Il termine di prescrizione di cinque anni che l’art. 591, comma 3, c.c. stabilisce per impugnare il testamento olografo nei casi di incapacità del testatore decorre dal giorno in cui è stata data, anche da uno soltanto dei chiamati all’eredità, esecuzione alle disposizioni testamentarie
La vicenda
Gli eredi di una defunta avevano agito in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trapani, al fine di sentir annullare il testamento olografo da quest’ultima redatto, con la quale era stata istituita erede universale la loro sorella.
All’esito del giudizio di merito, la Corte d’appello di Palermo confermava la decisione di prime cure in ordine alla insussistenza della maturata prescrizione dell’azione di annullamento e alla ricorrenza delle condizioni per poter dichiarare l’annullabilità dell’impugnato testamento.
Contro tale decisione ha presentato ricorso la donna istituita erede universale, lamentando l’erroneità della sentenza d’appello nella parte in cui non aveva rilevato la prescrizione dell’azione di annullamento al momento della sua introduzione.
La Corte di Cassazione (Seconda Sezione Civile, n. 4449/2020) ha accolto il ricorso precisando che il dies a quo ai fini del decorso del termine di prescrizione quinquennale dell’azione di annullamento del testamento olografo esercitabile nei casi di incapacità del testatore è quello stabilito dal terzo comma dell’art. 591 c.c., ossia il “giorno in cui è data esecuzione alle disposizioni testamentarie”.
L’esecuzione del testamento
Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 892/1987 e Cass. n. 18560/2009) ha statuito che per esecuzione del testamento deve intendersi un’attività diretta alla concreta realizzazione della volontà del testatore come la consegna o l’impossessamento dei beni ereditati o la proposizione delle azioni giudiziarie occorrenti a tale scopo, con la conseguenza che non valgono a far decorrere il detto termine né la pubblicazione del testamento olografo, che è atto anteriore e soltanto preparatorio alla sua effettiva esecuzione, né la presentazione della denuncia di successione ed il pagamento dell’imposta, che costituiscono atti dovuti, volti ad evitare conseguenze sfavorevoli alla massa ereditaria.
Partendo da questo esatto inquadramento, la corte palermitana aveva ritenuto che non potesse considerarsi quale condotta integrante l’esecuzione delle disposizioni testamentarie quella della ricorrente istituita erede universale, consistita nell’aver continuato a percepire, subito dopo la morte della testatrice il canone di locazione di un immobile commerciale (già locato dalla testatrice e dal quale ella faceva propri i frutti quanto era in vita) pacificamente facente parte del compendio ereditario.
La corte di secondo grado aveva poi, rilevato che il menzionato comportamento posto in essere dalla ricorrente potesse inquadrarsi nell’attività di amministrazione della “res comune” e che inoltre, la riscossione dei canoni relativi ad un singolo cespite non potesse considerarsi indizio inequivoco della volontà di quest’ultima di disporre a titolo esclusivo dei beni ereditari.
Tali argomenti non hanno convinto i giudici della Suprema Corte (Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, sentenza n. 4449/2020).
Ad avviso del Collegio, l’attività di riscossione dei canoni relativi all’immobile già locato dalla testatrice, realizzata in continuità subito dopo il decesso di quest’ultima e successivamente proseguita, costituisce condotta sufficiente a far emergere la volontà della ricorrente di dar seguito alla condotta già eseguita dal de cuius (con la quale, oltretutto, conviveva), facendo propri i relativi frutti nel tempo, così intendendo porre in esecuzione, ancorché parzialmente, le disposizioni testamentarie.
Per queste ragioni la Corte ha accolto il ricorso, rinviando la causa ad altra Sezione della Corte d’appello che dovrà uniformarsi al seguente principio di diritto: “l’attività di esecuzione delle disposizioni testamentarie, dal cui giorno di inziale compimento decorre il termine di prescrizione quinquennale per impugnare il testamento olografo nei casi di incapacità del testatore, può consistere anche nell’esercizio di una condotta gestionale con apprensione dei relativi frutti (ritenendone, perciò, le correlate utilità, come verificatosi, nella specie, con la prosecuzione della percezione dei canoni di locazione già operata in vita dal “de cuius”) riguardante anche uno solo degli immobili caduti nel compendio ereditario, senza che, perciò, in caso di istituzione di un erede universale, sia necessario che quest’ultimo debba dimostrare di aver disposto a titolo esclusivo dei beni costituenti l’intero “universum ius defuncti”.
La redazione giuridica
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