La perforazione del ventricolo è complicanza nota, rara, strettamente legata a condizioni predisponenti e costituisce complicanza non prevedibile né prevenibile (Tribunale di Milano, Sez. I civile, Sentenza n. 1046/2021 del 09/02/2021 – RG 36372/2016)

La paziente, e successivamente i figli e la nipote, chiamano a giudizio la Struttura Sanitaria e il Medico per sentire accertarne la responsabilità nelle cure prestate alla attrice e per sentirli condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali.

Nel marzo 2011 la paziente si sottoponeva ad ecocolordoppler cardiaco e a visita cardiologica, all’esito veniva ricoverata al fine di effettuare una valutazione angiografica della valvulopatia aortica in previsione di una eventuale sostituzione percutanea.

Durante tale esame, nel corso del posizionamento del catetere per venticolgrafia, “a causa di una manovra incongrua del Medico si verificava una perforazione del ventricolo sinistro con importante versamento pericardico”.

La paziente veniva immediatamente sottoposta a trattamento di urgenza che non evitava l’arresto cardiaco, la situazione veniva risolta solo a seguito di sternotomia e pericardiectomia.

All’esito dell’operazione la paziente veniva collocata dapprima in terapia intensiva e successivamente presso il reparto di riabilitazione cardiologica ove veniva dimessa in data 10.5.2011, ma un nuovo ricovero si rendeva necessario dal 18.1 al 25.1 2012 per il trattamento della stenosi valvolare aortica.

Si costituisce in giudizio la Struttura Sanitaria chiedendo il rigetto della domanda attorea e contestando la sussistenza di profili di colpa in capo al Medico alla luce delle condizioni personali della paziente, caratterizzate da gravi comorbilità, e ha evidenziato come le possibili gravi conseguenze sotto il profilo cardiaco legate alla esecuzione dell’esame fossero state ben chiarite nel modulo di consenso informato sottoscritto ed accettato dalla stessa.

Si costituisce in giudizio il Medico, contestando la sussistenza di responsabilità, rilevando come non potesse ritenersi verificata una vera e propria perforazione ma una semplice soffusione e che le condizioni precarie della paziente richiedevano un soccorso con effetto salvavita nell’immediatezza.

La causa viene istruita per mezzo di CTU Medico-Legale, e nelle more del giudizio la paziente decede.

All’esito della fase istruttoria, il Tribunale ritiene infondate le domande attoree.

Preliminarmente, il Tribunale passa al vaglio i principi giurisprudenziali governanti la materia della responsabilità sanitaria.

Passando al merito, i CTU hanno accertato che:

“- Quanto alle condizioni precedenti all’esame, la Signora al momento del ricovero per essere sottoposta ad intervento di impianto di protesi aortica per via percutanea, in quanto affetta da stenosi aortica severa sintomatica per dispnea da sforzo, aveva 81 anni. Dalla cartella clinica risulta che la paziente presentava alcune patologie di rilievo ed in particolare ipertensione arteriosa sistemica, dislipidemia, ipotiroidismo in trattamento sostitutivo, sovrappeso e soprattutto broncopneumopatia cronica ostruttiva con riacutizzazioni ed insufficienza respiratoria cronica. Sono inoltre segnalati pregressi eventi di aritmia cardiaca sotto forma di episodi di fibrillazione atriale ;

– Quanto alle prestazioni eseguite presso l’istituto convenuto, il ricovero del 22.02.2011 era finalizzato ad eseguire una valutazione angiografica nella previsione di praticare il suddetto impianto protesico. Durante la procedura emodinamica e la coronarografia per valutazione di impianto di valvola aortica percutanea si verificò una perforazione del ventricolo sinistro con importante versamento pericardico di cui si è dianzi riferito. Nello specifico gli esami diagnostici/strumentali ovvero gli interventi/trattamenti subiti nel percorso del ricovero furono:

– l’elettrocardiogramma; – la radiografia del torace, – la coronarografia con aortografia e ventricolorgrafia, gli esami ematici;

