L’ammonimento del Questore per stalking è legittimato anche da condotte potenzialmente idonee ad assumere connotati delittuosi

Viene impugnata dinanzi al Consiglio di Stato (sez. III, sentenza n. 2545 del 21 aprile 2020), la sentenza del TAR Lombardia che ha accolto il ricorso proposto da un uomo ammonito dal Questore di Milano per stalking.

Il provvedimento del Questore, emesso inaudita altera parte, ammoniva l’uomo a tenere una condotta conforme alla legge e avvertiva che in caso di reiterazione dei comportamenti persecutori era previsto l’aumento della pena.

Oltre a ciò, il Questore invitava l’uomo a recarsi presso il CIPM (Centro Italiano per la Promozione della Mediazione) per intraprendere un percorso di prevenzione della violenza allo scopo di acquisire la consapevolezza del disvalore delle azioni compiute.

Il T.A.R. enucleava una serie di vizi, tra cui il mancato ascolto dell’uomo stante la necessità di garantire una istruttoria adeguata e la carenza di prova dei comportamenti persecutori e violenti.

Il Tribunale Amministrativo concludeva, dunque, per carenza motivazionale del provvedimento di ammonimento.

Il Ministero dell’Interno contesta la correttezza argomentativa del TAR Lombardia e appella dinanzi al Consiglio di Stato.

Il Collegio, preliminarmente, tratteggia la normativa di riferimento e ribadisce che sino a quando non è proposta querela, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza chiedendo al Questore un provvedimento di Ammonimento.

Se il soggetto ammonito prosegue nello stalking è previsto il procedimento d’ufficio.

Lo strumento dell’Ammonimento è essenzialmente destinato a prevenire la recrudescenza dei fenomeni patologici, laddove una delle parti assuma atteggiamenti di prevaricazione ed indebita ingerenza nella sfera morale dell’altra.

La finalità preventiva della misura amministrativa opera sia sul piano dell’evoluzione delle vicende relazionali che hanno manifestato sintomi degenerativi, laddove l’autore delle condotte descritte si attenga all’ammonimento del Questore, sia sul piano strettamente processuale, laddove la vittima, una volta conseguito l’effetto preventivo proprio dell’ammonimento da essa sollecitato, si astenga dal presentare la querela, costituente ordinariamente la condizione di procedibilità del reato di cui all’art. 612 bis c.p..

Ne deriva che l’intervento del Questore non è ancorato ai medesimi presupposti di quello penale, distinguendosene sia sul piano della ricognizione dei fatti atti a legittimarlo, sia in relazione ai mezzi di prova utili al loro accertamento.

L’intervento di Ammonimento è legittimato anche da condotte che -pur non possedendo gli stringenti requisiti previsti dalle norme penali-, possono rivelarsi potenzialmente idonee ad assumere comportamenti delittuosi.

Il tutto è rimesso alla discrezionalità dell’Amministrazione di P.S. in relazione all’attendibilità dei fatti segnalati. 

Il provvedimento che l’uomo ha impugnato risulta, invece, fondato su un coerente quadro istruttorio e sorretto di adeguata motivazione.

Il Questore, difatti, nel provvedimento da atto che l’uomo “si è reso responsabile di atti riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p. (…) avendo con più condotte reiterate compiuto atti persecutori …… “le manifestazioni vessatorie iniziate nel mese di maggio e tuttora in atto, si sono concretizzate con l’invio di numerosi messaggi, mail e telefonate, dal contenuto minaccioso contattando altresì la madre ed il marito della richiedente  ………-nonché in appostamenti presso l’abitazione della richiedente, il tutto per non essersi rassegnato alla fine della loro relazione extraconiugale terminata nel maggio c.a.” e che “tali comportamenti hanno ingenerato nella richiedente uno stato di paura e preoccupazione tale da costringere a modificare le proprie abitudini di vita essendo persino costretta ad utilizzare un taxi per gli spostamenti, nonché evitando di uscire”.

Il Consiglio evidenzia che a fronte della copiosa documentazione prodotta dalla parte lesa, non rileva, ai fini dell’accertamento dei presupposti per l’adozione dell’atto di Ammonimento, l’assenza di connotati minacciosi o violenti nelle condotte dell’uomo.

E’ sufficiente osservare che l’art. 612 bis c.p.,  fa riferimento alla reiterazione di condotte di minaccia o molestia, ponendo il fulcro della fattispecie sulle conseguenze derivatene sulla condizione psichica ed esistenziale della vittima.

Non vi è dubbio che, costituendo la molestia un minus, secondo uno spettro di progressione aggressiva, rispetto alla minaccia, sono suscettibili di integrare la prima anche condotte che, senza rappresentare al soggetto passivo un male ingiusto, integrino comunque una forma di indesiderata interferenza nella sfera privata e delle relazioni, sottraendola al libero controllo decisionale.

Nello specifico, la reiterata manifestazione della volontà dell’ammonito di estendere la sfera di conoscenza della relazione extraconiugale ai familiari e ai figli della donna, integra una condotta minatoria.

In ogni caso, la norma attribuisce rilevanza anche agli atti di molestia, e tali sono da considerarsi le ripetute incursioni attuate dall’ammonito nella vita privata della donna, pur dopo la definitiva ed indiscussa interruzione della relazione da essi intrattenuta.

Relativamente all’interferenza delle azioni dell’uomo sulle abitudini di vita della vittima, risultano acclarati entrambi gli alternativi elementi costitutivi previsti dalla legge.

Inoltre, non hanno trovato specifica confutazione le risultanze istruttorie inerenti ai condizionamenti che la condotta dell’ammonito ha determinato nelle abitudini esistenziali della vittima, come ad esempio quella di modificare i percorsi seguiti abitualmente e di servirsi del taxi per recarsi al lavoro.

Non ha nessuna rilevanza la doglianza dell’uomo sulla omissione della comunicazione di avvio del procedimento monitorio nei suoi riguardi in quanto il Questore ha motivato tale omissione evidenziandone la finalità  “di scongiurare il possibile scatenarsi di dinamiche reattive ulteriori, anche più pregiudizievoli, rispetto alle condotte descritte”.

Ad ogni modo, non informare il destinatario dell’avvio del procedimento di Ammonimento si giustifica con la natura del procedimento, riconducibile agli strumenti preventivi intesi ad evitare che al pericolo di danno faccia seguito la realizzazione dell’evento lesivo, o il suo aggravamento.

Il Consiglio di Stato accoglie l’appello e conseguentemente respinge la domanda di annullamento del provvedimento di Ammonimento del Questore di Milano presentata dall’uomo.

L’Ammonito viene condannato alla refusione delle spese di lite dei due gradi di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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