È incostituzionale la norma che prevede che il prefetto verifichi la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida in stato di ebbrezza per esito positivo della messa alla prova

Messa alla prova e confisca del veicolo

Il Tribunale ordinario di Bergamo aveva sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), per contrasto con l’art. 3 della Costituzione. La norma censurata violerebbe il principio di ragionevolezza, «nella parte in cui non prevede che, in caso di estinzione del reato (di guida in stato di ebbrezza) a seguito di esito positivo della messa alla prova, il prefetto, anziché verificare la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca, e procedere ai sensi dell’art. 231 (recte: 213 cod. strada) disponga [la] restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto, ovvero nella parte in cui non prevede che, nel medesimo caso di estinzione del reato (di guida in stato di ebbrezza) a seguito di esito positivo della messa alla prova, il giudice civile, adito in sede di opposizione avverso il provvedimento del prefetto che applica la sanzione amministrativa accessoria della confisca, disponga [la] restituzione del veicolo sequestrato all’avente diritto».

Il giudice rimettente aveva esposto che l’imputato, fermato mentre conduceva il proprio veicolo in stato di ebbrezza, era stato tratto a giudizio penale innanzi al Tribunale di Bergamo, il quale, disposta la messa alla prova e successivamente constatatone l’esito positivo, aveva emesso sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato. L’uomo aveva quindi chiesto la restituzione del mezzo sequestrato, mentre il Prefetto di Bergamo ne aveva ordinato la confisca. L’opposizione avverso l’ordinanza di confisca era stata, poi, respinta dal Giudice di pace di Bergamo, con la sentenza appellata nel giudizio a quo.

I profili di illegittimità costituzionale

Ad avviso del Tribunale di Bergamo, l’autore del reato di guida in stato di ebbrezza subisce un’irragionevole e deteriore disparità di trattamento in ordine alla confisca del veicolo qualora il giudice penale abbia disposto nei suoi confronti la messa alla prova, anziché il lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 186, comma 9-bis, cod. strada.

Il giudice a quo aveva osservato infatti che, nel caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice penale, dichiarata l’estinzione del reato, revoca la confisca del veicolo, a norma dell’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, mentre, nel caso di esito positivo della messa alla prova, egli, dichiarata l’estinzione del reato, trasmette gli atti al prefetto, a norma dell’art. 224-ter cod. strada, affinché quest’ultimo, ove ricorrano le condizioni di legge, disponga la confisca del mezzo. Sarebbe irragionevole che lo svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità determini la revoca giudiziale della confisca, mentre l’esito positivo della messa alla prova lasci impregiudicata l’applicazione prefettizia della sanzione accessoria.

Le «notevoli similitudini» tra i due istituti ne renderebbero illogica la diversità di disciplina in punto di confisca, tanto più che la disparità appesantisce il regime della messa alla prova, misura «già più afflittiva» rispetto all’altra, poiché essa esige, oltre alla prestazione di lavoro in favore della collettività, anche un’attività di riparazione del danno da reato e l’osservanza di un programma in affidamento al servizio sociale.

La questione è fondata.

La Corte costituzionale (sentenza n. 75/2020) ha già avuto modo di osservare che la messa alla prova non è una sanzione penale, poiché la sua esecuzione è rimessa «alla spontanea osservanza delle prescrizioni da parte dell’imputato, il quale liberamente può farla cessare, con l’unica conseguenza che il processo sospeso riprende il suo corso» (sentenza n. 91 del 2018).

Pur non essendo una pena, tuttavia, la messa alla prova manifesta, per gli imputati adulti, una «innegabile connotazione sanzionatoria», che la differenzia dall’omologo istituto minorile, la cui funzione è, invece, essenzialmente (ri)educativa (sentenza n. 68 del 2019). La connotazione sanzionatoria della messa alla prova degli adulti viene evidenziata, tra l’altro, dalla prestazione del lavoro di pubblica utilità, che, a norma dell’art. 168-bis, terzo comma, cod. pen., è una componente imprescindibile dell’istituto riguardo ai maggiorenni, e che invece, a norma dell’art. 27 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 272, non figura tra le prescrizioni del progetto di intervento elaborato dai servizi minorili (ancora sentenza n. 68 del 2019).

