Nei reati di pericolo presunto nessuna indagine è richiesta sulla concreta pericolosità in relazione al bene giuridico oggetto di tutela (Cassazione penale, Sez. IV,  sentenza n. 37790/2020 del 30 dicembre 2020)

La Corte di Appello di Bologna, in parziale riforma della sentenza del GIP di Ravenna,  relativa alla responsabilità penale dell’automobilista in relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 1, comma 2, lett. c) e commi 2 bis e 2 sexies, inerente la guida sotto l’influenza di alcool, lo condannava alla pena pecuniaria complessiva di euro 23.000,00 di ammenda, dopo aver rideterminato la pena inflittagli in mesi tre di arresto e euro 750,00 di ammenda. All’automobilista veniva contestato di essersi posto alla guida in stato di ebbrezza pari a 1,90 g/l e 2,07 g/l e di avere provocato un sinistro stradale in centro abitato con l’aggravante di avere commesso il fatto in orario notturno.

L’uomo impugna la decisione della Corte d’Appello e ricorre in Cassazione lamentando la mancata applicazione della tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p. considerato che il sinistro non coinvolgeva altri mezzi o persone e che si trattava di un semplice urto contro il guard-rail e l’errata applicazione del tasso di conversione della pena detentiva.

La Suprema Corte considera il ricorso manifestamente infondato in quanto finalizzato a una riconsiderazione degli elementi di prova con i medesimi motivi già prospettati in appello.

Riguardo la prima doglianza, viene evidenziato che il reato contestato all’automobilista, è ricompreso nella categoria dei reati di pericolo presunto dove nessuna indagine è richiesta sulla concreta pericolosità in relazione al bene giuridico oggetto di tutela proprio in forza del superamento dei valori ematici soglia, ritenuti tipicamente pericolosi.

La ratio della norma in questione è quella della regolarità e della sicurezza della circolazione.

Il Giudice di merito ha escluso che il fatto possa essere qualificato di lieve entità ed ha tenuto conto in concreto delle modalità e del comportamento dell’imputato che, in stato evidente di alterazione alcoolica percorreva in orario notturno l’autostrada A 14 e provocava un incidente stradale in centro abitato urtando contro il guard-rail per poi fermarsi nella corsia di emergenza, ponendo in essere un contesto di grave pericolosità e allarme alla circolazione.

Sull’errata applicazione del tasso di conversione della pena detentiva gli Ermellini richiamano il consolidato orientamento secondo cui l’art. 459 c.p.p., comma 1 bis, consente al Giudice di determinare la misura della sanzione penale, sostitutiva della pena detentiva, non più nei termini generali stabiliti dall’art. 135 c.p., ovverosia euro 250 per ogni giorno di pena detentiva, ma in misura variabile da un minino di euro 75 ad un massimo pari al triplo di tale somma, per ogni giorno di pena detentiva solo al procedimento per decreto penale.

L’automobilista ha eccepito che tale trattamento di maggior favore debba applicarsi, non al solo caso del procedimento per decreto, ma a tutti i casi in cui la pena detentiva può essere trasformata in pena pecuniaria.

Tale pretesa è priva di fondamento in quanto nel solo caso del rito alternativo del decreto penale si può invocare un’ulteriore contrazione della risposta sanzionatoria.

Oltretutto, è una giustificazione di favore finalizzata al  risparmio di attività processuali e non può essere considerata una norma di applicazione generale.

In conclusione il ricorso viene dichiarato inammissibile e l’automobilista viene condannato al pagamento dell’ammenda di euro 3.0000,00.

Avv. Emanuela Foligno

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