.lgs. n. 38/2000. In tal modo, a giudizio della ricorrente, era stato disatteso l’orientamento di legittimità secondo il quale i postumi riferiti alle due diverse discipline non si cumulano ai fini della liquidazione di una unica prestazione previdenziale, restando del tutto autonomi e separati i regimi di tutela.

I Giudici Ermellini hanno effettivamente ritenuto di aderire alle doglianze proposte evidenziando come il regime del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 e quello del D.Lgs. n. 38 del 2000 costituiscono due sistemi normativi autonomi, separati ed impermeabili che si applicano agli infortuni sul lavoro avvenuti e alle malattie professionali denunciate rispettivamente prima o dopo la data di entrata in vigore del D.M. 12 luglio 2000. Da li l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata con rinvio del caso alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, per un nuovo esame.

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