Incidente a causa di lavori sulla strada, condannata la ditta

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La vicenda tratta di un incidente stradale avvenuto sulla Strada Provinciale n. 361 Maglie-Collepasso, durante lavori sulla strada di manutenzione straordinaria. La vittima, alla guida di una Hyundai Atos, ha impattato frontalmente con un furgone Fiat Doblò, che si era immesso sulla strada nonostante il divieto di transito. La strada era interessata da lavori di adeguamento e manutenzione, affidati a una società, la cui condotta, secondo l’accusa, non avrebbe rispettato le cautele necessarie per garantire la sicurezza dei veicoli in transito. L’incidente ha portato alla morte dell’utente della strada e ha visto coinvolti il titolare dell’impresa appaltatrice e gli automobilisti.

Conferma della Corte di Lecce e responsabilità dell’imputato

La Corte di Lecce ha confermato il primo grado, ovvero la condanna con cui il titolare dell’impresa appaltatrice ed esecutrice dei lavori sulla strada di manutenzione straordinaria della Strada Provinciale n. 361. L’imputato veniva ritenuto responsabile del reato di omicidio colposo per aver cagionato la morte dell’utente della strada.
L’imputato ricorre in Cassazione, che respinge per inammissibilità, deducendo illogicità della sentenza, non avendo la Corte considerato come causa sopravvenuta, sufficiente alla produzione dell’evento, la condotta di guida imprudente dei due conducenti coinvolti nel sinistro (Corte di Cassazione, IV penale, sentenza 24 febbraio 2025, n. 7487).

La pista temporanea e il rischio per la sicurezza stradale

Dopo una serie di vicissitudini inerenti l’esecuzione dei lavori, con ordinanza del 25 luglio 2013, il tratto di strada veniva interdetto alla circolazione da parte della Provincia, che ne imponeva alla società appaltatrice l’esecuzione attraverso la chiusura totale con idonei sbarramenti. Nonostante ciò, veniva realizzata una pista temporanea che attraversava l’area di cantiere, che perciò risultava transitabile a partire dal 4 ottobre 2013, in presenza di una segnaletica del tutto inadeguata rispetto allo stato di avanzamento dei lavori, così consentendo il transito in condizioni di elevato rischio per la sicurezza stradale, con violazione dell’art. 21, comma 2, cod. strada.
La strada in questione, infatti, era percorsa dai veicoli in doppio senso di marcia alternata, ovverosia si alternavano per darsi la precedenza, oltrepassando la linea di mezzeria ed invadendo sistematicamente le opposte corsie di marcia. Anche il posizionamento delle barriere era tale da consentire l’attraversamento del tratto stradale creando un flusso alternato sulla stessa carreggiata, e quindi altamente pericoloso in presenza, per di più, di dossi ed avvallamenti.

L’esclusione della causa sopravvenuta e il nesso causale

Proprio per tali molteplici ragioni, i Giudici di merito hanno escluso che le condotte di guida dei due automobilisti potessero essere considerate cause sopravvenute idonee ad interrompere il rapporto di causalità. Innanzitutto, viene sottolineato che, secondo consolidato orientamento, la ricostruzione di un incidente stradale nella sua dinamica e nella sua eziologia – valutazione delle condotte dei singoli utenti della strada coinvolti, accertamento delle relative responsabilità, determinazione dell’efficienza causale di ciascuna colpa concorrente – è rimessa al Giudice di merito ed integra una serie di apprezzamenti di fatto che sono sottratti al sindacato di legittimità se sorretti da adeguata motivazione. Difatti, i Giudici di merito hanno valutato come gravemente colposa la condotta dell’impresa che, pur essendo onerata, e pur avendo ricevuto una serie di sollecitazioni, non adottava le cautele necessarie per quel tratto di strada per scongiurare il rischio di incidenti stradali nella zona interessata dai lavori.

I lavori sulla strada e il flusso veicolare alternato

L’unica barriera posizionata aveva in concreto agevolato la creazione di un pericoloso flusso veicolare alternato che ha avuto un’incidenza causale rispetto all’impatto dei veicoli. I Giudici di merito hanno inoltre rinvenuto concorrenti profili di colpa anche nella condotta di entrambi gli automobilisti, le cui condotte non hanno assunto caratteri tali da far ritenere interrotto il nesso eziologico rispetto all’evento.
Secondo il consolidato orientamento della Cassazione, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall’antecedente, caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta. In questa prospettiva, si è ritenuta l’interruzione del nesso causale nell’ipotesi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta.

La sequenza causale ha origine nella condotta dell’impresa

Nel concreto, le cautele che la società non ha adottato miravano proprio a rendere effettiva l’interdizione al traffico (disposta dalla Provincia con ordinanza) ed in ultima analisi la sicurezza e la fluidità della circolazione, secondo quanto prescrive l’art. 21 cod. strada. Ergo, la “sequenza causale” culminata nel sinistro ha trovato la sua origine proprio nella condotta del ricorrente, ed ulteriori cause nelle concorrenti violazioni al codice della strada da parte degli automobilisti coinvolti. Di certo, queste ultime non hanno introdotto un rischio eccentrico rispetto a quelli che il garante era chiamato a governare. Questo significa che l’impresa esecutrice della manutenzione sollecita, in realtà, una rivalutazione del merito della vicenda che è interdetta alla Suprema Corte.

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