Automobile investe motociclo cui viene addossato il 20% di responsabilità per il superamento del limite di velocità.
Il caso
Entrambi i Giudici di merito (Tribunale e Corte di Trieste) ritenevano il motociclista responsabile in misura del 20% nella causazione del sinistro stradale verificatosi il giorno 26/10/2009, per superamento del limite di velocità.
I Giudici di Appello davano atto della corretta valorizzazione delle emergenze processuali di primo grado e desumevano la gravità dell’urto dalle fotografie allegate al verbale dei rilievi, e valorizzavano la deposizione di un teste oculare, il quale aveva dichiarato di essere stato superato dal motocilista mentre viaggiava alla velocità di 50 km/h. Inoltre, la Corte d’Appello confermava la sentenza di primo grado anche in punto di rigetto del danno morale, in quanto già compreso nel valore del punto delle Tabelle di Milano, e di non dover riconoscere il danno esistenziale per lesione della sfera sessuale.
Il ricorso in Cassazione
Avverso detta sentenza il motociclista propone ricorso per cassazione e lamenta di essere stato riconosciuto corresponsabile del sinistro e censura l’omessa liquidazione a suo favore del risarcimento del danno morale e del danno esistenziale.
La Corte territoriale, secondo il motociclista, avrebbe omesso di valutare l’irrilevanza del superamento del limite di velocità della motocicletta, in ragione del fatto che era stata l’automobile ad investire il motoveicolo e non viceversa, come dimostrava il fatto che l’urto aveva interessato solo la parte anteriore sinistra del paraurti e non la fiancata dell’autoveicolo (circostanza, questa, ricavabile dal verbale dei Carabinieri intervenuti e riconosciuta dalla controparte). Lamenta, inoltre, che la sentenza censurata non ha riconosciuto il risarcimento, come voce autonoma, del danno morale, ritenendolo una duplicazione del danno biologico tabellato.
Il rigetto della Corte di Cassazione
Preliminarmente gli Ermellini stigmatizzano il sollecito del riesame delle prove non legali che, per orientamento del tutto consolidato, è accertamento di fatto rimesso ai Giudici di merito (Cassazione Civile, sez. III, 15/05/2024, n.13444).
La Corte di appello ha motivato e deciso correttamente dove ha affermato che “A diverse conclusioni (circa l’eccesso di velocità del motoveicolo…), del resto, non può pervenirsi unicamente in ragione della mancata applicazione di sanzioni da parte degli agenti verbalizzanti, essendo questi ultimi intervenuti a distanza di tempo dall’accaduto …”, e così motivando ha correttamente esercitato il proprio prudente apprezzamento nella valutazione delle prova ex art. 116 c.p.c. e non ha invece applicato l’art. 2700 c.c., del quale non ricorrevano nel caso di specie i presupposti.
Venendo al quantum debeatur, i Giudici di Appello hanno confermato le valutazioni assunte dal Tribunale (che peraltro ha liquidato il danno da inabilità temporanea “collocandosi nell’ambito dei limiti edittali (euro 94 – 145), in una posizione notevolmente superiore al valore base), facendo riferimento alle caratteristiche del caso concreto, come desunte dalle risultanze dell’espletata C.T.U. medico-legale, e dunque svolgendo una motivazione congrua e scevra da vizi logico-giuridici, fondata sulla valutazione dei fatti e sulle risultanze probatorie acquisite, il cui riesame è precluso in sede di legittimità.
Il danno morale ed esistenziale
Riguardo il danno morale ed esistenziale, innanzitutto viene ribadito che secondo consolidato orientamento “è priva di fondamento concettuale e substrato fenomenologico la doglianza che ipotizza un pregiudizio esistenziale diverso e suscettibile di essere distintamente risarcito dal danno biologico, che di per sé definisce e racchiude le conseguenze dannose di tipo dinamico relazionale derivanti dalla lesione del diritto alla salute”. In secondo luogo, riguardo la censura di mancata liquidazione del danno morale, viene osservato che la censura del motociclista nulla dice sul se, dove e quando siano mai state allegate le circostanze da cui desumere la sofferenza interiore, tenuto conto che consolidato orientamento afferma la necessità che anche tale pregiudizio sia allegato e provato nella sua concreta ed effettiva consistenza.
La liquidazione del danno non patrimoniale
Ad ogni modo, la Corte di Appello ha fatto applicazione delle Tabelle in uso presso il Tribunale di Milano, secondo cui, appunto, nella liquidazione del danno non patrimoniale, in difetto di diverse previsioni normative e salvo che ricorrano circostanze affatto peculiari, devono trovare applicazione i parametri tabellari elaborati presso il Tribunale di Milano successivamente all’esito delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008, in quanto determinano il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidità permanente tenendo conto di tutte le componenti non patrimoniali, compresa quella già qualificata in termini di “danno morale”; v. anche Cass., 27/04/2018, n. 10156).
Il danno è, dunque, stato liquidato in prime cure adottando le tabelle milanesi comprensive sia del danno biologico sia del danno morale soggettivo, che la Corte d’appello ritiene essere stato adeguatamente valorizzato, per l’effetto confermando sotto tale profilo la decisione del tribunale.
Infine, la Corte di Appello ha anche motivato che non si è in presenza di una compromissione della funzione erettile (come lamentata dal motociclista), ma di una maggiore difficoltà nel compimento dell’atto sessuale correlata alla sindrome dolorosa ed alla sindrome psicogena reattiva, entrambi conseguenti all’evento, difficoltà che la relazione medico legale “aveva già opportunamente soppesato in termini di incremento della percentuale di menomazione permanente, si da portare ad escludere ogni ulteriore rilevanza sotto il profilo dinamico relazionale“.
Avv. Emanuela Foligno