Il Tribunale di Novara ha dichiarato non dovuto l’assegno di mantenimento in favore dell’ex coniuge, che non aveva allegato un valido nesso di causa tra il proprio stato di disoccupazione, a causa dell’età, e le scelte assunte in costanza di matrimonio

La vicenda

Dopo la rottura del rapporto coniugale marito e moglie avevano deciso di separarsi consensualmente.

Successivamente, l’ex coniuge aveva proposto ricorso per la pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio, chiedendo al contempo, la revoca dell’assegno di mantenimento in favore dell’ex moglie, già concordato in sede di separazione, atteso il peggioramento della propria situazione patrimoniale.

Quest’ultima, al contrario, insisteva per il riconoscimento dell’assegno divorzile, nella stessa misura dell’assegno di separazione precedentemente concordato.

L’unico punto contreverso tra le parti riguardava, dunque, la sussistenza o meno del diritto della signora all’assegno divorzile.

Come noto, con la sentenza del 10 maggio 2017 n. 11504, la Corte di Cassazione ha apertamente disatteso la tradizionale interpretazione del concetto di “mezzi adeguati”, in materia di riconoscimento dell’assegno divorzile, non più rapportandolo al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, bensì valutandolo nell’ottica dell’indipendenza economica del coniuge richiedente l’assegno.

Tale pronuncia, con l’intento di aggiornare i parametri per l’attribuzione dell’assegno ad un mutato contesto storico sociale, ove assumerebbero preminente rilievo l’autodeterminazione individuale e la libertà di scegliere il percorso da imprimere alla propria esistenza, ha affermato che il criterio dei “mezzi adeguati” da valutarsi al momento della pronuncia della sentenza di divorzio deve essere parametrato non più al tenore di vita dei coniugi goduto durante il matrimonio, ma ad una situazione reddituale che garantisca l’autosufficienza economica (tra le prime applicazioni si v. Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 22 maggio 2017; Trib. Roma 23 giugno 2017).

Da ultimo sono poi, intervenute le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 18287/2018.

La soluzione proposta prevede una valutazione concreta ed effettiva dell’adeguatezza dei mezzi e dell’incapacità di procurarseli per ragioni oggettive, fondata in primo luogo, sulle condizioni economico-patrimoniali delle parti.

Tale verifica è da collegare causalmente alla valutazione degli altri indicatori indviduati dalla legge, al fine di accertare se l’eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale degli ex coniugi, all’atto dello scioglimento del vincolo sia dipendente dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con il sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti, in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare ed, in relazione alla durata del matrimonio; fattore, quest’ultimo, di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell’altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche in relazione all’età del coniuge richiedente ed alla conformazione del mercato del lavoro.

La funzione dell’assegno divorzile

Si è detto, dunque, che “l’assegno divorzile deve consentire il raggiungimento non soltanto di un grado di autonomia economica tale da garantire l’autosufficienza del richiedente, secondo un parametro astratto ma, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali ed economiche eventualmente sacrificate, in considerazione della durata del matrimonio e dell’età del richiedente”.

Il giudizio di adeguatezza ha, perciò, anche un contenuto prognostico riguardante la concreta possibilità di recuperare il pregiudizio professionale ed economico derivante dall’assunzione di un impegno diverso.

Sotto questo specifico profilo – osserva il giudice di primo grado – il fattore età del richiedente è di indubbio rilievo al fine di verificare la concreta possibilità di un adeguato ricollocamento sul mercato del lavoro.

Nel caso di specie, al momento della proposizione del ricorso, l’ex coniuge dichiarava di essere disoccupato e di essere ospite presso l’abitazione di una propria zia. Anche la resistente si dichiarava disoccupata, salvo lo svolgimento di saltuari lavori e sottolineava la propria difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro a causa dell’età (quarantotto anni).

La decisione di primo grado

Ma nondimento, in nessuno degli scritti difensivi ella aveva allegato la prova del nesso di causa tra il proprio stato di disoccupazione e le scelte assunte in costanza di matrimonio circa la conduzione della vita familiare.

Pertanto, il Tribunale di Novara, in linea con la giurisprudenza di merito, formatasi in seguito alla pronuncia delle sezioni unite del 2018, ha affermato che “l’assenza di detta correlazione eziologica non determina automaticamente il venir meno della finalità solidaristica perseguita dalla norma che pare legittimare il riconoscimento della prestazione patrimoniale anche in un’ottica meramente assistenziale in presenza di titti i presupposti ivi testualmente indicate” (Trib. Torino sentenza 9.11.2018).

In altre parole, la domanda della resistente è stata respinta per l’assenza di puntuale allegazione in merito alla impossibilità oggettiva di procurarsi mezzi adeguati.

La redazione giuridica

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