I camici bianchi sono accusati di omicidio colposo in concorso. La vittima, poche settimane prima del decesso aveva subito un intervento per l’asportazione di un meningioma benigno

Il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Palermo ha rinviato a giudizio 5 medici del reparto di Neurochirurgia degli Ospedali Riuniti Villa Sofia e Cervello di Palermo. L’ipotesi di reato a loro carico è di omicidio colposo in concorso. Secondo l’accusa, infatti, sarebbero responsabili del decesso di una paziente di Marsala, operata per l’asportazione di un meningioma benigno e morta dopo alcuni mesi all’età di 37 anni

Nell’agosto di quell’anno alla donna era stato diagnosticata una lesione espansiva extrassiale alle vertebre C1-C2 con un meningioma benigno.

Aveva quindi deciso di recarsi a Padova a inizio settembre per sottoporsi a un intervento di asportazione del tumore. Una volta dimessa e tornata a Palermo, tuttavia, aveva cominciato ad accusare mal di testa, nausea e febbre. Si era quindi recata all’ospedale Cervello dove i medici le avevano detto che aveva contratto una “infezione del sito chirurgico associato a idrocefalo post-chirurgico” e che non era stata curata con la corretta dose di antibiotici. A inizio novembre, un nuovo ricovero, questa volta all’ospedale Villa Sofia, dove era stata sottoposta al drenaggio del liquido che si era formato nella scatola cranica. Nonostante l’intervento, tuttavia, era entrata in coma ed era morta.

La Procura aveva aperto un’inchiesta sul caso disponendo il sequestro delle cartelle cliniche e lo svolgimento dell’autopsia sul corpo della vittima.

L’esame necroscopico aveva accertato che a causare la tragedia era stata una meningite postchirurgica da stafilococco epidermis, contratta in ambito sanitario.

A distanza di oltre 7 anni, dunque, si aprirà il procedimento per accertare se vi siano state responsabilità sanitarie per quanto accaduto nel capoluogo siciliano. In base all’ipotesi accusatoria, gli indagati avrebbero agito con “negligenza, imprudenza e imperizia”. In particolare, nelle diverse consulenze effettuate, si sarebbero limitati “a proporre la sola terapia antibiotica” ed un altro trattamento “con esclusione dell’adeguato, tempestivo e necessario trattamento chirurgico immediato dell’idrocefalo così cagionando o comunque contribuendo alla evoluzione in edema cerebrale diffuso con danno irreversibile della sostanza bianca fino al coma e al successivo decesso della paziente”. Il tutto “contrariamente a quanto suggerito dalla letteratura medica di settore e nonostante le richieste di consulenza dei medici del reparto di Medicina Interna, nonché viste le condizioni della paziente”.

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