– Quanto alla indicazione ed alla correttezza della procedura, tutte le linee guida vigenti all’epoca dei fatti (Europee -ESC ed Americane -ACC/AHA) erano concordi nel ritenere indicato un intervento di sostituzione valvolare aortica quando il paziente è sintomatico e presenta una stenosi di grado severo. La Sig.ra presentava numerose comorbilità (età, sovrappeso, abitudine tabagica pregressa, bronco -pneumopatia cronica con frequenti recidive e terapia specifica cortisonica attiva), che avrebbero reso l’intervento chirurgico tradizionale di sostituzione della valvola ad elevatissimo rischio di complicanze (respiratorie ed infettive in particolare). Corretto è stato proporle l’impianto percutaneo della valvola aortica. Corretto oltre che necessario è stata sottoporre la paziente ad una indagine diagnostica invasiva preliminare quale il cateterismo cardiaco e la coronarografia. Pur non conoscendo la tipologia dei cateteri impiegati (ma abbiamo già spiegato che in casi consimili a volte è necessario usare cateteri rigidi) riteniamo che, per quanto si evince dalla lettura della cartella clinica, non risultano esserci state manovre incongrue, imperite, imprudenti o negligenti;

– Quanto alle conseguenze della perforazione, le conseguenti negative derivanti dall’operato del medico sono consistite in una perforazione parziale della parete apicale del ventricolo sinistro, con successivo tamponamento cardiaco esitato in arresto cardiorespiratorio. Quest’ultimo è stato trattato inizialmente con massaggio cardiaco esterno e ripetute pericardiocentesi (evacuazione del sangue dalla cavità pericardica) e successivamente, con l’apertura chirurgica dello sterno in emergenza, per evacuare il cavo pericardico dai coaguli raccolti e dominare al meglio il sanguinamento (soffusione emorragica).

– Quanto alle condizioni successive della paziente, la stessa veniva dimessa dalla riabilitazione cardiologica il 12.04.2011. Le condizioni alla dimissione venivano cosi’ descritte: “attualmente condizioni di discreto compenso cardiocircolatorio, lievi edemi declivi, nessun deficit neurologico, ferite chirurgiche in ordine. Da segnalare fratture costali bilaterali in seguito a massaggio cardiaco, difficolta’ di espettorare, pregressa micosi del cavo orale in trattamento con Nistatina da sette giorni associata ad Amoxicillina ed acido clavulanico da cinque giorni (per persistere di faringodinia). Eseguito tampone faringeo risultato negativo. Utile valutazione endocrinologica per ottimizzare la terapia ormonale sostitutiva. L’elettrocardiogramma di controllo presentava esclusivamente alterazioni aspecifiche della ripolarizzazione. L’ecocardiogramma confermava la presenza della stenosi aortica severa”.

– Quanto alla correttezza dell’approccio, nel 1986, venne fatto (e pubblicato sulla prestigiosa rivista”Lancet”) il primo tentativo di sostituzione “non cardiochirurgica” della valvola aortica da parte di A.Cribier, che trattò tre pazienti anziani con stenosi aortica importante tramite una nuova tecnica la “Valvuloplastica aortica percutanea transluminale con catetere a palloncino”. In Italia le prime esperienze di questo tipo sono iniziate nel 2007 per cui nel 2011 si può ragionevolmente pensare che si fosse ancora nelle fasi iniziali di sviluppo e di perfezionamento di questa tecnica. E’ corretto però precisare che la complicanza occorsa si è verificata nel corso di una procedura diagnostica (cateterismo cardiaco con ventricolografia) già in uso da molti anni anche in Italia e come tale, di per se’, non era considerarsi di speciale difficoltà. Ciò che ha reso non ordinaria e quindi di particolare complessità la procedura, sono state le condizioni anatomiche cardiache e valvolari sfavorevoli: – ipertrofia ventricolare sinistra, – stenosi valvolare aortica severa, – calcificazioni delle sigmodi aortiche. La presenza di tali condizioni infatti ha certamente reso difficoltosa la introduzione del catetere nel ventricolo sinistro, cagionandone, con elevata probabilità, la perforazione . Alla luce di ciò non sono ravvisabili censure a carico del personale medico ed infermieristico della struttura convenuta. Si ritiene che le indagini diagnostiche ed i trattamenti effettuati, siano stati dettati da diligenza, prudenza e perizia e che le metodiche impiegate siano state adeguate secondo quanto suggerito dalle linee guida vigenti all’epoca”.

– Quanto alle conseguenze ricollegabili all’evento, è derivata una ospedalizzazione che si è protratta sino al 10.05.2011 per complessivi 50 giorni che vanno intesi tutti di inabilità temporanea assoluta. Una volta dimessa dall’ospedale è da ritenere che si siano resi necessari almeno 60 giorni per il raggiungimento di una completa guarigione clinica. Di questi è da ritenere che 15 siano stati di inabilità temporanea al 75% (relativi al periodo di massima acuzie della conseguente sintomatologia algico disfunzionale), 15 di inabilità al 50% (comprensivi di ulteriore cautela nell’esercizio delle attività della vita quotidiana) e 20 di inabilità temporanea minima al 25% (relativi al periodo necessario per il completamento dell’iter).”