Guida in stato di ebbrezza e lavoro di pubblica utilità

Aggiunto dall’art. 33, comma 1, lettera d), della legge n. 120 del 2010, e quindi introdotto contestualmente all’art. 224-ter cod. strada, il comma 9-bis dell’art. 186 del medesimo codice prevede che la pena detentiva e pecuniaria per la guida in stato di ebbrezza, a condizione che il reato non abbia provocato un incidente stradale, può essere sostituita, anche con il decreto penale di condanna, se non vi è opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste e consistente nella prestazione di un’attività non retribuita a favore della collettività da svolgere, in via prioritaria, nel campo della sicurezza e dell’educazione stradale presso lo Stato, le Regioni, le Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta alle dipendenze.

Ai sensi del medesimo comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada, in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente di guida e revoca la confisca del veicolo sequestrato.

La Consulta ha anche avuto modo di sottolineare che il lavoro di pubblica utilità disciplinato dal comma 9-bis dell’art. 186 cod. strada è, a tutti gli effetti, una pena sostitutiva (ordinanza n. 43 del 2013).

Essa svolge, peraltro, anche una funzione “premiale”, in quanto il positivo svolgimento del lavoro sostitutivo determina per il condannato le favorevoli conseguenze della declaratoria di estinzione del reato, riduzione a metà della durata della sospensione della patente e revoca della confisca del veicolo (sentenza n. 198 del 2015).

Sia la messa alla prova ex art. 168-bis cod. pen. che il lavoro di pubblica utilità ex art. 186, comma 9-bis, cod. strada hanno ad oggetto la prestazione di attività non retribuita in favore della collettività. Mentre rappresenta l’essenza stessa della pena sostitutiva di cui all’art. 186, comma 9-bis, cod. strada, la prestazione di attività non retribuita in favore della collettività, è soltanto una componente del trattamento di prova di cui all’art. 168-bis cod. pen. Infatti, a norma dell’art. 168-bis, secondo comma, cod. pen., la messa alla prova esige anche condotte volte all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato, e altresì l’affidamento dell’imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l’altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l’osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali. Il lavoro non retribuito in favore della collettività è una componente ulteriore della messa alla prova degli adulti; è tuttavia una componente imprescindibile, poiché, a norma dell’art. 168-bis, terzo comma, cod. pen., «la concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità».

Tanto premesso, la giurisprudenza costituzionale ha affermato che la discrezionalità del legislatore nella determinazione del trattamento sanzionatorio dei fatti di reato incontra il limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute.

A tal proposito per i giudici costituzionali “è manifestamente irragionevole che, pur al cospetto di una prestazione analoga, qual è il lavoro di pubblica utilità, e pur a fronte della medesima conseguenza dell’estinzione del reato, la confisca del veicolo venga meno per revoca del giudice, nel caso di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, e possa essere invece disposta per ordine del prefetto, nel caso di esito positivo della messa alla prova.

L’irragionevolezza è resa ancor più evidente dal fatto che la sanzione amministrativa accessoria della confisca, mentre viene meno per revoca giudiziale nell’ipotesi di svolgimento positivo del lavoro sostitutivo, può essere disposta per ordinanza prefettizia nell’ipotesi di esito positivo della messa alla prova nonostante quest’ultima costituisca una misura più articolata ed impegnativa dell’altra, in quanto il lavoro di pubblica utilità vi figura insieme al compimento di atti riparatori da parte dell’imputato e all’affidamento dello stesso al servizio sociale.

In realtà, ad avviso dei giudici costituzionali “i profili differenziali tra i due istituti non sono in grado di giustificare la previsione dell’applicabilità della confisca nel caso in cui la messa alla prova si sia conclusa positivamente, con la conseguente estinzione del reato”.

Per queste ragioni è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 224-ter, comma6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nella parte in cui prevede che il prefetto verifica la sussistenza delle condizioni di legge per l’applicazione della sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo, anziché disporne la restituzione all’avente diritto, in caso di estinzione del reato di guida sotto l’influenza dell’alcool per esito positivo della messa alla prova.

Avv. Sabrina Caporale

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