Non possono essere ritenute indicative dell’assenza dello stato di bisogno, ai fini del riconoscimento dell’assegno sociale, la rinuncia al mantenimento ovvero eventuali dichiarazioni di autosufficienza economica rese in sede di separazione consensuale o di concorde richiesta di divorzio

La vicenda

La ricorrente aveva proposto ricorso dinanzi al giudice del lavoro del Tribunale di Roma per il riconoscimento del diritto all’assegno sociale a decorrere dalla data di presentazione della domanda amministrativa.

In primo grado, l’istanza veniva rigettata; sicché la donna presentava appello dinanzi alla corte capitolina, ribadendo la sussistenza di tutti i presupposti di legge per la concessione del beneficio ed in particolare, dello stato di bisogno e concludeva chiedendo di dichiarare il proprio diritto all’assegno sociale, ai sensi della legge n. 335/95 a decorrere dal primo giorno del mese successivo alla data di presentazione della domanda amministrativa e di condannare l’INPS al pagamento dei ratei, oltre accessori. L’INPS resisteva al gravame chiedendone il rigetto.

Il processo d’appello

La Corte d’appello di Roma (Sezione Lavoro, sentenza n. 825/2020) ha accolto il gravame perché fondato nel merito. Invero, il Giudice di prime cure aveva negato la prestazione richiesta, poiché sebbene non fosse in contestazione che l’appellante possedesse tutti i requisiti di legge, sia anagrafici e reddituali, richiesti ai fini della concessione della provvidenza, la stessa ancorché separata, risultava ancora convivente con il coniuge, facendo parte dello stato di famiglia.

L’oggetto del contendere era dunque, incentrato sulla effettività della separazione dal coniuge, avendo l’appellante conservato la residenza nell’abitazione coniugale.

Ebbene, l’art. 3, commi 6 e 7 della L. n. 335 del 1995 stabilisce che a decorrere dall’1.1.96, ai cittadini italiani residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni di età e versino nelle previste situazioni reddituali, sia assegnato loro un assegno non reversibile denominato “assegno sociale”.

Non risultano altri requisiti imposti dalla norma e lo stato di bisogno, lungi dall’essere previsto come clausola residuale, è presunto iuris et de iure dal legislatore sulla base delle soglie reddituali, nel caso di specie incontestate.

Né, di contro, – ha aggiunto la corte d’appello capitolina – “possono essere ritenute indicative dell’assenza dello stato di bisogno la rinuncia al mantenimento ovvero eventuali dichiarazioni di autosufficienza economica rese in sede di separazione consensuale o di concorde richiesta di divorzio, atteso che tali rinunce o affermazioni risultano molto spesso formulate per evitare l’alea e le spese di giudizio, in un contesto di tipo conciliativo e/o transattivo, non prettamente contenzioso”.

Del resto, come rilevato dalla giurisprudenza, “la richiesta di contributo economico al coniuge [non] costituisce circostanza ai fini dell’ottenimento dell’assegno, poiché se è vero che ci si può sempre rivolgere al coniuge separato per ottenere l’assegno di mantenimento o ai parenti elencati nell’art. 433 c.c. per chiedere gli alimenti, è altrettanto vero che la legge n. 335 del 1995 non richiede, tra i requisiti espressamente elencati, che il soggetto interessato si rivolga in primis al nucleo familiare e solo in subordine all’INPS” (Trib. Milano Sez. lavoro, 28-01-2015).

I presupposti per il riconoscimento dell’assegno sociale

Inoltre, trattandosi, quella in oggetto, di una prestazione assistenziale, finalizzata cioè a proteggere situazioni di bisogno costituzionalmente tutelate, ex art. 38 Cost. (Cass. 6570/2010) –ha aggiunto la Corte-  “non appare conforme a Costituzione formulare interpretazioni che di fatto determinano l’introduzione di requisiti non espressamente richiesti dalla legge, apparendo, invece, necessario attenersi in modo rigoroso a quanto previsto dal diritto positivo”.

Pertanto, “non essendoci contestazione sui requisiti formali e reddituali, non potendo le dichiarazioni rese in sede di separazione e/o divorzio apparire preclusive ai fini di causa e non essendo state dedotte circostanze concrete dalle quali potesse inferirsi il carattere simulato e/o fraudolento della separazione”, è stata accolta la domanda presentata dalla ricorrente e il riconosciuto il diritto all’ottenimento della prestazione invocata, con i relativi accessori, come per legge.

“Invero, – conclude la sentenza in commento – la circostanza che gli ex coniugi continuino ad abitare allo stesso indirizzo non è sufficiente a far ritenere la natura fittizia della separazione”.

Avv. Sabrina Caporale

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