Il Tribunale ritiene di condividere appieno le conclusioni della CTU, poiché risulta compiutamente analizzato dai Consulenti il contesto in cui la procedura diagnostica è stata eseguita in relazione alle condizioni specifiche della paziente, ma anche in relazione alle caratteristiche della procedura.

I CTU, inoltre, hanno distinto le due diverse fasi in cui può verificarsi una perforazione ventricolare: “in corso di angiografia ventricolare sinistra diagnostica e durante la TAVI”.

Riguardo la prima fase, che è quella che riguarda il caso concreto, i Consulenti hanno precisato ” incorso di questa procedura una guida sottile e flessibile viene inserita attraverso l’arteria femorale o radiale e fatta risalire verso il cuore, fino al livello della aorta ascendente. Su questa guida viene fatto scorrere un catetere appositamente conformato per studiare le coronarie o il ventricolo. A questo punto viene iniettato il liquido di contrasto per le valutazioni specifiche del caso, un delicato momento della procedura, che merita molta attenzione, è la direzione del filo guida rigido nel ventricolo sinistro quando attraversa la valvola, ora la vorticosita’ del flusso ematico, la spinta pressoria eiettiva del ventricolo, le escursioni del muscolo cardiaco, una stenosi valvolare serrata ed altre condizioni possono rendere complicato l’orientamento ed i percorso delle guide e dei cateteri. Concomitanza di fattori predisponenti e di condizioni emodinamiche sfavorevoli concorrono ad aumentare il rischio di perforazione ventricolare durante una procedura diagnostica….(..).. Fili guida troppo rigidi potrebbero perforare il ventricolo ma l’impiego di fili morbidi può non consentire di attraversare una valvola molto stenotica e calcifica. Il tamponamento cardiaco da perforazione durante TAVI, può verificarsi non solo durante il posizionamento della endoprotesi, ma anche durante il posizionamento preventivo di un filo di stimolazione temporaneo (perforazione ventricolare destra) o durante la fase di dilatazione della valvola nativa per la rottura dell’anulus. L’incidenza variava dallo 0.2 – 4.3% Mentre le perforazioni ventricolari destre possono essere gestite in modo conservativo, le perforazioni ventricolari sinistre richiedono spesso un intervento chirurgico urgente.”

I CTU hanno concluso che “sebbene non sia possibile accertare che tipologia di catetere sia stato utilizzato nel caso di specie, tuttavia la Signora presentava importanti calcificazioni valvolari ed una stenosi valvolare molto serrata, che notoriamente richiedono cateteri piuttosto rigidi per poter essere attraversate ed oltrepassare; tali cateteri tuttavia sono dotati di un maggiore potenziale nocivo (perforazioni, dissecazioni, lacerazioni) soprattutto in presenza di fattori predisponenti. E’ possibile affermare che la procedura preliminare diagnostica in particolare è stata svolta secondo le buone prassi mediche riconosciute dalla letteratura scientifica.”

Ciò posto, il Tribunale osserva che i CTU hanno anche evidenziato come la procedura sia soggetta al rischio, prevedibile ma non prevenibile, di una perforazione in ragione della stessa metodologia che la caratterizza, senza che vi siano possibilità di monitoraggio a tutela.

Per tali ragioni, in assenza di rilievi particolari, la condotta del Medico non ha dato segnali di discostamento rilevante dalla procedura prevista per tale fase di diagnostica preliminare, e dunque non può ritenersi sussistente nessuna imperizia.

Ebbene, nel caso concreto, come evidenziato dai CTU “si è trattato di complicanza nota, rara, strettamente legata a condizioni predisponenti associate ad una particolare complessità della procedura stessa, complicanza non prevedibile né prevenibile “.

E’ da escludersi responsabilità del Sanitario e della Struttura Sanitaria sia sotto il profilo della scelta della tecnica da utilizzare, sia sotto il profilo dell’esecuzione concreta della procedura diagnostica svolta.

In conclusione, il Tribunale di Milano, respinge le domande delle parti attrici e le condanna in solido al pagamento in favore delle parti convenute delle spese di lite, liquidate in euro 11.810,00, oltre al pagamento delle spese di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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