Con il decesso della donna, rimasta tetraplegica dopo aver partorito per una grave compromissione della funzione neurologica, cambia l’ipotesi di reato

Era diventata tetraplegica dopo aver partorito con un cesareo d’urgenza il suo primogenito, nel maggio del 2016. La neomamma, 39enne di origini dominicane, aveva avuto una carenza di ossigeno causata da un rigurgito finito nelle vie respiratorie. In seguito a quell’episodio aveva perso la vista ad un occhio, mentre con l’altro riusciva a distinguere solo ombre; non aveva sensibilità tattile, non sentiva i sapori e non articolava le parole. L’unico senso che le era rimasto era l’udito.

Nei giorni scorsi la donna, dopo un calvario di cinque anni, è deceduta all’ospedale di Civitanova, in provincia di Macerata.

Sulla vicenda era già aperto un fascicolo per lesioni colpose personali gravissime. Dopo la morte l’ipotesi di reato si è tramutata in omicidio colposo.

Al momento è in corso un procedimento a carico della dottoressa che aveva praticato l’anestesia prima del parto, nel quale si sono costituiti parte civile i familiari della vittima. Secondo il Pubblico ministero il medico avrebbe compiuto più azioni sbagliate. A partire dalla decisione di praticare un’anestesia generale giudicata rischiosa dal momento che la partoriente non era digiuna. Alla professionista viene poi contestato un errore nell’inserimento del tubo orotracheale (che sarebbe stato posizionato nell’esofago).

La paziente – come riferiscono i media locali – avrebbe avuto un vomito copioso e non sarebbe stata ventilata per vari minuti con una conseguente assenza di afflusso di ossigeno a livello cerebrale che le avrebbe provocato una grave compromissione della funzione neurologica: “uno stato di malattia – come sottolineato dall’accusa – certamente insanabile per la irreversibilità di alcune delle funzioni del sistema nervoso centrale”.

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