Responsabilità medica, nuovi elementi della CTU e mutatio libelli

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Il paziente lamenta inadeguato trattamento terapeutico di regolarizzazione menisco-mediale, nonché reiterata omissione diagnostica e terapeutica. Previa esecuzione di CTU medico-legale, il Tribunale rigetta la domanda. Successivamente, anche la Corte di appello rigetta il gravame. La Cassazione, però, ribadisce che nuove circostanze mediche emerse dalla CTU e fatte proprie dal danneggiato non costituiscono mutatio libelli (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 16 febbraio 2025, n. 3954).

Le motivazioni dei Giudici di Appello

La Corte d’appello ha rilevato che, ad avviso del Tribunale, nell’atto di citazione il danneggiato “aveva addebitato ai convenuti l’errato posizionamento dei tunnel ossei e l’eccessiva attenzione ai neo-legamenti, facendo derivare da tali errori specifiche conseguenze”, e che i CTU avevano negato tali due doglianze segnalando altri profili di negligenza, i quali però esulavano dalla causa petendi.

Il Giudice d’appello ha affermato che “… il periziando dà atto che il CTU aveva escluso la principale censura… (errato posizionamento dei tunnel ossei), mentre… l’altra censura (eccessiva tensione del neolegamento)… non sarebbe stata espressamente negata dal CTU.”

Comunque, le censure svolte dal paziente in sede di appello si basano sulla “mancata fisioterapia pre-operatoria, dannosità dei successivi interventi e l’aver erroneamente diagnosticato un ciclope”.

Il Tribunale ha correttamente evidenziato che nell’atto di citazione l’attore aveva fondato la domanda su due precise circostanze, e cioè l’errato posizionamento dei tunnel ossei e l’eccessiva tensione del neolegamento. La domanda era fondata esclusivamente sull’erronea ed impedita esecuzione dell’intervento del gennaio 2006.

La censura in Cassazione

Si censura, dinanzi la Cassazione, quanto affermato dal Giudice d’appello sulla “interpretazione restrittiva” compiuta dalla Corte territoriale riguardo alla domanda, che andrebbe invece interpretata per “metterne a fuoco, al di là delle letterali espressioni impiegate dalla parte istante, il contenuto sostanziale”, cioè l’effettiva volontà della parte e gli scopi di utilità pratica perseguiti.

Perciò, il Giudice d’appello avrebbe errato interpretando la domanda senza indagare quale fosse “la reale volontà (anche implicita) della parte (avuto riguardo alle finalità perseguite) e senza considerare il principio di conservazione”.

La Cassazione accoglie le censure.

I Giudici di appello hanno attribuito al ricorrente una inammissibile mutatio libelli, la quale avrebbe origine dall’avere il CTU “ravvisato delle inadempienze o errori da parte dei sanitari nella mancata preparazione fisioterapica pre-operatoria ed, ancor più, nei successivi interventi chirurgici, ritenuti non solo inutili, ma anche dannosi”.

Questo ragionamento è errato, sia in termini di fatto processuale, sia in termini giuridici.

L’errore della Corte territoriale

La Corte territoriale ha affermato che il paziente, nelle conclusioni della citazione di primo grado, aveva inserito anche il riferimento a “carente assistenza sanitaria” e “reiterata omissione diagnostica e terapeutica”. Dimostrando così di essere consapevole che la domanda risarcitoria non era circoscritta all’esecuzione dell’intervento chirurgico in sé.

Il Giudice di appello, invece, con una “lettura” interpretativo-riduttiva si è contraddetto nella sua motivazione, asserendo che questa parte delle precisate conclusioni sarebbe soltanto “un accenno” – il che, ictu oculi, proprio non appare, costituendo una vera e propria configurazione finale (precisate conclusioni, appunto) della domanda. E, sempre ad avviso del Giudice d’appello, nulla poi rileverebbe, tra l’altro, quanto sussiste nella comparsa conclusionale, pertanto quel che il CTU ha ravvisato sarebbe divenuta una inammissibile mutatio libelli.

Ebbene, non costituisce inammissibile mutatio libelli una integrazione dell’attività medica che, in termini di commissione o di omissione relativi ad un intervento chirurgico – ovvero anteriore o derivante da quest’ultimo -, si inserisce nella vicenda subita dal paziente come rilevante ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno della responsabilità sanitaria. E ciò anche se la persona danneggiata non ha specificamente fondato su di esse la sua doglianza, essendo emersi tali aspetti fattuali durante l’istruttoria, generalmente mediante una CTU.

Riferimenti giurisprudenziali

La giurisprudenza ha più volte richiamato tale principio, perché solitamente la persona che si sottopone a un’attività chirurgica non ha conoscenze specifiche che le consentano di percepire in senso positivo o negativo la diligenza, la prudenza e la perizia della condotta del chirurgo, prima, durante e dopo l’intervento, al quale si affida. Elementi che quindi può apprendere soltanto nel percorso istruttorio del giudizio poi instaurato.

Sullo stesso filone di pensiero anche la giurisprudenza più recente Cass. sez. 3, ord. 15/03/24 n. 7074; Cass. sez. 6-3, ord. 26/07/12 n. 13269 e Cass. sez. n. 9471

Conclusivamente la decisione viene cassata con rinvio in diversa composizione alla Corte di Venezia.

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